L’8 febbraio 2022, di ritorno da un tour rapidissimo ma quantomai significativo di Bath e Throwbridge, ho fatto sosta a Londra per visitare l’imperdibile mostra “Late Constable” presso la Royal Academy. Si trattava, la mostra è terminata il 13 di febbraio scorso, di una retrospettiva concentrata sui lavori adulti del pittore del Suffolk, famoso e celebrato in secula seculorum come il più significativo paesaggista romantico inglese, insieme a Turner.
Grande amante di Gainsborough (altro amico di cui abbiamo già parlato proprio qui su Deep Hinterland), Constable compie i suoi studi artistici presso la Royal Academy nel 1799 per tornare nel Suffolk tre anni dopo e iniziare a “scolpire” bozzetti a olio che definire vivi è riduttivo. Nonostante si sia dedicato anche a opere religiose e ritratti, più che altro per questioni economiche, il paesaggio per C. resterà sempre la pittura più alta. Per lui la natura, e le sue opere lo dimostrano in maniera incontrovertibile, è in grado, più di ogni altro soggetto, di esprimere insieme a sé stessa la più ampia gamma di sentimenti umani.
Durante il suo secolo ebbe più successo in Europa che fra i Britannici e, nonostante alla fine divenne professore alla Royal Academy, non riscosse mai il successo accecante di Reynolds. Eppure a lui dobbiamo un approccio scientifico e indagatore alla natura abbracciato indissolubilmente al Romanticismo.
Nonostante nelle sue opere l’equilibrio fra elementi artificiali e naturali sia proverbiale, Constable riesce ad esprimere ogni singola sfumatura, terribile o languida, di ciò che è l’essenza di un paesaggio. In particolare i suoi cieli, una spremuta dell’essere umano e del suo universo, sono, vivono. Era l’unico che annotava, dietro ai suoi schizzi, l’ora, il luogo e la direzione del vento che strapazzava e scolpiva le nuvole che aveva appena ritratto.
Non so se siete mai stati nel Regno Unito. Londra vale solo se siete stati nei dintorni di Hampstead, ma se siete mai riusciti a procurarvi delle colline sterminate o, ancora meglio, il vento impietoso di Brighton, state certamente capendo la sterminatezza degli orizzonti a cui mi riferisco. Questo è uno degli aspetti che rende C. unico, anche il più evidente, nei ritratti di cieli eloquenti (che sanno davvero di infinito, immortale), che in dieci minuti sono cambiati per sempre eppure altre nuvole torneranno, altrettante innumerevoli volte, per ricordarci l’enciclopedia dei sentimenti insieme ai loro nomi di nembi e cirri.
Ogni volta che osservo un’opera del nostro devo essere preparata, senza riuscirci chiaramente, a lasciarmi trascinare dal vento delle setole dei suoi pennelli, dalle macchie, dalle unghiate, a farmi maltrattare dallo studio degli eventi e dalla situazione interiore, spesso orrenda, in cui ha dipinto e che ci ha onestamente restituito.
Ho sentito frequentemente persone dire che dopo la lettura di un determinato tomo o l’ascolto di un tal disco non sono più state le stesse. Constable fa lo stesso effetto, si entra nella famosa tempesta da cui si esce cambiati. Ci si sente presenti e allo stesso tempo sopraffatti, sollevati e atterriti, insieme dal vento e dai carretti, dalla pietra gelida dei muri delle chiese che fa rima con lo spaesamento mai educato del suo equilibrio compositivo.
C. non ha bisogno di stravolgere la figurazione per stracciare il romanticismo con la sua modernità. Lo fa con l’equilibrio, con la sintesi e la strabiliante analisi che non conosce fronzoli, lo fa con sé stesso. Non immortala, rivela, fa diventare nuvole, ci fa cambiare forma. A volte gioco a “cambia la cornice”. Con C. è molto appagante e facile. Ad alcuni suoi dipinti basterebbe toglierla per non capire più da che epoca è uscita quest’onestà a volte ben oltre la crudeltà.
I miei incontri con lui sono sempre delle tempeste, anche se nel paesaggio più idilliaco e campagnolo possibile mi sconquassa e mi fa montare su un aliante invisibile che traccia linee e, solo a volte, arcobaleni. Ci sono sempre molta umidità, molto rumore, è tutto fertile in Constable, inclusa la disperazione.
Arianna Tinulla Milesi è artista, illustratrice multimediale e nasce a Bergamo prima della caduta del Muro di Berlino. Si laurea in Arte Bizantina alla Statale di Milano e successivamente in Arti Visive – illustrazione allo IED. Al centro della sua pratica c’è il disegno come forma mentis, un tramite e mai un fine. Collabora internazionalmente con spazi espositivi, gallerie e musei. Le interessano le interazioni, la memoria, il folklore e la devozione, la percezione della violenza e il concetto di limite. Dal 2024 collabora con l’Orto Botanico di Toscolano Maderno parte dell’Università di Milano, per promuovere il disegno sperimentale come approccio libero verso il mondo naturale e non.
Questo le ha fatto venire in mente che potesse essere una buona idea partire alla volta del Galles per partecipare alla Mawddach Residency e studiare le alghe, il suo terrore più grande. Arianna è membro del Council della Society of Graphic and Fine Art, l’organismo che si cura di promuovere l’arte del disegno dal 1919 nel Regno Unito e nel mondo. I suoi lavori sono esposti presso istituzioni artistiche in varie parti del mondo e non sempre vogliono tornare a casa. Ama Piero della Francesca e Paolo Uccello, la sua power couple preferita sono Raffaello e Pietro Bembo, la gamma di colori dal vermiglio al lampone, sulle labbra e nei vestiti, i capelli estremamente corti, Adrien Brody vestito da Salvador Dalì, accarezzare gli animali e cantare a squarciagola. Ha adottato un gatto di nome Pilade, ricama e si produce vestiti con alterna fortuna, legge Giada Biaggi e Hilary Mantel, ascolta Paolo Conte, PJ Harvey, Fred Buscaglione e prova a fare snorkeling nel lago di Garda. Tra i suoi appuntamenti per il 2025 ci sarà un percorso di ricerca come artista in residenza presso la School of Art & Design dell’Università di Nottingham Trent all’interno del progetto AA2A. Il suo motto è: “Adoro i piani ben riusciti” e “Ogne melù al g’ha la sò stagiù”.