
Un paio di giorni fa si è creato un casino immane su questa vignetta dell’usualmente bravo Andrea Bozzo, partito da un articolo abbastanza delirante di Gaypost.it (una cosa di uno strumentale inverosimile, che tra l’altro della vignetta in sé parla relativamente poco), endorsement della Cirinnà che non ci ha capito una mazza, passata per le segnalazioni di massa della stessa vignetta con annessa rimozione + shitstorm e terminata con la solita pelosissima difesa d’ufficio dei soliti finti liberali, che non vedono l’ora di derubricare a battaglia ideologica pure il campari gin, e dei santi laici de sinistra che gli altri sono tutti sempre stronzi tranne gli amici loro e il politically correct dei moralizzatori non se ne può più (CHE.PALLE.RAGA).

Ora, che il livello di capacità di fraintendimento sui social sia ai massimi livelli è fisiologico al medium – per come funziona l’algoritmo e per il fatto forse che abbiamo anche gli insegnanti di scuola superiore no-vax – e ho letto dare interpretazioni fantasiosissime all’opera, da “vuol dire che chi usa la schwa è un talebano” al fatto che “vuol dire che i cambiamenti linguistici cancellano le donne al pari del fondamentalismo” oppure tirare in ballo il ddl Zan (Not easy. I’m impressed). Tutta roba che, nel tempo, potrebbe diventare un caso di studio molto interessante per il prossimo The Social Dilemma.
Certo, è abbastanza evidente che siano tutte puttanate e che la vignetta stia prendendo in giro semplicemente la propaganda finto progressista dei nuovi talebani, e per farlo sceglie di usare un paradosso sul “rainbow washing” tanto caro ai brand commerciali. Una cosa tutto sommato legittima, se chiedete a me.
Però, però.
Il punto è che invece di creare solo paradosso sui fondamentalisti che provano a spacciarsi per moderati, la battuta aderisce anche a un frame in cui il linguaggio inclusivo viene rappresentato, appunto, come un washing e nulla più.
Quasi sicuramente non era quella l’intenzione esplicita dell’autore, ma l’opera artistica di qualcuno, osservata neanche tanto a fondo, lascia capire molto di lui.
E questo lavoro fa trasparire un bias francamente preoccupante nei confronti di certi cambiamenti linguistici, che ormai pare tipico di quasi tutti noi maschi etero cisgender over 40. E lo dico con cognizione di causa perché mi riguarda da vicino, non solo per la deformazione professionale per cui analizzo le demografiche target anche quando prendo il caffè ma perché io in primis, da over 40, ho problemi con gli asterischi e la schwa, e certe nuove prassi mi paiono esagerate o un po’ ridicole di riflesso.
Va considerato però dall’altra parte c’è gente che si è vista trattare come dei freak o soggetta a gender gap per decenni e, se quel tipo di linguaggio fa parte di un processo di inclusione che renda la loro esistenza più semplice e/o meno soggetta a disparità, non siamo proprio noialtri privilegiati da quattro soldi a dover dare lezioncine. Tantomeno il gomitino con gli amici al bar mentre usiamo gli asterischi a sproposito come una pagina facebook reazionaria gestita da incel.

Se c’è la shitstorm non è perché i movimenti lgbtq+ o transfemministi sono i nostri talebani (quelli sono, strutturalmente, in FDI e Lega, che non è proprio la stessa cosa) ma perché da quella parte c’è forse gente che si potrebbe essere un po’ rotta del nostro umorismo da vecchi rimbambiti che da tempo immemore ruota solo intorno al nostro uccello.
Le reazioni sono state esagerate? Molto probabilmente. Controproducenti? Di sicuro.
Ma se in mezzo a tutti i fenomeni da baraccone spacciati per intellettuali, filosofi, politici o classe dirigente che i social ci sbattono davanti tutti i santi giorni, grotteschi come nient’altro, non trovi nulla di meglio della schwa su cui farti due risate po’ esse’ che il problema sei anche un po’ te.
(Io personalmente avrei optato per una vignetta con il talebano che ripeteva qualcosa tipo “Io sono Abdul, sono un uomo, sono un padre, sono afghano, sono musulmano” sul palco al microfono con la bandiera dell’emirato, perché quella sì che mi pare una normalizzazione conservatrice, ma far ridere non è il mio mestiere).
E lo capisco che adattarsi a dei cambiamenti così repentini sia una cosa che fa incazzare (tranne quando ordiniamo su Amazon e arriva la roba il giorno dopo, immagino), che non si insegnano trucchi nuovi ai cani vecchi e bla bla bla, ma adesso il mondo a questa velocità si muove e continuare a fare le barricate sui bei tempi andati e signora mia non si può più dire niente ci fa somigliare ai nostri nonni che non volevano imparare a programmare il videoregistratore e chiamavano noialtri per farlo al posto loro (o peggio, ai negazionisti del global warming, quelli che mentre gli va a fuoco il culo ancora ridacchiano sul presunto asperger di Greta Thunberg).
Diciamocelo una volta per tutte: i bei tempi andati non sono mai esistiti, i valori con cui siamo cresciuti noi genxer/boomer non sono proprio tutto ‘sto granché, per una buona porzione della popolazione mondiale la situazione è stata una merda per troppo tempo (da qualche parte continua a esserlo), se pensate che esista la dittatura del politicamente corretto vi dovete recuperare qualcosa di Eric Andre e la vignetta incriminata è purtroppo una robetta un po’ scema comunque la giri.
Siamo dalle parti della cazzatina di Gipi sulla violenza di genere di qualche mese fa, se non s’era capito (casualmente anche lui nella stessa demografica di Bozzo, tu pensa), al quale a suo tempo consigliai di farne una identica sostituendo le due donne protagoniste con due uomini di colore, vittima e poliziotto in stile USA, e poi guardarsi un attimo allo specchio (non mi ha ascoltato, non so se perché era una idea stupida o perché non conto un cazzo).
Con la differenza che là almeno l’autore provò a dibattere con alcuni suoi detrattori, qui invece l’altro ha risposto alla polemica con una strip di scuse in cui si dispiaceva di aver offeso i talebani, legittimando paradossalmente una delle interpretazioni più astruse date alla vignetta originale, ovvero che nella sua visione i movimenti lgbtq+ siano fondamentalisti. Io così.

Tra l’altro il suo post originale, oltre a essere stato ripostato da profili/pagine di estrema destra o omotransfobiche, è piaciuto un sacco a quelli del Foglio e Linkiesta, che non sono scemi come i primi, hanno solo un’agenda di delegittimazione metodica sulle istanze intersezionaliste. Dichiarata.
Per citare Harley Queen nel nuovo Suicide Squad: “Kind of a red flag“. O no?
Poi è del tutto possibile che io abbia scritto un’accozzaglia di stronzate, che il bias sia del tutto mio nel vedere quasi tutti gli over 40 biased di default verso il linguaggio inclusivo, e in un mondo utopico della questione dovrebbe essere autorizzato a parlare solo Immanuel Casto. Non lo so.
Però se qualcuno ha voglia di aggrapparsi al diritto di satira dopo aver fatto una battutina da due soldi consiglio vivamente di a) andare a guardare chi la satira spregiudicata la fa subendo anche conseguenze serie e b) rileggersi i maestri, perché qui mi sa che ci tocca tornare tutti a settembre.



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