Vi hanno sempre detto che i modelli economici erano matematici, che l’inflazione era una febbre misteriosa che saliva e scendeva seguendo leggi arcane, universali, quasi fisiche. Fesserie. O, per essere più precisi, si tratta di una narrazione strumentale per nascondere una verità molto più scomoda.
L’economia è, prima di tutto, un campo di battaglia dove si scontrano interessi, si esercita potere e si distribuisce ricchezza. In maniera cosciente e al di là di qualunque modello. L’ondata inflazionistica che abbiamo vissuto negli ultimi anni ne è stata la prova più lampante, portando alla ribalta un termine tanto sgradevole quanto accurato: Greedflation.

Cos’è la Greedflation? Il potere dietro l’inflazione
La Greedflation, neologismo nato dalla fusione dei due termini inglesi “greed” (avidità) e “inflation” (inflazione), descrive una situazione tutt’altro che matematica: le imprese, approfittando di un contesto di rincari generalizzati, aumentano i prezzi ben oltre l’incremento reale dei loro costi.
L’obiettivo? Non coprire le spese o avere un margine ragionevole di guadagno, ma espandere esponenzialmente i propri margini di profitto. È una strategia che funziona particolarmente bene quando i consumatori sono già assuefatti agli aumenti da lungo tempo e faticano a distinguere tra rincari “giustificati” e speculazione pura. Il Collins Dictionary l’ha definita: “l’uso dell’inflazione come scusa per aumentare i prezzi a livelli artificialmente alti al puro fine di incrementare i profitti aziendali”.

Questo fenomeno è emerso con forza nel periodo post-pandemico. A partire dal 2021 in poi, la ripresa della domanda sui mercati si è scontrata con un’offerta in difficoltà, creando il terreno ideale affinchè le imprese testassero i limiti. Mentre economisti e politici si preoccupavano della classica spirale prezzi-salari, nel mondo reale si stava verificando qualcos’altro: una spirale prezzi-profitti.
Un fenomeno gemello, e forse ancora più subdolo, è la shrinkflation: meno prodotto allo stesso prezzo (o a un prezzo leggermente superiore). Un aumento mascherato del prezzo unitario, che erode il potere d’acquisto senza dare nell’occhio, sfruttando l’asimmetria informativa tra chi vende e chi compra.

Profitti vs Salari: La vera spirale
Per anni ci hanno messo in guardia contro l’aumento dei salari, dipingendolo come il motore principale dell’inflazione. Alcuni economisti, in particolare all’inizio della recente fiammata dei prezzi, hanno sostenuto che l’inflazione fosse trainata quasi esclusivamente dai costi energetici e dai colli di bottiglia nelle catene di fornitura globali. Sebbene questi fattori abbiano certamente innescato i rincari iniziali, i dati successivi hanno rivelato un progressivo e decisivo spostamento del motore inflattivo verso il contributo dei profitti.
Figure di spicco come Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea (BCE), hanno ammesso che i profitti per unità di prodotto hanno contribuito per circa due terzi all’inflazione interna nell’Eurozona nel 2022. Un balzo enorme rispetto alla media storica di un terzo.
Come è possibile? Due fattori chiave: il potere di mercato e l’asimmetria informativa. Settori altamente concentrati, come la grande distribuzione o l’energia, possono permettersi di alzare i prezzi senza temere la concorrenza. Allo stesso tempo, i consumatori non hanno gli strumenti per valutare se l’aumento del prezzo del loro yogurt preferito sia dovuto al costo del latte o alla sete di guadagno del produttore. Questa “nebbia inflazionistica” è l’habitat naturale della Greedflation.

Le Prove Internazionali: Un Fenomeno Globale
Non si tratta di accuse campate in aria. Le massime istituzioni economiche internazionali hanno messo nero su bianco il ruolo dei profitti nella crescita dell’inflazione, evidenziando come la Greedflation sia un fenomeno globale.
Un working paper del Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha calcolato che, tra il 2022 e il 2023, i profitti interni hanno rappresentato il 45% dell’inflazione nell’area euro, contro il 25% dei costi del lavoro. L’FMI ha concluso che le imprese hanno trasferito ai consumatori più del semplice aumento dei costi. La stessa BCE ha ammesso che, in una fase iniziale, il contributo dei profitti all’inflazione era “un po’ mancato” nelle analisi, per poi confermare, tramite le parole di Isabel Schnabel, che una parte dell’inflazione è “guidata dai profitti, punto. È un dato di fatto”.
Anche negli Stati Uniti il quadro è simile. Studi di istituti come l’Economic Policy Institute hanno evidenziato che oltre il 50% dell’inflazione nel settore non finanziario tra il 2020 e la fine del 2021 fosse riconducibile all’espansione dei margini di profitto, segno che la Greedflation non è un’esclusiva europea.

Infine, l’OCSE ha sottolineato come i margini di profitto, definiti “insolitamente elevati”, offrano ampio spazio per assorbire gli aumenti salariali senza innescare nuove spirali inflazionistiche. In altre parole: le risorse ci sono, ma finiscono altrove.
Questa tabella, basata su dati BCE, mostra plasticamente come i profitti abbiano spinto l’inflazione, soprattutto nel 2022 e inizio 2023:
Periodo | Variazione % Annua Deflatore PIL | Contributo Profitti Unitari | Contributo Costi Unitari del Lavoro | Contributo Imposte Nette |
---|---|---|---|---|
2021 (media) | 2.5 | 1.1 | 0.9 | 0.5 |
2022 (media) | 5.8 | 2.9 | 1.8 | 1.1 |
Q1 2023 | 6.2 | 3.7 (circa 60%) | 2.0 (circa 32%) | 0.5 |
Q2 2023 | 6.1 | 3.1 (circa 51%) | 2.5 (circa 41%) | 0.5 |
Q3 2023 | 5.5 | 2.2 (circa 40%) | 2.8 (circa 51%) | 0.5 |
Q4 2023 | 5.0 | 1.5 (circa 30%) | 3.0 (circa 60%) | 0.5 |
Il Caso Italia: Specchio di un fenomeno globale
E in Italia? La situazione non è diversa. I dati ISTAT mostrano che la quota di profitto delle società non finanziarie ha raggiunto un picco del 46,1% nel 2023, ben al di sopra del 41,6% pre-pandemico. Sebbene nel 2024 si sia registrato un calo, ciò suggerisce che le imprese abbiano consolidato margini elevati durante la fiammata inflazionistica.
L’analisi settoriale rivela dinamiche interessanti. È importante sottolineare che non tutti i settori hanno beneficiato allo stesso modo: nei comparti altamente competitivi o esposti alla concorrenza internazionale, come parte della manifattura, i margini sono rimasti più compressi. Il potere di fissare i prezzi è stato maggiore dove la concentrazione aziendale è più alta.

- Energia: Giganti come Enel hanno visto l’EBITDA margin passare dal 12,49% nel 2022 al 29,88% nel 2024, nonostante un calo dei ricavi. Eni e Hera mostrano anch’essi performance notevoli.
- GDO: Il report Mediobanca indica un EBIT margin medio del 2,9% nel 2023, superiore alla media del quinquennio precedente, con i discount che svettano al 4,8%.
- Banche: L’aumento dei tassi BCE ha gonfiato i margini di interesse, portando al dibattito sulla tassazione degli extraprofitti.
- Manifattura: Qui il quadro è più complesso, con settori che hanno sofferto e altri che hanno recuperato o aumentato i margini, come evidenziato da ISTAT e Confindustria.
L’Impatto Sociale: Chi paga il conto dell’avidità?
La risposta è semplice: le famiglie e i lavoratori. L’inflazione, specialmente se alimentata dall’avidità, erode il potere d’acquisto, colpendo più duramente chi ha meno. Beni essenziali come cibo ed energia, su cui grava la spesa delle fasce più deboli, sono spesso quelli con i rincari maggiori. Il rapporto Oxfam ha stimato una caduta dei salari reali in Italia del 6,6% nei primi nove mesi del 2022. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha confermato un calo del 3,3% nel 2022 e del 3,2% nel 2023, con un recupero insufficiente nel 2024.

Ancora più preoccupante è il dato ILO secondo cui, dal 2022, in Italia la produttività è cresciuta più dei salari reali, invertendo una tendenza storica. Questo significa che i guadagni di efficienza non si traducono in buste paga più pesanti, ma finiscono nelle tasche di qualcun altro, alimentando le disuguaglianze.
Questa tabella mostra la drammatica perdita di potere d’acquisto:
Anno | Tasso di Inflazione (IPCA Italia) | Variazione % Salari Reali (media) | Note sul Potere d’Acquisto |
---|---|---|---|
2020 | -0.1% | N.D. | Impatto pandemia COVID-19 |
2021 | 1.9% | N.D. | Inizio ripresa inflazione |
2022 | 8.7% | -3.3% | Forte erosione del potere d’acquisto |
2023 | 5.9% | -3.2% | Continua perdita di potere d’acquisto |
Il Dibattito Italiano: Voci critiche e denunce
In Italia, il dibattito sulla Greedflation è stato acceso. Economisti, come quelli ospitati su Lavoce.info, hanno iniziato a mettere in discussione le narrazioni ufficiali. Le associazioni dei consumatori, come Federconsumatori, sono scese in campo con esposti e denunce su aumenti sospetti, dalla pasta al latte.
I sindacati, con la CGIL in prima linea, hanno denunciato l'”inflazione da profitti” e criticato l’inerzia del governo nel tassare gli extraprofitti, a fronte di rinnovi contrattuali inadeguati.

I Danni Collaterali: PMI e stabilità a rischio
La Greedflation non danneggia solo le famiglie. Anche le Piccole e Medie Imprese (PMI) possono finire stritolate: se i grandi fornitori aumentano i prezzi in modo sproporzionato, le PMI subiscono un aumento dei costi che faticano a trasferire a valle, vedendo i propri margini erodersi.
Questo mette a rischio la sostenibilità di quel tessuto produttivo che è la spina dorsale dell’Italia. Con gli imprenditori del settore che non hanno, diciamocelo chiaramente, la cultura finanziaria necessaria per comprendere il fenomeno e dopo 30 anni di propaganda berlusconiana liberal conservatrice sono convinti che il problema siano sempre lo Stato, il welfare, i politici, il femminismo, i marziani, e chissà che altro.
Ma il rischio più grande è quello dell’instabilità sociale. Un’economia percepita come iniqua, dove i sacrifici non sono distribuiti equamente e pochi traggono vantaggi sproporzionati dalle crisi, erode la fiducia e la coesione sociale. Se i cittadini perdono fiducia nel fatto che i prezzi siano il risultato di un’equa competizione, la legittimità stessa del sistema di mercato viene messa in discussione.

Le Risposte Possibili: tassare gli extraprofitti, vigilare sui mercati
Di fronte a questo scenario, cosa si può fare? Le risposte non mancano, anche se spesso incontrano resistenze.
- Tassazione degli Extraprofitti: Misure come quelle introdotte in Italia sulle banche o proposte a livello internazionale mirano a prelevare una parte di quei guadagni “eccessivi”. Per extraprofitti, chiariamolo, si intendono generalmente margini di guadagno significativamente superiori alla media storica di un settore, non giustificati da nuovi investimenti, da un’eccezionale innovazione o da un aumento proporzionale della domanda reale. Si tratta, in sostanza, di rendite derivanti da una posizione di potere o da contingenze esterne.
- Vigilanza Antitrust: L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha un ruolo fondamentale nel vigilare su cartelli e abusi di posizione dominante che possono gonfiare i prezzi. Le sue indagini, come quelle sui carburanti o su Enel Energia, sono cruciali.

- Trasparenza: Ridurre l’asimmetria informativa, rendendo più trasparenti i costi e la formazione dei margini, è un passo essenziale per responsabilizzare le imprese e permettergli di identificare meglio il problema, in modo da poter lavorare attivamente nell’arginarlo.
Certo, definire e tassare l'”extraprofitto” è complesso e c’è il rischio che una regolamentazione eccessiva disincentivi gli investimenti. Ma l’alternativa, lasciare che l’avidità mini l’economia e la società, è molto più pericolosa.
Conclusioni: È una questione di potere, non di matematica
La Greedflation ci ha costretti a guardare in faccia una realtà scomoda: le teorie economiche che ignorano le dinamiche di potere sono, nel migliore dei casi, incomplete e, nel peggiore, strumenti di propaganda (seriamente: c’è ancora gente in giro convinta che il problema italiano siano le pensioni troppo alte). L’inflazione non è solo un numero su un grafico; è il risultato di decisioni, strategie e rapporti di forza.
I dati raccolti da FMI, BCE, OCSE e ISTAT convergono: i profitti hanno avuto un ruolo chiave nella recente ondata inflazionistica, mentre i salari reali venivano erosi. Questo non è un incidente, ma il sintomo di un sistema in cui alcuni attori hanno il potere di scaricare i costi e massimizzare i guadagni a spese della collettività. Il rischio è che la Greedflation diventi una strategia permanente per le aziende con sufficiente potere di mercato. Per questo, è necessaria una vigilanza costante, politiche fiscali eque e un rafforzamento delle autorità antitrust.
Perché, alla fine, non si tratta di modelli matematici astratti, ma di garantire che l’economia serva l’interesse pubblico e non l’avidità di pochi. E questa è una battaglia squisitamente politica.

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