American Day After: le tute blu, il costo delle uova e i bramini di Piketty

Quando ero adolescente, mio zio, un italo-americano repubblicano del Midwest, si rivolse preoccupato a mia madre, avvisandola che stavo per diventare una “liberal”. “Sai, le interessano tutte queste cose di sinistra”, le disse, “i libri, per esempio.” Risi per anni di questa sua battuta, ma oggi ci leggo un significato che allora non capivo. Mica è analfabeta mio zio, sia chiaro. Anzi, si considerava all’epoca e si considera tutt’ora un lettore interessato e vorace. Quando disse “i libri”, voleva dire in realtà un’altra cosa.

Mio zio—un uomo molto intelligente e a cui voglio bene, nonostante le nostre ovvie differenze politiche—non si è mai laureato, ed io sono sempre stata prima una bambina che leggeva molto e andava molto bene a scuola e poi un’adulta da sempre interessata al mondo accademico (all’interno del quale lavoro tutt’ora). E infatti sono diventata, come predetto, prima una “liberal” e poi, da grande, addirittura una socialista. Mentre lui, come la maggior parte dei nostri parenti, è rimasto un conservatore duro e puro. Nel mio paese, gli Stati Uniti d’America ed all’estero, il tasso di istruzione diventa sempre più determinante negli orientamenti politici di un individuo.

La relazione statistica fra tasso di studio ed orientamento progressista negli Stati Uniti nel 2015. Photo credit: Pew Research Center.

Si tratta di un fenomeno ben noto nelle democrazie occidentali. Forse lo studioso che lo ha approfondito maggiormente finora sul piano scientifico è l’economista francese Thomas Piketty, il quale, nel suo Capitale e ideologia, parla del conflitto contemporaneo fra “Sinistre braminiche” e “Destre mercantili”.

Secondo Piketty, i partiti europei e nordamericani appartenenti storicamente al campo delle sinistre si sono transformati profondamente negli ultimi settanta anni. Considerati la roccaforte ideologica della classe operaia negli anni ’50 e ’60, essi risultano oggi i partiti più votati dalle classi professionali ed istruite. Chiaramente queste distinzioni possono risultare grezze, visto che (specie in tempi di precariato) è possibile essere sia laureati che operai, ma si tratta comunque comunque di dati utili, viste le differenze nel tenore di vita che che i titoli di studio ed il loro impiego nel mondo del lavoro possono apportare a chi li detiene.

L’economista francese Thomas Piketty. Photo credit: Welt.

Il che non vuol dire assolutamente che i partiti di destra siano diventati i partiti della classe operaia. Infatti odio la parola “populista”, almeno nel senso dispregiativo in cui viene usata di solito oggi dai media e nelle tribune poliche. Le destre rappresentano, ed hanno sempre rappresentato, gli interessi degli Elon Musk del mondo (per Piketty, infatti, se le sinistre sono “braminiche”, le destre non possono che essere “mercantili”).

Le destre di oggi, per quanto additate di populismo, offrono al popolo solo rettoriche da osteria sull’identità etnica e promesse roboanti regolarmente non sostenute dalle realtà dei fatti. Nonostante ciò, continuano a vincere le elezioni, in America e nel mondo, ottenendo sempre più voti dalle stesse classi che disprezzano. Non mancano articoli dalla stampa anglo-americana sull’effetto di questo fenomeno nella recente rielezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti. Anche in questo caso, i voti dei lavoratori sono stati decisivi per eleggere un candidato dell’ultra-destra, e non solo quelli dei bianchi.

Perché? C’è un motto che viene ripetuto nel mio paese ogni volta in cui ci si chiede il perchè di un fatto politico: “It’s the economy, stupid.” Secondo i sondaggi, questo vecchio adagio risulta vero anche stavolta. L’inflazione galoppante che ha investito l’America negli anni successivi alla pandemia non è avvenuta per colpa di Biden o della Harris, e di sicuro i programmi elettorali di Trump non sono stati elaborati a vantaggio della gente comune, ma non importa. L’americano medio vede che una dozzina di uova costa il doppio di quanto costava nel 2020 e conclude che quattro anni fa (“quando c’era Lui”) si stava meglio.

Questa non è una conclusione che rispecchia necessariamente la realtà, ma, se la gente non ha a disposizione altre analisi profonde del fenomeno (e la maggior parte di noi non ne ha, a prescindere dal livello di istruzione), non è nemmeno una conclusione completamente insensata. E quindi chi ha subito di più gli effetti dell’aumento dei prezzi si è schierato contro il partito al potere. Lo stesso fenomeno si è verificato all’estero più volte dal 2022, colpendo destra, sinistra e centro: i partiti in carica perdono terreno, dagli Stati Uniti alla Francia al Regno Unito e oltre.

Il prezzo delle uova negli Stati Uniti dal 1985 ad oggi. Photo credit: fred.luoisfed.org

E se quindi la gente votava con la pancia, toccava ai democratici fare attenzione. E non lo hanno fatto. L’ha detto Bernie Sanders nella sua recente dichiarazione sui risultati delle elezioni. L’hanno detto Dustin Guastella (che ho intervistato per Deep Hinterland l’anno scorso) e Jared Abbott, entrambi del Center for Working Class Politics, prima delle elezioni. Il messaggio della Harris si è incentrato sullo spauracchio di Trump e non sulle proprie proposte. In effetti la Harris fatto una campagna molto conservatrice; non ha osato niente.

Non ha proposto nessun cambiamento significativo al nostro sistema sanitario barbarico. Ha evitato di parlare del genocidio che l’amministrazione di cui attualmente fa parte sta finanziando a Gaza (e che Trump continuerà a finanziare), il che, oltre a essere una tattica codarda e moralmente ripugnante, le ha fatto anche perdere voti nelle comunità arabe del Michigan, uno Stato chiave per queste elezioni. Trump ha parlato della perdita dei posti di lavoro in fabbrica ed Harris ha risposto parlando dei principi astratti della democrazia. Trump è un truffatore, ma Harris rappresenta lo status quo, e c’è chi questo status quo preferirebbe cambiarlo anche a costo di rimanere truffati.

Kamala Harris durante un comizio in Michigan, uno stato chiave per le scorse presidenziali dove non ha ottenuto la maggioranza. Photo credit: The New York Times.

Ma a conti fatti il risultato delle scorse presidenziali non è colpa della Harris (o, comunque, non è solo colpa sua). Ciò che è successo è da imputarsi ad un fenomeno molto più grande di lei. I democratici da tempo hanno abbandonato la classe operaia per corteggiare invece i voti dei professionisti. È almeno dai tempi di Bill Clinton che il partito democratico flirta con il Reaganismo, e lo stesso fenomeno si osserva in Europa. Basta guardare la sinistra italiana che ha passato gli ultimi decenni a spostarsi sempre più verso il centro.

Qui nel mio paese, ci ricordiamo ancora una dichiarazione abbastanza infame del 2016, fatta dal senatore democratico Chuck Shumer a proposito della campagna presidenziale di Hillary Clinton: “Per ogni tuta blu democratica che perderemo nell’ovest della Pennsylvania, guadagneremo due o tre repubblicani moderati nei sobborghi di Philadelphia.” L’ovest della Pennsylvania rappresenta una zona povera e post-industriale ed i sobborghi di Philadelphia l’ecosistema sociale della classe medio-alta, per lo più composta da professionali istruiti. Beh, io vivo nei sobborghi di Philadelphia, e posso francamente dire: non bastiamo. Non siamo mai bastati.

Il Senatore democratico Chuck Shumer. Photo credit: CNN.

E la gente come me—i laureati che vivono nei sobborghi delle città del nordest del paese—continua a imparare le lezioni sbagliate da queste elezioni. La vittoria di Trump diventa una favola morale in cui noi istruiti siamo i buoni in un paese irrecuperabile. E sì, fra i votanti di Trump ci sono quei razzisti e misogini violenti che ci devono far veramente preoccupare. Ma la maggioranza dei votanti non vota in modo ideologico, quantomeno in America. Basta vedere cosa è successo in Arizona, Missouri e Nevada, stati che hanno avuto dei referendum sull’aborto. La maggioranza ha scelto di proteggere il diritto all’aborto, ma ha scelto anche Trump, un chiaro antiabortista, come presidente.

Possiamo concludere che tutti quelli che hanno votato i repubblicani siano degli idioti o dei mostri, oppure possiamo concludere che i democratici, per qualche motivo, non riescono più a convincere chi ci si aspetta debba votare per loro per storia, cultura e ceto sociale. Questo risultato elettorale sarà disastroso per molti gruppi: le donne, le minoranze etniche, gli immigrati, le persone LGBTQ+ e, sì, i lavoratori. Ma non riusciremo a cambiare le cose, sia in America che altrove, considerando senza speranza metà della popolazione. Ora ai democratici tocca trovare un modo per parlargli.

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