Si percorre in poco più di un’ora la strada che da Chisinau, capitale della Moldavia, porta alla frontiera che non esiste, quella con la Transnistria o Repubblica Moldava di Pridnestrovic, nome con cui ufficialmente è conosciuta questa striscia di terra oltre il fiume Nistro (o Dnestr), al confine con l’Ucraina sud-occidentale. In realtà una frontiera esiste eccome, con tanto di garitte e guardie armate che controllano il traffico in entrata (e in uscita) nel territorio transnistro, il quale si è autoproclamato indipendente dalla Moldavia nel 1990, dotandosi quindi di proprie leggi, polizia, moneta, bandiera e inno nazionale.
La potenziale rilevanza strategica della Transnistria nell’attuale conflitto tra la Russia e l’Ucraina riporta all’attenzione internazionale questo piccolo territorio, la cui popolazione non si è mai rassegnata al processo di dissoluzione dell’Unione Sovietica. Processo a seguito del quale si costituì, tra le altre, la Repubblica di Moldavia a cui la Transnistria ancora oggi formalmente appartiene.
Vetiduemila tonnellate di munizioni stoccate durante la Guerra Fredda dai Sovietici nei pressi di Cobasna, la più grande Santa Barbara dell’Europa Orientale, erano un motivo sufficiente affichè i russi appoggiassero le istanze autonomiste dei nostalgici dell’URSS in Transinistria. In questo modo, nella primavera del 1992, la regione divenne teatro di una aspra guerra civile che vide impegnate le forze regolari dell’Esercito Moldavo e quelle della neo-costituita Repubblica Moldava di Transnistria.
Con i primi combatterono anche numerosi volontari rumeni, popolazione culturalmente e politicamente vicino alla Moldavia, ma i Transnistriani si avvalsero dell’appoggio della Federazione Russa che inviò la 14° armata, tuttora di stanza in quei territori con 1.500 militari. Le forze russe sono formalmente presenti nella regione come Peacekeepers a seguito degli accordi raggiunti con la Moldavia (anche se ancora non riconosciuti dall’ONU) nel Luglio del 1992.
Di fatto, i Russi controllano il Paese e dissuadono da una recrudescenza degli scontri, che resta comunque assai improbabile per la significativa dipendenza energetica della Moldavia. Il 70% dell’energia elettrica moldava, infatti, proviene dalla diga di Dubasari, ubicata proprio in Transnistria, mentre le maggiori importazioni di gas sono legate alla società Moldovagaz, affiliata alla Gazprom e quindi controllata da Mosca.
Attraversato il check point con un visto della durata di 12 ore (per un periodo maggiore è piuttosto complicato averlo), prima di attraversare il fiume Dnestr (Nistro), che nasce nei Carpazi a cavallo tra l’Ucraina e la Polonia e finisce nel Mar Nero, si scorge la fortezza di Tighina, la prima città oltre il confine moldavo.
Tighin, é una cittadella militare della Bessarabia, servita a Solimano il Magnifico per difendere gli Ottomani ed al Barone di Münchhausen per prendersi gioco, con le sue storie strampalate, dell’aristocrazia russa. Fu da quel fortilizio che l’eccentrico aristocratico gentiluomo tedesco (il quale è realmente esistito) spiccò il volo a cavallo di una palla di cannone che si trova ancora nel fossato del forte.
Passato il fiume, si arriva alla capitale, Tiraspol, 150.000 anime più o meno vive, che ancora vagano tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. Parlano il russo ed usano il rublo (della Transnistria) al di là del Dnestr, una moneta inutilizzabile al di fuori della regione.
Arredano le loro strade, dedicate agli eroi della Rivoluzione d’Ottobre, con le bandiere della Federazione Russa. Anche se, di tanto in tanto, ne sventola anche qualcuna dell’Ossezia del Sud e dell’Abcazia (territori georgiani annessi alla Russia nel 2008) e del Nagorno Kharabach (entità autonoma in seno all’Armenia). Al pari della Transnistria, tutti questi paesi orbitano politicamente intorno alla Federazione Russa.
Ma con il loro passaporto i Transinistriani al massimo vanno in Moldavia, al di là del fiume, per lo più a contrabbandare il brandy Kvint, così famoso da finire sulla moneta da 5 rubli e che al di là del Nistro costa il doppio. Per averne uno che serva a qualcosa devono dimostrare un qualche legame con la Russia, con l’Ucraina, o con la Moldavia, ovvero i paesi dove abitano i tre maggiori gruppi etnici a cui appartengono i 450.000 abitanti della regione.
La città però è in fondo tranquilla, anche se a 20 km da lì c’è un Paese impegnato in una guerra di cui loro non sembrano preoccuparsi.
Parchi e ampi viali ricordano gli spazi creati dall’architettura del razionalismo socialista che ha ispirato per anni tutta l’Europa dell’est. Ma è solo a Tiraspol che come ti giri, hai addosso gli occhi di Lenin scolpiti nel marmo e nel bronzo.
Oltre a quelli tristi degli abitanti di questa striscia di terra stretta tra l’Ucraina e il fiume Dnestr, a cui il destino e la geopolitica hanno rubato il tempo.
Avvocato e giornalista, coltivo un’antica passione per l’America Latina e l’Europa Orientale. Ma resto comunque convinto che non esista un paese che non valga la pena di essere visitato. E mi sono regolato di conseguenza. Siccome arriva sempre il momento in cui ti rendi conto di sapere meno di quanto pensi, mi sono rimesso a studiare e quelle quattro cose che so ho deciso di spacciarle su Deep Hinterland. Senza pretese che esse siano risolutive dei dubbi di chi legge, anche perché penso che ognuno farebbe bene a tenersi stretti tutti i suoi affanni. Alla fine, sono convinto, tornano sempre utili.