Articolo a cura di Emma De Scandi, foto e galleries di Massimo Maselli.
Con la nuova presidenza americana e il disimpegno rispetto alla protezione militare dell’Europa, si è fatta pressante la necessità di costruire un esercito europeo, non solo per ragioni puramente difensive, ma anche come passaggio fondante per la trasformazione dell’Unione Europea da organizzazione sovranazionale a vero e proprio Stato, secondo la “forma” dello stato federale.
Il 18 febbraio di quest’anno, Mario Draghi, già presidente della BCE negli anni 2011-2019 ed ex Presidente del Consiglio italiano nel 2022, è intervenuto al Parlamento Europeo con un discorso programmatico che, tra i vari punti, ha affrontato la problematica della costruzione di una difesa europea e, quindi, di un vero e proprio Stato Europeo.
Preliminarmente Draghi ha inteso elencare le ragioni di un comune agire europeo, per quelle che sono le nuove “sfide” nell’era contemporanea: i progressi nel campo dell’intelligenza artificiale, con i 10 modelli linguistici elaborati principalmente dagli USA (8) e dalla Cina (2); la volatilità dei prezzi del gas naturale e l’aumentato fabbisogno energetico dovuto alla crisi climatica; la minaccia alle infrastrutture sottomarine; i preannunciati dazi da parte dell’amministrazione Trump.
Tutte queste sfide rendono sempre più chiara la necessità di agire come se fossimo un unico Stato: “La complessità della risposta politica che coinvolge ricerca, industria, commercio e finanza richiederà un livello di collegamento senza precedenti tra tutti gli attori, governi e parlamenti nazionali, Commissione e Parlamento Europeo.”
Sull’onda di queste suggestioni, la mia scuola ha deciso di organizzare un viaggio di istruzione a Ventotene nella prima settimana di maggio.

Diario di viaggio della VD SIA (Sistemi Informativi Aziendali) dell’Istituto di Istruzione Superiore Statale “Leon Battista Alberti” di Roma, a cura della studentessa Emma De Scandi e con video e foto a corredo del docente Massimo Maselli.
5 maggio 2025
Si arriva a Ventotene un mattino cupo e ventoso, nomen omen, ad attenderci al porto nuovo è Carlo, che, dopo una veloce sistemazione in albergo, ci dà appuntamento nel primo pomeriggio per una passeggiata guidata sui luoghi storici delle prigionie borboniche e del confino di polizia in epoca fascista.

La nostra guida inizia il racconto volgendo lo sguardo all’isola di Santo Stefano, di fronte la più grande Ventotene, ove venne costruito il famigerato Carcere Borbonico. Si visitano i luoghi del confino in epoca fascista, e si considera in particolare la figura di Altiero Spinelli e degli altri protagonisti del cosiddetto “Manifesto di Ventotene”. Ci inoltriamo nei vicoli del centro storico e sostiamo lungo “tappe” significative, luoghi simbolici della resistenza antifascista:
- La terrazza il cui perimetro delimita ciò che un tempo costituiva lo spazio dormitorio per i confinati. A rappresentare le anguste stanze sono oggi soltanto dei segni nella pavimentazione;
- La “strada delle botteghe dei confinati”. Carlo ci racconta di quella di Altiero Spinelli, appassionato di orologeria, che a Ventotene si dedicò alla manutenzione e riparazione di vecchi orologi;
- Il Municipio di Ventotene. Inizialmente primo soggiorno per i confinati, diviene successivamente la sede della polizia politica fascista sull’isola;
- La targa in ricordo di Sandro Pertini, costituita da piccole maioliche. Dell’ex Presidente della Repubblica si ricorda l’aneddoto di quando amava uscire per l’ora d’aria soprattutto in caso di pioggia, lui con l’ombrello, mentre la sua guardia personale era costretto a seguirlo senza, fino ad infracidirsi d’acqua. Per Pertini era questo un modo per prendersi gioco della polizia fascista e vendicarsi della sua crudeltà.

Il confino era principalmente per gli oppositori politici, ma anche per le persone considerate “immorali” (per esempio, gli omosessuali). Nel tempo si vengono a formare diversi gruppi per appartenenza politica (comunisti, socialisti, anarchici, etc.) ed il confino finisce per essere un’occasione per cominciare ad organizzare e/o strutturare una resistenza al regime. La passeggiata si svolge solo sull’Isola di Ventotene, ma, come già accennato, la nostra guida ci fa volgere lo sguardo, anche in senso fisico, alla prospiciente Isola di Santo Stefano, dove ancora oggi è possibile visitare il Carcere Borbonico.
La prigione nasce per volontà di Re Ferdinando IV, che commissiona l’opera all’architetto Francesco Carpi, il quale si ispira alla struttura semicircolare o a “ferro di cavallo” del Teatro San Carlo di Napoli, ma soprattutto al Panopticon di Jeremy Bentham, dove un unico sorvegliante può vigilare (opticon = osservare) tutti i detenuti (pan = tutti).
Il carcere inizia ad operare in un anno molto suggestivo, il 1789 della Rivoluzione francese, e risulta decisivo nella repressione dei “moti napoletani” del 1798-99. Già con l’Unità d’Italia le celle vengono ridotte per permettere l’isolamento dei detenuti, ma in epoca fascista si riducono ulteriormente. Da celle di 4×4 metri se ne ricavano due di 2×4 metri. Sempre sotto il fascismo, anche nell’ora d’aria, i detenuti politici vivono in completo isolamento. Le spesse pareti delle celle non permettono la comunicazione tra i prigionieri e le finestre vengono alzate, ridotte e poi orientate verso l’alto per non consentire di scorgere il mare. Una vera e propria camera di tortura!

Tutto cambierà solo con la nascita della Repubblica italiana. Negli anni 1952-1960 il nuovo direttore del carcere, Eugenio Perucatti, decide di dare attuazione all’Art. 27 della Costituzione, nella parte in cui recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”
Il nuovo direttore permette ai detenuti di svolgere attività lavorative, specialmente agricole, e di praticare lo sport, particolarmente il calcio. Carlo ci ricorda le partite di calcio disputate da ergastolani e guardie carcerarie, e di quella volta che il noto radiocronista Nicolò Carosio ci tenne a commentare uno di quegli insoliti incontri. Il carcere di Santo Stefano viene definitivamente chiuso nel 1965.

6 maggio 2025
Si partecipa alla Marcia per l’Europa 2025. Ogni anno qui a Ventotene avviene il rito dell’accensione della Fiaccola della Pace. Prima tappa Ventotene-Cassino, ad accendere il fuoco è una delegazione di studenti, docenti e amministratori della città di Cassino.
7 maggio 2025
Si ripercorrono le “isole” urbane del confino per un reportage fotografico a cura di Massimo Maselli, che riporto qui di seguito.
Si lascia Ventotene con un sentimento d’inquietudine. E si torna a Roma; tra poco più di un mese avrà inizio quello che un tempo si diceva “esame di maturità”. Si torna anche a studiare!
Note a margine conclusive
Nelle scorse settimane il dibattito politico italiano si è incentrato sull’attualità o meno del Manifesto di Ventotene, sulla sua democraticità o illiberalità. In particolare, una certa parte politica ha preso le distanze da questo Manifesto perché negherebbe la legittimità della “proprietà privata”.
Invero, dalla lettura del manifesto si evince anche il contrario: si parla di “rivoluzione europea” che “dovrà essere socialista”, ma non di quel socialismo “reale” realizzato in U.R.S.S e definito eplicitamente dai redattori del Manifesto di Ventotene come un “regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell’economia”.

Precisamente nel manifesto si dice: “la proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio”. Pertanto ci saranno i casi in cui non sarà opportuno lasciare ai privati l’iniziativa economica, quelli in cui la proprietà andrà limitata e corretta, e quelli in cui dovrà essere “estesa”, appunto, quindi favorita, promossa, sostenuta.
È evidente che il riferimento sia non solo alla proprietà privata intesa in senso statico, ma anche a quella intesa in senso dinamico, cioè l’iniziativa economica privata. Il modello economico cui si fa sostanzialmente riferimento è quello dell’economia mista, lo stesso che possiamo ritrovare nella Costituzione repubblicana del 1948. Ciò è evidente in quel passaggio del manifesto in cui si scrive di un: “processo di formazione di una vita economica europea liberata dagli incubi del militarismo e del burocraticismo nazionali. In essa possono trovare la loro liberazione tanto i lavoratori dei paesi capitalistici oppressi dal dominio dei ceti padronali, quanto i lavoratori dei paesi comunisti oppressi dalla tirannide burocratica.”

Nel manifesto si auspicano le “nazionalizzazioni” per quelle attività cosiddette “monopolistiche” che “sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori (ad esempio le industrie elettriche)”, per le imprese portatrici di un interesse collettivo (come le industrie siderurgiche), per le imprese di dimensioni tali da poter tenere sotto scacco lo Stato (le industrie minerarie, i grandi istituti bancari, le industrie degli armamenti). Insomma, solo per quelle imprese che nel tempo si è usato definire “strategiche”.

Cosentino di nascita, sopravvivo a Roma, estrema propaggine di Calabria. Artista visivo, da qualche anno in prestito alla fotografia, mi accorgo di continuare a dipingere anche quando scatto foto. La verità è che non capisco mai nelle cose che faccio dove inizia e finisce la pittura, dove la scenografia, la ceramica, la scultura, la fotografia. Capita pure di essere premiato, così è successo nel 2005, nell’ambito della III Biennale Internazionale della Magna Grecia di San Demetrio Corone (CS). Ho voluto che il dipinto presentato in quell’occasione, “Bastardo a Sud”, fosse l’immagine emblematica della mia rubrica su DEEP HINTERLAND: quale immagine migliore per i miei “percorsi artistici marginali”?