La Russia tra mancata stabilità ed orrore del vuoto: intervista ad Anna Zafesova

Da qualche tempo, nel tragitto in auto dal mio avamposto nell’agro romano alla scuola in cui insegno all’EUR, ho preso l’abitudine di sintonizzarmi con Radio Radicale.

Castel di Leva, Roma. Photo credit: Massimo Maselli

A dispetto di altri media in Italia, questa storica radio non ha smesso di interessarsi della guerra Russo-Ucraina. Che sia la rassegna della stampa internazionale a cura di David Carretta piuttosto che la rassegna della stampa e della blogosfera cinese di Francesco Radicioni, un’attenzione tutta particolare è dedicata alla drammatica e sempre più ardua resistenza ucraina verso le mire imperialiste della Federazione Russa di Putin. Il giovedì poi è appuntamento imperdibile con Anna Zafesova e la sua rubrica “Postsovietika”.

Anna Zafesova e Miko. Photo credit: Anna Zafesova

Sono angosciato/ossessionato da un po’ di cose: perché in Italia più che in altri Paesi in Europa sono in tanti ad essere sensibili alle “ragioni di Putin”? Com’è possibile per certa sinistra in Italia dichiararsi irriducibilmente pacifista rispetto alla necessità di una “difesa collettiva” dell’Ucraina, ma al contempo continuare a festeggiare orgogliosamente il 25 Aprile come frutto di una resistenza armata? Oppure, come posso convincere certi amici ucraini che non è opportuno, oltre che ingiusto, fare di tutti i russi “di ogni erba un fascio”? Che ci sono certamente tanti russi che sono vittime di Putin al pari di tanti ucraini e che bisognerebbe tentare di favorire incontri piuttosto che rinfocolare odi. Come posso?

Contatto la prima volta la giornalista e scrittrice Anna Zafesova attraverso Messenger. Mi presento come insegnante di un istituto di istruzione superiore di Roma, interessato ad averla a scuola per un incontro con gli studenti, per parlare del suo “Navalny contro Putin” e, certamente, della guerra in Ucraina. È il 17 febbraio 2024 e Navalny è morto da appena un giorno, ucciso su mandato di Putin oltre ogni ragionevole dubbio.

Milano, Stazione Centrale (2014). Photo credit: Massimo Maselli

Anna Zafesova mi dice che vive a Milano e non ha in programma di venire a Roma a breve. Così nasce l’idea di un’intervista, e nasce precisamente (testualmente) così:

Mi piacerebbe un giorno farle un’intervista per Deep Hinterland, ma intanto spero si possa organizzare un incontro a scuola con i miei studenti. Il putinismo ha colpito anche i giovani italiani e, non a caso, specialmente quelli che si potrebbero definire “fascistelli” o comunque fascistoidi. Una delle cose che le chiederei, avendo diversi amici ucraini, è: come si fa a convincerli che esistono oggi anche russi “buoni”? In loro c’è oggi un risentimento fortissimo, che talvolta rasenta l’odio. Ed io faccio fatica ad opporre una visione ecumenica del problema: russi “buoni” e ucraini devono combattere la stessa battaglia per la Democrazia.

Anna Zafesova: “Obiettivamente molto difficile. I russi “buoni” sono pochi e poco visibili, e spesso non amano Putin ma non mostrano nemmeno alcuna empatia per gli ucraini. Provi ad immaginare un discorso sui “tedeschi buoni” nel 1943. Ci sono tanti russi che aiutano l’Ucraina, molti vanno in Ucraina, ma la maggioranza non segue la guerra, non prova alcuna empatia o senso di colpa. Molti ucraini si lamentano che nessun amico o conoscente russo li abbia chiamati dopo lo scoppio della guerra. Certamente è un errore politico, perché sarebbe negli interessi sia degli ucraini che dei russi costruire un fronte comune, ma per ora anche la diaspora russa appare molto concentrata su se stessa: per esempio, quanti di loro sono andati alle manifestazioni contro la guerra? Gli ucraini sono estremi nel loro odio, ma cambieranno idea solo quando vedranno dei russi che si oppongono alla guerra.”

Capisco ed è veramente triste perché ho cari amici sia ucraini che russi. Abbastanza lacerante.

Anna Zafesova: “Eh lo so. Confesso che da molti russi mi sarei aspettata almeno più empatia.”

Rimozione dell’Ucraina alla Festa del 25 Aprile 2024 a Roma. Photo credit: Massimo Maselli

Mi preoccupa il putinismo crescente in Italia. Per esperienza diretta nella scuola, vorrei ribadire che il prototipo dello studente putiniano è: neofascista, trumpiano, cospirazionista e… “cristiano” (la retorica del crocifisso in classe, “Perché no? È la nostra cultura!”, “A casa nostra gli altri si devono adeguare!”, etc. ). Faccio grande fatica ad affermare il principio di laicità dello Stato.

Anna Zafesova: “Che tristezza. E io che proprio ieri, guardando la quantità di rapper di origine araba, teorizzavo che i giovani avrebbero assorbito la diversità attraverso la musica. Però mi viene il dubbio che i ragazzi ripetano quello che sentono dire a casa.”

Lei che idea si è fatta del perché in Italia, più che nel resto d’Europa, il putinismo è così diffuso?

Anna Zafesova: “Esistono due fattori storici. Da un lato, un retaggio fascista, per una mancata rielaborazione di che cosa è stato veramente il fascismo in termini di regime autoritario, di dittatura, con un palese e persistente, in tanti italiani, risentimento antioccidentale, anti-britannico, anti-americano, misto ad un anti-comunismo di base; tutto ciò specularmente ad una tradizione di sinistra, anch’essa essenzialmente anti-americana. Anche prima del 2014 in Italia Putin godeva di simpatie trasversali, basti pensare a quelle tutte particolari (personali) di Berlusconi a destra, e di diversi leader di sinistra, per una sorta di riflesso condizionato, perché la Russia è sempre e comunque il “Sol dell’Avvenire”.

Da un altro lato, in Italia c’è poca informazione, la discussione è spesso una disputa tra tifoserie. Anche tra persone colte con cui mi confronto c’è chi fa fatica ad individuare l’Ucraina come una realtà geografica a sé, distinta dalla Russia. Qualcuno fa anche fatica ad indicare l’Ucraina sulla carta geografica. Qualcuno considera il territorio ucraino molto più ridotto di quello che realmente è. Si disconosce che certa letteratura che nasce dalla seconda guerra mondiale ha attraversato in lungo e largo il territorio ucraino, non necessariamente (sempre e comunque) quello russo, si pensi ad esempio a “Il sergente nella Neve” di Mario Rigoni Stern, dove i fatti raccontati si sono svolti perlopiù nel Donbass, quindi in Ucraina e non in Russia. Avverto una grande ignoranza!”

Cosa pensa del pacifismo a senso unico di certa sinistra in Italia? Qualcuno ha coniato l’espressione, che mi sembra oggi di poter condividere, “fintopacifismo”. Mi chiedo e le chiedo: ma si può essere pacifisti nei confronti di Putin?

Anna Zafesova: “Si tratta appunto di un pacifismo a senso unico, a favore della Pace e basta, come se chi è oggi a favore della difesa dell’Ucraina volesse la guerra. Lo schema pacifista ad oltranza è semplice: meglio un’Ucraina sottomessa ma con gli ucraini vivi, che un’Ucraina che combatte per la libertà a costo di migliaia e migliaia di perdite umane e della distruzione di città. Per loro ancora oggi non vale la pena di “morire per Danzica”.

Secondo questa logica non si sarebbe dovuto combattere contro Hitler e comunque c’è l’idea che quello di Hitler è “un Mondo che non si ripeterà più”. Negli italiani, poi, c’è un tipico tirarsi indietro, un sentimento diffuso del volersi sempre salvare in ordine sparso, una certa rassegnazione (dopo la caduta dell’Impero Romano), direi abitudine, ad essere invasi: gli italiani sono stati il “lievito degli Imperi”. A fronte di tutto ciò, il vezzo di dire che siamo stati colonizzati dall’America, questa volta sorta di riflesso condizionato dei nostalgici del fascismo e del colonialismo fascista.”

Retorica bolscevica alla Festa del 25 Aprile 2024 a Roma. Photo credti: Massimo Maselli

Le conclusioni del suo “Navalny contro Putin” sono angoscianti. Non vorrei essere un russo: stretto tra il totalitarismo di un Putin al potere ed il caos che ne deriverebbe da un Putin non più in vita. Angoscia l’idea che la Russia non abbia esperito una vera democrazia, tra zar, URSS ed era putiniana. Realisticamente, si può ipotizzare che in Russia crolli il potere putiniano prima che muoia Putin di morte naturale?

Anna Zafesova: “Certo, ma solo come crisi di regime, solo a seguito di un’eventuale sconfitta della Russia nella guerra contro l’Ucraina. Di contro, i russi che dissentono lo fanno in maniera passiva, sperando solo che qualcosa accada. La loro frase tipica è: “un giorno tutto questo finirà”, nella speranza che qualcun altro accenda la luce. Qualcosa di simile a ciò che è accaduto in Italia nella lotta alla Mafia, per anni prerogativa di magistrati eroici, mentre la gran parte delle persone rimaneva a guardare e forse a sperare che la Mafia finisse di morte naturale. Guarda caso anche Navalny diceva di quello russo “Stato mafioso”, ancora in piedi solo per l’immobilità dei russi.

Mi viene anche da paragonare il consenso di cui gode Putin con quello di cui godeva Hitler. Certamente un vasto consenso, ma in Germania il consenso era indiscutibilmente ideologico, convintamente nazista. Pur riconoscendosi nelle alte gerarchie naziste, un certo disagio per il delirio di onnipotenza di Hitler, mai tuttavia è stata messa in discussione l’ideologia fondante. In Russia invece la popolazione è essenzialmente contro la guerra, non che l’Ucraina non meriterebbe di essere sottomessa (non manca un certo disprezzo per gli ucraini “cugini di campagna”), ma rinunciare a certi privilegi…senza Putin, gli “altri” che contano, generali e oligarchi, cercherebbero subito la Pace, non fosse altro che per rivivere certi privilegi: la casa in Italia a Forte dei Marmi o i figli a studiare a Oxford. Penso proprio che senza Putin il potere si sgretolerebbe. Ma c’è una paura del dopo, tanto dell’Occidente, quanto degli stessi russi. La paura dell’instabilità. 

Navalny contro Putin di Anna Zafesova (2021)

Putin ha costruito il suo potere sulla promessa di STABILITÀ. Con la caduta dell’URSS lo Stato non contava più nulla ed era venuto meno soprattutto un sistema di protezione sociale su cui oramai i russi contavano, anche a dispetto della perdita di libertà. Ma il paradosso è che con Putin, monarca assoluto, lo Stato si è indebolito, perché svuotato di tutte le istituzioni. Tutto è Putin e senza Putin è il niente. Ed ora è l’orrore del vuoto, tanto in Occidente, quanto principalmente in Russia.

Qualcosa di simile a ciò che è successo in Libia, da una parte la paura che venendo meno Gheddafi sarebbe stato il caos, ma poi prima o poi sarebbe morto e sarebbe stato comunque il caos, perché anche in Libia tutto era Gheddafi e senza di lui il niente. Aggiungerei ancora che in Russia c’è un culto della forza, ad esempio Gorbaciov era considerato un “debole”, quindi un imbecille. Un’idea gangeristica della forza. Ma per i russi che vivono fuori dalla Russia le cose cambiano: in fondo si finisce per apprezzare lo stile di vita occidentale, le garanzie delle democrazie liberali. Basti pensare che dopo il 2014 dal Donbass occupato sono andate via 2 milioni di persone, di cui 1 milione in Ucraina libera, 600.000 in Polonia e solo 400.000 in Russia.”

Milano, Stazione Centrale (2014). Photo credit: Massimo Maselli

Mi piacerebbe a questo punto provare a fare un discorso su cosa vuol dire essere russi oggi.

Anna Zafesova: “Se vuole possiamo fare un discorso su come in Italia spesso si fraintende l’identità politica, etnica e statale russa, che sono tre cose diverse.”

Sono veramente curioso di ascoltarla sui fraintendimenti in Italia circa le diverse “identità” russe.

Anna Zafesova: “Penso che di ciò si potrebbe discutere in un’altra intervista, la materia è complessa. Mi chiedo spesso da cosa nasca il mito della “grande” letteratura russa, perché solo alla letteratura russa si attribuisca l’appellativo di “grande”, perché non pure “grande” la letteratura italiana, americana, norvegese, australiana, etc.

C’è stato un tempo che la letteratura russa si percepiva come qualcosa di strettamente connesso con la letteratura europea, la stessa arte figurativa veniva esposta in commistione con quella di altri Paesi, poi invece è avvenuto che a San Pietroburgo l’arte “altra” è stata esposta all’Ermitage e quella “russa” al Museo di Stato russo, a Mosca il Museo Puškin ha ospitato la più grande collezione d’arte europea della città, mentre in altra sede, il Museo Statale Tretyakov, è stato possibile ammirare la più grande collezione d’arte russa al Mondo. Tutto in perfetta separazione, a voler rimarcare la superiorità dell’arte russa, come già la superiorità della “grande” letteratura russa, del balletto russo, della musica russa, etc. in un delirio di onnipotenza.”

Festa del 25 Aprile 2024 a Roma. Photo credit: Massimo Maselli

Ci lasciamo con la promessa di approfondire quest’ultimo controverso tema in altra intervista. Abbiamo iniziato a discutere della Russia di Putin all’indomani del brutale assassinio di Navalny: in un carcere siberiano, nell’ora d’aria, un ben assestato pugno sul petto con temperatura esterna di meno 60 gradi, secondo un mai tramontato stile KGB.

Siamo arrivati a luglio 2024, quasi due anni e mezzo dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Trump potrebbe vincere le prossime presidenziali USA ed il destino del Mondo, non della sola Ucraina, volgere al peggio.

Nella photo-gallery a scorrimento: Festa del 25 Aprile 2024 a Roma. Foto originali di Massimo Maselli.

 

 

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