L’altra America: paura di massa e reazioni inaspettate

È un momento strano per il capitalismo americano, non solo per via della borsa che scende e sale ad ogni capriccio del Presidente più infantile di sempre. Prendiamo per esempio il boicottaggio della Tesla. Io non posso boicottare la Tesla per il semplice motivo che una Tesla non l’avrei mai potuta comprare. Una Model X costa più del mio stipendio annuale. Sarebbe come se qualcuno mi dicesse di boicottare i ristoranti stellati. Sì, certo, continuo ad ordinare dalla pizzeria in fondo alla strada senza problemi.

Non fraintendiamoci, la Tesla non è uno yacht o una Ferrari, ma è un prodotto per, diciamo, gente abbiente, professionisti o medio borghesi. E questa gente, a quanto pare, sta portando avanti un boicottaggio molto efficace. E non si fermano lì. È da gennaio che i Redditors si incoraggiano a svendere o mettere opzioni put sulle azioni Tesla. Si può immaginare una forma di protesta più capitalistica?

Photo credit: WallStreetbetsELITE

Protesta capitalistica o no, che benvenga! Questo momento politico offre a chi, come me, vive in America ed ha ancora un po’ di buonsenso, pochissimi piaceri. Uno di questi è vedere lo stronzo più ricco del mondo (uno che ha gioito per il licenziamento di decine di migliaia di persone) perdere soldi. La sua sfortuna non ci è molto di aiuto, ma anche noi plebei ci meritiamo un po’ di schedenfreude ogni tanto.

E di certo non mancano le proteste più tradizionali nell’America di oggi. Diversi gruppi hanno protestato per l’arresto di Mahmoud Khalil, l’attivista palistinese ex-studente della Columbia detenuto senza che venisse formulata contro di lui alcuna accusa o venisse eseguito alcun processo giuridico. I sindacati protestano e fanno causa contro le azioni del DOGE di Musk. E poi, sabato scorso, si sono radunati milioni di persone nelle strade di più di mille città diverse negli Stati Uniti per le manifestazioni denominate “Hands Off” (“Giù le mani”) contro tutti gli abusi dell’amministrazione Trump.

Una manifestazione a New York lo scorso marzo contro l’arresto di Mahmoud Khalil. Photo credit: SWinxy, Wikimedia Commons.

Qualcosa però è cambiato in questi otto anni dall’inizio del primo mandato di Trump. La rabbia generale mi sembra ai livelli di prima o anche sopra, ma si protesta sempre meno. Ci saranno state milioni di persone in piazza lo scorso weekend, ma sempre meno rispetto a quelle che hanno partecipato alla Women’s March del 2017. In quell’epoca, spuntavano dappertutto gruppi di protesta composti da giovani, studenti, mamme di mezz’età e signore anziane incazzate. Io sono stata una delle tantissime persone che si sono tesserate ai “Democratic Socialists of America” in quell’anno, e infatti nello stesso periodo questa organizzazione ha molteplicato il numero dei propri soci.

Se le proteste ora sono di meno, non è perché la maggior parte della gente approva l’attuale Presidente. I sondaggi fanno vedere che il suo sostegno è in calo. Bisogna precisare che non è vero ciò che ama ripetere Trump sui social (e che purtroppo viene ripetuto anche dai media, sia stranieri che domestici), cioè che egli ha stravinto le elezioni con un margine considerevole. Ha vinto, sì, ma con un margine di voto popolare molto più ristretto di quello ottenuto da Biden quattro anni prima.

Come mostra questo grafico, il tasso di gradimento degli Americani nei confronti della presidenza Trump è in costante calo dal gennaio del 2025 a oggi. Photo credit: Ipsos.

Siamo senz’altro un paese molto diviso. E allora perché le proteste sono diminuite? Francamente, e lo dico da Americana, la gente ha paura. È chiaro che Trump sta prendendo di mira gli attivisti (ma non solo loro) con le sue deportazioni aggressive. Anche i cittadini che rientrano da una semplice vacanza all’estero si ritrovano sempre più sotto esame ogni volta che rientrano in patria. Sento sempre più storie da amici o conoscenti che sono stati interrogati in aereoporto dalle guardie di frontiera; interrogatori che sono spesso di natura esplicitamente politica.

Negli ultimi giorni il Presidente ha detto che vorrebbe deportare anche cittadini statunitensi fuori dal paese. Aziende ed università stanno correndo ai ripari smantellando uffici e regolamenti interni relativi al DEI (diversità, equità, inclusione) per paura di ciò che potrebbe fare loro la nuova amministrazione. E sulla codardia della Columbia University, pronta a vendere i suoi studenti e professori per $400 milioni (quando ha già una sovvenzione di altri $15 miliardi da parte del governo federale), potrei scrivere un altro articolo. Temere è diventato ragionevole.

E quindi i cortei di questo weekend sono uno sviluppo importante, fosse anche solo per aver dimostrato che si può ancora protestare in modo aperto e senza paura se a farlo sono un gran numero di persone. Ma ciò non basta. Come anche gli Italiani sanno benissimo per via delle dolorose esperienze politiche che li hanno riguardati negli ultimi decenni, non si può sconfiggere le destre in assenza di una vera sinistra. E una vera sinistra noi Americani non ce l’abbiamo.

Photo credit: The News Movement

Ma forse la potremmo avere. È per questo che le proteste che mi stanno dando più speranza (per essere chiari, parlo solo di una scintilla) non sono quelle contro la Tesla o quelle del weekend scorso. Sono piuttosto quelle organizzate recentemente dal Senatore Bernie Sanders e dalla Deputata Alexandria Ocasio-Cortez. È da settimane che i due organizzano insieme manifestazioni in città diverse, spesso proprio negli Stati dove Trump ha ottenuto la maggioranza dei voti alle scorse elezioni, portando avanti lo slogan “Fight the oligarchy” (“combatti l’oligarchia”). E, per la sorpresa di molti, il duo dinamico del socialismo democratico a stelle e strisce sta attraendo folle notevoli.

Io sono stata politicizzata circa un decennio fa dalla campagna elettorale di Bernie Sanders. L’anziano Senatore porta avanti un messaggio ben chiaro che non è mai cambiato negli anni, ed è un messaggio profondamente radicato nella politica di classe. Però ha 83 anni. Ocasio-Cortez (o AOC, come si usa chiamarla qui negli USA) invece è giovane (ha 35 anni) e faceva la cameriera fino al 2018, quando è stata eletta Deputata grazie ad una performance elettorale tanto schiacciante quanto soprendente.

Si dice che con queste manifestazioni Sanders stia cercando non solo di radunare il popolo dei progressisti americani per opporsi a Trump in modo efficace, ma anche di passare il testimone ad AOC. Bernie è stato per questi dieci anni il simbolo di un certo tipo di politica che era stata data per morta nel mio paese, ma che adesso, anche grazie alle sue due campagne presidenziali, è conosciuta da un pubblico molto ampio. Non potrà continuare ad esserne il simbolo ancora per molto. Lo potrà fare AOC? Sarà lei a sfidare i MAGA nel 2028?

Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez. Photo credit: The Guardian

Probabilmente no. Forse per questioni di sessismo o di razzismo, o forse molto più semplicemente per la sua inesperienza. AOC è di fatto una figura molto più polemica di Sanders. Ma altri quattro anni di Trump saranno duri.

Saranno quattro anni in cui vedremo i nostri amici e vicini immigranti arrestati e deportati. Saranno quattro anni in cui vedremo smantellato quel poco di sistema di welfare sociale che abbiamo. Saranno quattro anni in cui diventerà sempre più ovvio che la stragrande maggioranza di noi non importa un fico secco ai pochissimi uomini ricchi che sono padroni del nostro paese. Dopo altri quattro anni così, forse, e dico solo forse, una vera sinistra potrebbe trovare un elettorato più accogliente.

Non ci rimane che sperare. E, nel frattempo, provare a non essere messi a tacere dalla paura.

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