Il falso mito dell’innovatore: perché Musk è sempre stato un fake

Elon Musk si è sempre magistralmente autodipinto come un genio visionario, una specie di Tony Stark destinato a rivoluzionare ogni cosa tocchi. Con progetti che spaziano dalle auto elettriche alla conquista spaziale, fino alle interfacce cervello-computer, l’imprenditore vende un futuro a portata di mano, amplificato da una presenza social martellante e una legione di fedelissimi.

Trump si rivolge al suo ormai ex alleato con la consueta pacatezza.

Adesso Trump lo ha scaricato e il loro divorzio si sta consumando nella maniera più yankee possibile, a mezzo social, con Elon che frigna per una legge che non gli piace e Donald che lo ignora. Quindi possiamo tranquillamente analizzare la storia imprenditoriale di Elon; una costruita sulle fregnacce di un uomo il cui destino è sempre stato quello di rendersi ridicolo a spese di consumatori e contribuenti (accento sulla parte finale).

Povero Elon 🙁 🙁 🙁

Se si scava sotto la patina color titanio costruita spendendo tonnellate di soldi in personal branding e trico-trapianti, nella carriera di Musk emerge un pattern ricorrente: annunci altisonanti, promesse non mantenute e fallimenti tangibili, sia sul piano operativo che su quello etico. Non si tratta di inciampi occasionali, bensì di una strategia calcolata. La sua abilità nel generare un’attesa febbrile per tecnologie ancora acerbe o perennemente rimandate (vedi i sistemi di guida autonoma (FSD), la colonizzazione marziana o le cure mediche di Neuralink) è il perno del suo business model. Un modello che usa l’hype come leva per attrarre capitali e plasmare l’opinione pubblica.

Ogni miraggio svanito è subito rimpiazzato da uno ancora più grandioso, in un ciclo senza fine. Si tratta di una versione tecnofeudale del gioco delle tre carte: distrarre il prossimo con un futuro fantasmagorico per occultare le falle del presente. La domanda (retorica) sorge spontanea: dove finisce la visione e comincia l’inganno?

Elon Musk con la Premier Italiana Giorgia Meloni. Photo credit: Il Gazzettino.

Le radici sudafricane e l’ombra sull’impero

Per decifrare Musk, e figure a lui vicine come Peter Thiel e David Sacks (cioè i membri della cosiddetta “Paypal Mafia“), è utile dare uno sguardo alle loro origini sudafricane, nel pieno dell’era dell’apartheid. Ne ho già parlato, ma repetita iuvant: cresciuto in un ambiente privilegiato e segregazionista, Musk ha avuto un padre nostalgico di quell’era e un nonno materno collegato a movimenti filonazisti. Questo background, secondo alcuni, potrebbe aver instillato in lui una visione del mondo che normalizza la disuguaglianza. Non a caso, Musk ha bollato l’affirmative action sudafricana come “palesemente razzista” e si è sperticato nella lotta all’empatia tanto cara ai nazionalisti bianchi.

Ma sebbene questo contesto storico offra le basi fondamentali per comprendere il modus operandi di personaggi del genere, è sui fatti recenti che si misura ancora meglio la sua credibilità.
Il crollo delle azioni Tesla nel 2025. Photo credit: Bay Area News Group.

Tesla: la fabbrica delle illusioni a quattro ruote

Tesla è l’epicentro delle proclamazioni mancate di Musk, e non sto parlando solo del fatto che va in giro a dire di averla fondata quando invece l’ha solo acquistata. Un catalogo che si arricchisce anno dopo anno:

  • Full Self-Driving (FSD) & Robotaxi: Per un decennio ci ha ripetuto che “l’anno prossimo” le Tesla si sarebbero guidate da sole, creando una flotta di un milione di robotaxi. Oggi, l’FSD costa una fortuna e richiede ancora mani sul volante. I “robotaxi”? Un esperimento limitato, lontano dalla rivoluzione annunciata.
  • La Model 3 da $35.000: L’auto elettrica per le masse? Un miraggio. Apparsa e scomparsa come un fantasma, ha lasciato il posto a versioni ben più care. Pura tattica commerciale.
  • Il Cybertruck: Lanciato con vetri “infrangibili” andati in pezzi, è arrivato dopo anni. Il risultato? Prezzo lievitato, funzioni ridotte e qualità discutibile.
  • Tesla Bot: E i robot umanoidi che avrebbero dovuto sostituirci? Annunciati con tanto di ballerino in tuta, restano per ora poco più che prototipi, lontani anni luce dalle fabbriche e ancor più dalle nostre case.
Se lo dice lui.

SpaceX: Marte è (sempre) domani

La colonizzazione di Marte resta il sogno più ambizioso di Musk. Aveva previsto umani sul Pianeta Rosso per il 2024. Siamo nel 2025 e l’obiettivo è ancora pura fantascienza. Lo sviluppo di Starship procede tra spettacolari esplosioni e sfide colossali. Ma la narrazione, come sempre, punta sull’audacia, glissando sui rischi.

Photo credit: Curbed.

Hyperloop e Boring Company: tunnel verso il nulla?

L’Hyperloop, il treno superveloce del 2013? Un fantasma, nonostante qualche cinguettio estemporaneo. fondamentalmente è servito a dirottare sovvenzioni pubbliche per progetti di trasporto pubblico tra San Francisco e Los Angeles. La Boring Company? Il suo Vegas Loop è poco più di un tunnel per Tesla, mentre molti altri progetti sono stati cancellati.

Con Neuralink, la promessa è quasi divina: una nuova tecnologia che cura paralisi e cecità. Ma la realtà è fatta di test in ritardo, affermazioni definite “teatro neuroscientifico” e, soprattutto, ombre etiche. I test sugli animali hanno sollevato un polverone, con accuse di crudeltà e indagini federali. L’idea di “rompere le cose” applicata al cervello umano fa rabbrividire, ah? Pensate a quelli che credevano ci fossero i chip di controllo mentale nei vaccini e ora uno come Musk l’hanno eletto a messia. Bipensiero orwelliano, ma non voglio divagare perché sull’organicità del complottismo moderno alle figure di potere oligarchico si potrebbe scrivere un trattato.

Recentemente l’azienda Valve, famosa per la piattaforma di game retail Steam e per un paio di capolavori videoludici che non è il caso di approfondire in questa sede, ha lanciato la sfida a neuralink con il suo progetto di chip cerebrale nativo. Qualcosa mi dice che si vedranno maggiori risultati lì che nelle stanze di Elon e, conoscendoli, ci spenderanno un decimo del budget senza frignare per qualche sussidio statale.

Il manuale della disinformazione (e dell’estremismo?)

Ma partendo dal complottismo che tanto piace a Musk e a cui lui tanto piace: X (ex Twitter) è il suo megafono, una macchina di propaganda personale. Musk ha virato a destra, amplificando teorie cospirazioniste, appoggiando post apertamente antisemiti e flirtando con l’estrema destra europea, come l’AfD tedesca. Il saluto romano a un comizio di Trump è stato solo l’ultimo scivolone. La sua piattaforma social è diventata un rifugio per l’estremismo di destra, tanto che gli inserzionisti scappano e i giudici respingono i suoi tentativi di zittire chi lo denuncia.

Nota: avete notato come la disinformazione più grottesca tenda sempre a partire dagli oligarchi più conservatori e, incidentalmente, ad essere diretta verso personaggi come Bill Gates, che è tra i pochi miliardari a dire che quelli come loro andrebbero tassati di più?

Brian Klaas on X: "Elon Musk, who says he wants Twitter to be a place that spreads truthful, trusted information through “citizen journalism,” keeps spreading lies, then getting fact checked to expose

Conti con la legge: quando l’hype incontra i tribunali

Il suo disprezzo per le regole lo ha portato a un lungo braccio di ferro con la giustizia. La SEC lo ha sanzionato per il tweet “funding secured” e per le sue continue violazioni. Il Dipartimento di Giustizia e altre agenzie federali americane hanno aperte decine di indagini su Tesla e SpaceX. Neuralink è indagata per i test sugli animali. La sua reazione? Arroganza e attacchi frontali.

L’informazione decentralizzata e l’assalto fallito all’Europa

Vogliamo parlare di quando ha lanciato il brand MEGA (Make Europe Great Again) nel tentativo di ripetere la formula Trump anche nel vecchio continente, andando a endorsare i peggiori neonazi? Ne avete sentito più parlare?

Photo credit: Politico.eu

Oppure lo slogan “you are the media now” che prometteva una rivoluzione decentralizzata dell’informazione contro i vecchi, e secondo lui “inaffidabili”, media? Era seguito un incontro con “realtà europee dell’informazione indipendente” di cui però l’unica presenza nota erano quei poveracci di Welcome to Favelas, che al momento sono gli unici al mondo a utilizzare ancora quell’hashtag nei loro post. Probabilmente mentre fanno disinformazione sul referendum 2025 stanno ancora aspettando che Andrea Stroppa li chiami.

La vera eredità: il fumo brandizzato

Il quadro che emerge è quello di un abile costruttore di narrazioni, un personaggio che usa l’innovazione come specchietto per le allodole. La sua carriera è un intrico di annunci grandiosi, ritardi colossali e virate ideologiche inquietanti, condivise da sodali come Peter Thiel, convinto che “libertà e democrazia non siano più compatibili“. Certo, ha raggiunto traguardi notevoli, ma la base di partenza, i metodi e l’inganno sistematico stanno là a mostrarci cosa significa “capitalismo di successo” nell’accezione più contemporanea del termine, in maniera cristallina.

Il suo legame con i mercati finanziari e gruppi di potere stabilito, che sembrano premiare l’hype più dei risultati (come fanno anche i mercati azionari, per parlare di ulteriori bolle), è la chiave di volta del suo impero. Più che un innovatore rivoluzionario, Elon Musk assomiglia a un abile imbonitore, come quelli che vedete nei vecchi film western intenti a vendere lozioni miracolose per far ricrescere i capelli, o forse un mago di Oz che spaccia l’illusione a caro prezzo, manipolando mercati che non hanno mani invisibili ma volatili capricci, lasciando spesso agli altri il conto da pagare. Non tanto Tony Stark quanto Obadiah Stane, uno dei suoi villain a rappresentarne la versione distorta.

Il modello d’impresa di Musk è sostanzialmente simile a quello degli imbonitori da fiera. Photo credit: CBS/Getty Image

“Eh ma Musk rimane pur sempre un arcimiliardario gne gne gne”, commentano i suoi fan sui social. Se nascete nell’ambiente in cui è nato lui potete diventare poveri solo se siete dei completi idioti, e se ancora lo idolatrate a questo punto probabilmente lo siete. Ma anche in quel caso la vostra famiglia troverà un modo per farvi limitare i danni, abbiamo Gianluca Vacchi qui in Italia che è un caso di studio vivente sull’argomento.

E non fatemi iniziare con la storia di quando Musk si è finto pro di Diablo 4 e Path of Exile 2 perché pensava di poter fidelizzare qualche gamer redpillato come ha fatto con i no-vax ei filorussi. Quindi, consci di come questa figura un po’ patetica ci abbia mostrato tutti i limiti del crony capitalism moderno, che è più sistemico che legato a intemperanze individuali, è ora di aprire gli occhi e guardare oltre il sipario.

Non dico di mangiare i ricchi, ma quantomeno di smettere di leccargli le scarpe mentre sono loro a divorare il mondo. Comprendere ciò mi parrebbe, a questo punto, quanto meno un inizio ragionevole.

You can’t make this shit up

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