Tra il 149 a.C. e il 146 a.C. si combatte la terza guerra punica. Pare che, durante l’assedio, le donne cartaginesi si fossero tagliate i capelli per crearne delle trecce enormi da usare come corde per tenere insieme animi e porte della città e resistere così agli invasori latini.
Nel 1957 a Qazvin nasce Shirin Neshat, la più celebre e premiata artista iraniana, vincitrice di leoni ruggentissimi a Venezia, sia alla Biennale che al Festival del Cinema.
Pochi anni dopo, nel 1961, la Ricordi pubblica il terzo singolo di un genio della poesia e del ritratto, cioè Enzo Jannacci, vero maestro del surrealismo italico. Quel capolavoro era Il cane con i capelli.
1979, in Iran i capelli delle donne vengono banditi dalla vista pubblica.
La poetica dell’artista iraniana è talmente ampia da dover essere affrontata a volumi, ma questi lavori nati negli anni novanta sono un corpus che ben rappresenta l’iconografia per cui è famosa anche al di fuori del mondo dell’arte, tutta in bianco e nero. Unveiling tratta della politica di chi vive dietro il velo nelle nazioni islamiche. Una mostra snodata tra fotografia, scultura e video, volta ad esprimere cosa si prova dietro il velo.
Integrato in questo monumentale, e a suo modo leggerissimo, lavoro vi è quello di Furugh Farrukzad, poetessa persiana, i cui testi sono tuttora considerati radicali per incarnare la sensualità e l’indipendenza femminile. Unveiling non è un lavoro che critica la scelta di indossare il velo. Anzi, aggiunge complessità. Riflette proprio sull’esperienza femminile e da cosa questa sia definita, se dal velo o dal corpo. In questo modo Neshat smonta in maniera massiccia ed estremamente affilata ed elegante gli stereotipi (occidentali) attorno all’identità femminile nell’Islam.
In Women of Allah, l’accento è insistito sempre sulla relazione tra fondamentalismo islamico, supponenza occidentale e figura femminile. Neshat stessa dirà: “Every image, every woman’s submissive gaze, suggests a far more complex and paradoxical reality behind the surface” [“Ogni immagine, ogni sguardo sottomesso di donna, suggerisce una realtà ben più complessa e paradossale dietro la superficie”].
In Rebellious Silence sono palesi i quattro simboli collegati, dal mondo occidentale, a quello orientale: le armi, lo sguardo profondo, pece e marcato, il velo e l’inconfondibile scrittura persiana danzante.
2013, le Cocorosie pubblicano uno dei loro brani più struggenti e terribili, “Child Bride”. Nel video una bambina piccola dai capelli lunghissimi viene preparata per il suo matrimonio. La protagonista viene doppiata dalla voce di Bianca Casady che recita: “It’s hard to tell / This is my wedding night / I’m dressed and ready / Despite my innocence / It’s hard to tell / Whose little girl am I. (…) He promised father / Leave me alone / Hope not too lonely / We pull away / Down a dusty road / Family waving” [“E’ difficile a dirsi/Questa è la mia notte di nozze / Sono pronta e vestita per l’occasione / Nonostante la mia innocenza / E’ difficile a dirsi / Di chi sono (ora) la piccola bambina. (…) (Lui) Ha promesso a mio padre/ Di lasciarmi stare / Spero non (mi lasci) troppo sola / Ce ne andiamo / Per una strada polverosa / Mentre la mia famiglia mi saluta”].
La bimba conclude autoproclamandosi: “I’m a good grass widow, I’m a grass widow” [“Sono una brava moglie solitaria, sono una moglie sola.”].
2019, 1500 persone vengono uccise in Iran durante le dimostrazioni in piazza contro l’aumento del petrolio e un’esistenza insostenibile.
13 settembre-31 ottobre 2019, Hiva Alizadeh inaugura la sua prima personale europea presso la galleria milanese The Flat.
Dopo un inizio come filmaker, Alizadeh si concentra sulla creazione di installazioni, adorabili, fantastiche, apparentemente miniponesche, fatte di capelli sintetici in nylon. Si tratta di pitture/sculture in cui queste cascate di colore ricordano paesaggi, profumi, mondi, orizzonti, finestre, panni stesi.
Oltre al mondo naturale, un’altra grande fonte di ispirazione per l’artista sono le vetrate delle moschee, policrome e vivide nel riflettere e filtrare pulviscoli di mondo inermi che spaziano e colpiscono profondamente.
I suoi colori sono spesso super pop, molto intensi ma le sottilissime colonne di capelli creano mescolandosi un effetto finale armonico e ipnotico. Le sue opere fanno venire voglia di toccarle, di prendersene cura, come suggerisce Jacqueline Ceresoli in un suo testo. A me viene un’irrefrenabile fregola di infilarci la faccia, come fossero fiori. Non c’è alcun muro di fatto fra queste tele pelose e i gloriosi prodotti della natura che raccogliamo crudelmente in mazzi. Alizadeh dà vita, non compone, un risultato ben al di là del transeunte che suggerirebbe la fragilità che qualche avventato potrebbe intuire. E’ poderoso e lo sarebbe anche senza i colori, anche senza capelli.
Pochi giorni fa Flavia Carlini scrive un’intervista fatta a due giovani donne iraniane che sottolineano come questa volta, tra le numerose, la ribellione è diversa ed è partita dalle donne, che le proteste in Iran non sono contro il velo ma contro il regime, il sistema.
Ultimo trimestre 2022, milioni di donne si tagliano ciocche di capelli, li spediscono ai consolati, alle ambasciate, bruciano i veli. Un vessillo di capelli al vento diventa il simbolo di questa ribellione.
Note
“Forfora e altre sventure” è il titolo di un libro di Pino Cacucci del 1997 edito da Feltrinelli.
Arianna Tinulla Milesi è artista, illustratrice multimediale e nasce a Bergamo prima della caduta del Muro di Berlino. Si laurea in Arte Bizantina alla Statale di Milano e successivamente in Arti Visive – illustrazione allo IED. Al centro della sua pratica c’è il disegno come forma mentis, un tramite e mai un fine. Collabora internazionalmente con spazi espositivi, gallerie e musei. Le interessano le interazioni, la memoria, il folklore e la devozione, la percezione della violenza e il concetto di limite. Dal 2024 collabora con l’Orto Botanico di Toscolano Maderno parte dell’Università di Milano, per promuovere il disegno sperimentale come approccio libero verso il mondo naturale e non.
Questo le ha fatto venire in mente che potesse essere una buona idea partire alla volta del Galles per partecipare alla Mawddach Residency e studiare le alghe, il suo terrore più grande. Arianna è membro del Council della Society of Graphic and Fine Art, l’organismo che si cura di promuovere l’arte del disegno dal 1919 nel Regno Unito e nel mondo. I suoi lavori sono esposti presso istituzioni artistiche in varie parti del mondo e non sempre vogliono tornare a casa. Ama Piero della Francesca e Paolo Uccello, la sua power couple preferita sono Raffaello e Pietro Bembo, la gamma di colori dal vermiglio al lampone, sulle labbra e nei vestiti, i capelli estremamente corti, Adrien Brody vestito da Salvador Dalì, accarezzare gli animali e cantare a squarciagola. Ha adottato un gatto di nome Pilade, ricama e si produce vestiti con alterna fortuna, legge Giada Biaggi e Hilary Mantel, ascolta Paolo Conte, PJ Harvey, Fred Buscaglione e prova a fare snorkeling nel lago di Garda. Tra i suoi appuntamenti per il 2025 ci sarà un percorso di ricerca come artista in residenza presso la School of Art & Design dell’Università di Nottingham Trent all’interno del progetto AA2A. Il suo motto è: “Adoro i piani ben riusciti” e “Ogne melù al g’ha la sò stagiù”.