Protecting “Roe”: che cosa è successo al diritto all’aborto in America?

È un momento tosto per fare figli negli USA. Oramai da più di un decennio, ognuno dei miei connazionali convive con la paura costante che suo figlio possa finire morto ammazzato in una sparatoria a scuola, al supermercato o mentre si guarda una parata. Inoltre pare che gli asili nido praticamente non ci siano nell’America di oggi. Ed anche quando ci sono, essi vengono a costare ogni mese la metà di uno stipendio medio (il che ha traformato il termine “madre lavoratrice” in una sorta di ossimoro). Aggiugiamoci pure che in America anche il parto ha un costo, che mica una può andare all’ospedale gratis. Pare che in questi giorni ci sia carenza di latte in polvere negli Stati Uniti. Meno male che a rallegrare gli animi ci pensa la nostra proverbiale Freedom. Siamo americani, dopo tutto! Diventare genitori è libero e facoltativo da queste parti. Wait a second. Già. Non lo è più.

Ma cosa è successo veramente al diritto all’aborto nel mio paese? Per capirlo, bisogna prima comprendere il modo in cui accedere a pratiche abortive diventò un diritto quasi 50 anni fa. Prima del 1973, ogni singolo Stato che compone la federazione degli Stati Uniti d’America (che so io, la California, il Maine, o l’Alabama) poteva fare le proprie leggi sull’aborto, che infatti variavano da zona a zona nel Paese. Tutto questo fino a quando la Corte Suprema americana fu chiamata a dire la sua a riguardo di un famoso processo: il “Roe v. Wade”. In quel caso, Corte Suprema stabilì che il diritto di abortire era protetto dalla Costituzione Americana e perciò nessun singolo Stato poteva vietare l’aborto fino al punto di viabilità del feto, ovvero a 24 settimane di gravidanza. E quello che dice la Corte Suprema si fa.

La decisione dei giudici che componevano la Corte Suprema ai tempi per “Roe v. Wade” basarono la loro decisione sul quattordicesimo emendamento (il quale, fra le altre cose, è lo stesso che estese i diritti di cittadinanza agli Afroamericani dopo la Guerra di Seccessione). Infatti, in questo emendamento c’è una particolare frase che guarantisce ad ogni persona un “due process of law”, cioè il “rispetto dei propri diritti legali”. Secondo l’interpretazione della Corte Suprema del 1973, un “due process of law” include anche il diritto alla privacy da parte di ogni cittadino. Ed è su questa base di giurisprudenza che furono stabiliti diversi diritti nel corso di altrettanti processi, inclusi quello di usare anticoncezionali (il caso “Griswold v. Connecticut”, 1965), di andare a letto con altri adulti consenzienti di qualsiasi sesso (il caso “Lawrence v. Texas”, 2003), di sposare altri adulti consenzienti di qualsiasi sesso (il caso “Obergefell v. Hodges”, 2015) e, per l’appunto, il diritto di abortire (il già citato caso, “Roe v. Wade”, 1973).

Quindi nel mio Paese non c’è mai stato nessun referendum sull’aborto come in Italia, ed il Congresso Americano non è mai stato chiamato a formular nessuna legge per proteggere e regolamentare il diritto all’aborto. Perché no? Perché non era ritenuto necessario. In fondo la Corte Suprema aveva già stabilito che il diritto all’aborto (chiamato informalmente dagli Americani “Roe”, per via del nome del processo che lo aveva sancito) era garantito dalla Costituzione, no? Però le conseguenze legali delle sentenze della Corte Suprema non sono immutabili come le leggi. Possono cambiare in base alle sentenze emesse nel corso di nuovi processi. La Corte Suprema può sempre emettere nuove sentenze che si ispirano a orientamenti diversi da quelli presi in passato sugli stessi temi, annullando gli effetti delle precedenti sentenze e ribaltando il tavolo per tutti.

Non si poteva quindi fare una legge in merito al diritto all’aborto a livello federale? Non si poteva immaginare che un giorno una Corte Suprema conservatrice avrebbe potuto mettere a rischio la “Roe”? Eh, sì che si sapeva. Eppure neppure Obama e il suo Congresso hanno avuto i coglioni per sfidare il fronte conservatore e fare qualcosa in merito. Oppure, più cinicamente e forse più probabilmente, essi contavano sulla sempre paventata minaccia repubblicana alla “Roe” per spaventare i moderati e spingerli fra le braccia dei Democratici. E se il Governo Federale se ne strafotteva di regolamentare il diritto all’aborto nel 2009, quando i democratici avevano una super-maggioranza al Senato, figurati ora.

Quindi alle fine è successo quello che i Repubblicani volevano da 50 anni: ora c’è una Corte Suprema con 5 giudici (su 9 totali) abbastanza conservatori da volere (e potere) rovesciare “Roe”. E questo è inevitabilmente accaduto tramite la recente sentenza del caso “Dobbs v. Jackson”. Agghiacciante? Assolutamente. Prevedibile? Pure. Ma quindi, ora che il papocchio si è compiuto e la frittata è caduta atterra, finalmente i Democratici avranno preparato una strategia per fare qualcosa in merito? Per niente.

In realtà, gli effetti concreti della “Dobbs” sul diritto all’aborto (così gli americani chiamano il papocchio legale che di fatto ha ribaltato la “Roe”) dipendono ancora dallo specifico stato nel quale questo diritto una lo vorrebbe esercitare. Per esempio, in Pennsylvania (cioè dove abito io) abortire è ancora legale. Ma se vincerà il candidato repubblicano per la carica di Governatore alle elezioni di  novembre prossimo, ci sarà poco da fare.

Al momento la situazione è questa: esistono Stati dove abortire è vietato in ogni caso; Stati dove abortire è vietato tranne che in pochissime eccezioni (ma veramente poche poche; pensate che in Ohio non hanno fatto eccezione neppure per una bambina di 10 anni) e Stati che lo permettono in ogni fase della gravidanza. Per ora il Presidente ha garantito che una donna residente in uno Stato che proibisce l’aborto può ottenerlo legalmente in un altro Stato (se si può permettere il viaggio), ma l’assemblea di Missouri sta cercando di far passare una legge per vietare che qualsiasi residente del luogo possa viaggire fuori confine allo scopo di abortire. Se ci riuscisse, sicuramente altri Stati repubblicani cercheranno di fare lo stesso. Il che, fra alcuni anni, potrebbe persino non importare. Perché se i Democratici perderanno il Congresso e la Casa Bianca nel 2024, quasi sicuramente un Presidente repubblicano proibirà l’aborto su scala nazionale.

Ed è probabile che questa Corte Suprema non si fermi all’aborto. Uno dei cinque giudici cha hanno firmato la sentenza del “Dobbs v. Jackson”, Clarence Thomas, ha scritto che secondo lui vanno riviste anche altre decisioni prese dalla corte in passato, visto che tutte queste pure erano state basate sulla stesa interpretazione del quattordicesimo emendamento. Si parla in particolare della sentenze “Obergefell” (che protegge i matrimoni gay), “Lawrence” (che previene gli Stati dal fare leggi che vietino la sodomia) e “Griswold” (che rende lecito l’uso e la vendita di anticoncezionali).

Riassumiamo: io vivo in un posto in cui lo Stato può costringere una ragazzina a partorire il figlio del suo stupratore, una donna deve portare a termine una gravidanza con anomalie letali solo per vedere suo figlio soffrire e morire, si rischia la morte per una gravidanza extrauterina, è proibito ai medici fare tutto quello che possono per curare le pazienti anche in casi di aborto spontaneo. In un futuro non troppo distante potrei vivere in un paese in cui le persone LGBTQ vedono i loro diritti tornare al secolo precedente ed i preservativi vengono spacciati per strada e nei parchetti assieme all’eroina.

Ma perché raccontare tutto ciò ad pubblico italiano? Cosa potrebbero imparare gli italiani dalla triste situazione delle donne americane? Il fatto è che gli Americani sono arrivati a questo punto perché per anni la nostra “sinistra” (se vogliamo proprio chiamarla così) non ha mai offerto nulla di concreto ai suoi elettori. Diciamocelo chiaramente: al Partito Democratico americano la minaccia della destra teocratica non è mai veramente dispiaciuta. Grazie ad una destra così spaventosa, infatti, i Democratici non hanno ritenuto necessario proporre leggi che offrissero aiuti materiali alla classe operaia, alle donne e ad agli altri gruppi socialmente emarginati per ottenere i loro voti. Per vincere le  elezioni, ai Democratici è bastato puntare il dito contro Trump e dicharare di non essere dei mostri come lui. Però non basta non essere dei mostri per esercitare un buon governo. Da decenni vediamo una destra americana (mica solo Trump) che ogni volta fa esattamente quello che minaccia di fare, ed un centro-sinistra che sa fare solo dei bei discorsi. Proprio per questo, c’è bisogno che tutti noi — Americani, Italiani, sì, proprio tutti— pretendiamo molto di più dalle nostre “sinistre”, prima che sia davvero troppo tardi.

Eh, già. Questo è proprio un momento tosto per le mie compatriote, in particolare per quelle che vorrebbero fare figli. Eppure io questa scelta coraggiosa l’ho fatta. Quest’anno ho avuto la grandissima fortuna e gioia di diventare madre, una cosa che ho scelto liberamente in un paese che ancora mi permetteva di dare questa scelta. Che tragedia pensare che le donne della prossima generazione potrebbero finire per diventare madri non per scelta, ma per caso. O meglio, per via di una decisione presa da cinque giudici che non riescono a concepire le donne come nulla di più che semplici animali da riproduzione.

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