Yvonne studia Filologia Moderna all’Università di Torino. Anche lei ha deciso di trasferirsi al Nord, lasciare almeno per qualche anno – si dice sempre così – la provincia, che lei definisce la sua comfort zone. Le chiedo di accompagnarmi nella sua città natale, in una passeggiata nel centro storico, che i locali affettuosamente chiamano “Cosenza Vecchia”.
La grazia di questo luogo periferico è proprio nel suo abbandono. L’ansia di modernità ha portato via tanti, chi è rimasto vive ai margini, la presenza umana riaffiora solo attraverso panni stesi come un tempo in precari fili di corda, fantasmi tra i vichi. A partire dal fiume Busento s’inerpica, fino a toccare la Cattedrale (sec. XI-XII) ed il Teatro Rendano (1909), il Corso Telesio. Tra duomo e teatro troviamo il Gran Caffè Renzelli (1803), cenacolo di intellettuali, letterati e artisti visivi, che ricorda certi “salotti della Napoli letteraria”.
Al Caffè Renzelli immaginiamo di essere come quegli intellettuali e artisti che un tempo, tra un dolce alle mandorle e un caffè, declamavano i poeti e raccontavano storie. Yvonne indossa una giacca magenta. Vuole che sia un colore deciso ad incorniciare il suo pallido ovale mediterraneo. Veste delle calze nere, che fasciano le lunghe gambe normanne. E nella sua immagine penso a questa terra, che è terra di incroci, di periferie del mondo che si fanno città. Ricordiamo di incontri estivi reali o fantasticati, dell’idea di scattare delle foto e di posare per quelle.
Massimo: ricordi Yvonne quando ti parlai di “Watermelon Girl”? Di Irina, la mia Musa di quei mesi confinati. Ne parlammo in estate. Tu mi dicesti di Cesare Pavese, del mondo contadino di “Paesi tuoi”.
Yvonne: si Massimo, ricordo! Ricordo di averti detto che in quel mondo di terra e sudore ogni cosa può evocare, in ogni momento, la sessualità: ‹‹Ma che bei peperoni rossi vendevano le donne! Poi arriviamo davanti le angurie e mi viene sete.››.
Ecco! Le angurie e la sete. Ho pensato a quanto possa essere evocativa un’anguria, quanto lo può essere quella bocca che si bagna del morso reale o solo immaginato dell’anguria. Ho pensato a quella donna che in te si è fatta anguria. Ho pensato a Pavese, ho pensato alla sua Gisella selvaggia e ti ho detto.”
E così, di questi ricordi, decidiamo di farne un frammento videoregistrato per un cortometraggio su Cosenza e il suo territorio. Poi si esce dal Renzelli e si raggiunge il famoso Liceo classico “Bernardino Telesio”. In cima al corso la piazza su cui si affaccia il Teatro Rendano. Ma non sono i fasti di un tempo che anelo, chiedo invece ad Yvonne di poterla fotografare nei vicoli bui e odoranti di muffe antiche; mi porta a quella scalinata di ferro e tufo che tanto evoca certi passaggi della sgarrupata Napoli Spagnola. E mi affascina leggere sulle insegne a cassettone, di un legno in parte oramai marcito, la “ditta” o “ragione sociale” di certi negozi falliti.
Come a teatro, cambia ancora la scena. Avvolta in una stola verde Yvonne vuole ora mostrarmi quella piazzetta chiusa, presepe napoletano, dove da bambina le hanno chiesto di apparire nel sogno agitato di un uomo, tarantella amorosa di una moltitudine di donne in nero e tamburello. Piazzetta San Tommaso è oggi cuore nascosto e silente di Cosenza Vecchia, ma forse un tempo partecipava del clamore delle piazze del commercio di strada, quella “dei pesci”, quella “delle uova”…
Ultima scena, tempo di commiato, ci rechiamo infine al villino di quella piazza grande dove si conclude il Corso Telesio. In alto, tra i montanti in ferro ornato, campeggia un’enorme ragnatela. Inebriati da un sole ancora tiepido immaginiamo di essere nella Pavlovsk del XIX secolo e recitiamo un copione sanpietroburghese: “le ragazze non amano restar ferme, e allora via, verso il villino della stazione dove un’orchestra suona e si sta in allegria!”
Photographer: Massimo Maselli
Actress/Model: Yvonne Esaltato
Location: Gran Caffè Renzelli, Cosenza (Italia)
Cosentino di nascita, sopravvivo a Roma, estrema propaggine di Calabria. Artista visivo, da qualche anno in prestito alla fotografia, mi accorgo di continuare a dipingere anche quando scatto foto. La verità è che non capisco mai nelle cose che faccio dove inizia e finisce la pittura, dove la scenografia, la ceramica, la scultura, la fotografia. Capita pure di essere premiato, così è successo nel 2005, nell’ambito della III Biennale Internazionale della Magna Grecia di San Demetrio Corone (CS). Ho voluto che il dipinto presentato in quell’occasione, “Bastardo a Sud”, fosse l’immagine emblematica della mia rubrica su DEEP HINTERLAND: quale immagine migliore per i miei “percorsi artistici marginali”?