Essendo nata e cresciuta in America, devo purtroppo dire che i miei connazionali hanno sempre scelto con cura quali delle nostre tradizioni festive esportare all’estero: più brutte sono e più sono vendibili. Mi ricordo che anni fa cercavo di spiegare ad amici italiani che, la mattina dopo il cenone del Thanksgiving a base di tacchino in famiglia, gli americani si alzano prima dell’alba per una giornata di shopping sfrenato. I miei amici italiani scuotevano la testa e ci davano (giustamente!) dei pazzi. Eppure ora anche gli italiani si danno al consumismo più sfrenato durante il Black Friday, saltando, però, il tacchino.
Per fortuna non credo che l’America abbia (ancora) esportato in Europa i nostri film peggiori. So cosa state pensando: “Ma in realtà Battaglia per la Terra (2000) è già arrivato da noi. Esiste forse di peggio?” Beh, temo proprio di sì. E non sto semplicemente parlando di una singola pellicola, ma di ben due canali televisivi che, ogni anno, dedicano il loro intero palinsesto esclusivamente ad un terrificante sottogenere cinematografico a partire dalla metà di ottobre fino al Capodanno.
Parlo, ovviamente, dei Hallmark Christmas Movies. Fatemi mettere le mani avanti: per quanto orribili, questi film rimangono per me un guilty pleasure fondamentale della stagione invernale. Insieme ad un’amica, infatti, faccio un podcast ironico su questi film da qualche anno. Quindi mi ritengo abbastanza esperta dell’argomento, forse più di quanto non vorrei essere. Ogni anno, dicevo, decine di nuovi film natalizi originali (circa 40 solo nel 2022) fanno il loro debutto sui due canali televisivi gestiti in America dalla Hallmark.
A questi si aggiungono centinaia di film prodotti negli anni precedenti. Per più di due mesi quindi i due networks della Hallmark trasmettono esclusivamente film natalizi a getto continuo, 24 ore su 24, come un mantra buddista di bassa lega e dalle conseguenze distopiche. Quaranta cinepanettoni nuovi ogni anno? Lo so che sembra impossibile: anche Boldi e De Sica, con tutto l’impegno che ci mettono, riescono a fare un solo film di Natale ogni anno. Come fanno quindi in America a produrne così tanti Christmas movies?
Ecco come: li producono in batteria utilizzando trame, set, locations, personaggi, attori, registi e persino sceneggiature tutte più o meno gestite con il copia e incolla. La trama tipica di un Hallmark Christmas movie suona più o meno così: c’è una donna (bianca) in carriera che viene da una grande città americana, la quale a forza di self-empowerment è diventata un po’ Grinch e non ha più tempo e voglia di celebrare il Natale. Questa donna capita per qualche motivo in un paese piccolo e bucolico della countryside statunitense, che ha un nome parlante tipo Evergreen o Holiday e, invece di essere abitato dai soliti bifolchi col pick-up, è costantemente ricoperto di neve e luci natalizie.
Non importa perchè questa donna in carriera si ritrova nella succursale nord-americana della fabbrica di Babbo Natale. Forse è il paese in cui è nata o forse il suo volo per Los Angeles è stato cancellato durante un viaggio di lavoro, ed ora la malcapitata si ritrova costretta a passare le feste in una locanda pittoresca con tipo 24 alberi di Natale per stanza. Sta di fatto che in questo paesino del New Hampshire (o forse dell’Alaska o del Colorado; ma in fondo chi se ne frega?), la donna conosce un uomo che indossa esclusivamente camice di flanella e che di mestiere fa tipo l’agricoltore di conifere o il fabbricante di bastoncini di zucchero.
I due si innamorano (cosa che allo spettatore tocca capire in modo autonomo, visto che gli attori di questi film solitamente sono dei cani e non hanno mai un’oncia di chimica fra loro). Il loro amore non conosce conflitti o barriere, e quindi i due passano l’intero film ad addobbare alberi, fare i biscotti, pattinare sul ghiaccio (invariabilmente uno/a dei due non sa pattinare e l’altro/a lo/la deve aiutare) ed intonare carole. Alla fine la donna comprende di amare il Natale sopra ogni altra cosa, molla il lavoro e si trasferisce a tempo indeterminato nel paesino sfigato di cui sopra. Sul finale, l’amore fra la donna ed il nuovo moroso viene consumato in close-up davanti agli occhi dello spettatore grazie ad un penosissimo primo bacio, gelido e casto come il Natale stesso.
Non c’è molto altro da sapere sulla trama dei film Hallmark. Ovviamente ci sono delle variazioni. A volte la coppia protagonista va in un paese straniero. Spesso lui è un vedovo e/o un padre single che deve imparare ad amare di nuovo. C’è almeno un film all’anno dove lui, invece di fare il boscaiolo, è il principe di qualche paese europeo fittizio dove l’intera economia politica del regno è basata sul Natale. Così come di solito c’è un film all’anno in cui i produttori si ricordano che esistono anche feste invernali non cristiane, e quindi i protagonisti sono ebrei e si innamorano riscoprendo il significato profondo dell’Hanukkah. Però a grandi linee le trame di questi film sono quelle che ho descritto finora. Anche le locandine dei film sono di solito praticamente indistinguibili le une dalle altre.
Come per i cinepanettoni nostrani, i film natalizi Hallmark costituiscono un genere tutto loro. Solo che, invece di essere delle commedie demenziali che cercano di illustrare la cultura popolare italiana parlando di gente anziana che fa figure di merda inseguendo la gnocca, queste pellicole sono favole morali che profumano di Dickens e che si occupano di sane, nonchè noiosissime, tradizioni famigliari, tipo fare le sagome angeli nella neve ed i biscotti a forma di Babbo Natale. Il fascino di questi film per chi inspiegabilmente li ama (e ne conosco di veri fan di Hallmark, di tutti i generi e di tutte le età!) è proprio lo stesso aspetto che li rende monotoni: questi film non mettono mai in scena nulla di problematico.
C’è chi fugge dalla realtà con i draghi di Westeros e chi guardando la gente che fa i pupazzi di neve. E così il mondo di Hallmark è un mondo senza conflitti, in cui esistono solo caminetti e cioccolate calde. Questo piccolo paradiso invernale è abitato da coppie (principalmente, ma non sempre) bianche e (quasi sempre) etero. Si tratta di solito di gente che vive in un mondo sprovvisto di classi sociali. I protagonisti di questi film possono essere CEO, adjuncts universitari, falegnami, o cuochi, ma alla fine tutti riescono ugualmente a trattare il proprio lavoro come se fosse un hobby, hanno delle case enormi e non hanno mai problema finanziario che non si possa risolvere con una raccolta fondi a tema festivo o con una vendita di dolci in piazza.
Si tratta di mondi fittizzi talmente omogenei che la minima discrepanza messa in scena da questi film è capace di suscitare polemiche. Infatti negli ultimi tre anni si è visto un piccolo terremoto nel mondo di Hallmark, scaturito da uno spot di trenta secondi. Nel 2019 Hallmark ha irritato i suoi fan più conservatori quando ha trasmesso pubblicità di Natale per una azienda di liste nozze in cui si vedono due spose (paracchio natalizie anche loro) che si baciano. Per placarli, il canale ha cancellato lo spot dalle trasmissioni future, suscitando le proteste di gruppi LGBTQ. Insomma, il canale si è dimostrato capace di far incazzare sia la destra sia la sinistra nell’arco di tipo due giorni.
Alla fine ha rimesso in onda lo spot della discordia ed ha promesso più inclusione nei suoi film. Un mese dopo questo piccolo scandolo, il CEO del canale si è dimesso. Un anno dopo, l’ormai ex-CEO ha acquisito un altro canale, Great American Family (GAF), che è stato trasformato in una specie di Hallmark bis ma più reazionario, assumendo diverse ex-star del rivale. Proprio quest’anno l’attrice portavoce di Hallmark l’ha lasciato per il GAF, citando come motivo la promozione dei “matrimoni tradizionali”.
Nel frattempo, Hallmark continua ad attrarre milioni di spettatori, mentre GAF se lo stanno guardano solamente in due gatti (e per di più omofobi) nonostante tutte le star natalizie rubate al rivale. Ed è così che Hallmark ha iniziato (ma proprio piano piano) a sfiorare temi e personaggi più vari. Quest’anno ci sono più protagonisti di colore rispetto agli anni precedenti (anche se ancora non abbastanza da riflettere la diversità etnica del paese). La stessa cosa vale (anche se in modo più controverso) per i personaggi LGBTQ, che la Hallmark ha schierato prima in ruoli secondari e poi per la prima volta come protagonisti di una storia d’amore in cui un uomo di carriera di New York nei giorni prima delle feste si trova a fare da babysitter ai nipoti in un sobborgo, dove si innamorerà del vicino di casa (fighissimo) e scoprirà in questo modo la gioia del Natale in famiglia (arcobaleno).
E quindi cosa significa questa scossa nel mondo dei film più noiosi d’America? Non illudiamoci che rappresenti un qualsivoglia cambiamento sociale di ampia portata (se non nelle più stupide delle culture wars, dove destra sempre più stridula e permalosa trova motivi di polemica per ogni giocattolo per bambini o contenitore per il caffè). Hallmark si trova in una posizione strana: storicamente preferito da casalinghe cristiane e boomer, ora mira a un pubblico più ampio e più giovane.
La nostra evasione dalla realtà non richiede più necessariamente una donna bianca che lascia la carriera per sposare un Babbo Natale rustico. Non c’è neppure più bisogno che i protagonisti dei film di Natale siano un uomo e una donna. Il che è cosa buona e giusta. Ma non aspettiamoci troppo; tanto nei film Hallmark una casa di pan di zenzero o una tazza di cioccolata calda avrà sempre più importanza della trama. Ma forse è proprio questa vacuità la sua vera attrattiva.
Nata in Ohio e vissuta in passato a Bologna e a Genova, Mary Migliozzi attualmente vive vicino a Philadelphia, dove lavora nell’ambito dei programmi internazionali universitari. Per oltre 15 anni ha insegnato e ha fatto ricerca accademica in Italian Studies, concentrandosi sulla letteratura dialettale italiana e sulla musica pop e cantautoriale del Bel Paese. È un’appassionata di romanzi gialli inglesi, romanzi russi troppo lunghi per essere letti tutti d’un fiato, e del Festival di Sanremo.