Diventare capolavori: elogio di Wanna Marchi e Saul Goodman

Il recente documentario Wanna, dedicato alla figura di Wanna Marchi e realizzato da Alessandro Garramone per Netflix, ha dimostrato ciò che l’Italia fa ancora fatica a riconoscere. Cioè che la più recente storia italiana, ovvero quella iniziata con l’avvento delle televisioni private, a differenza di come racconta il luogo comune, non rappresenta la morte di una cultura. Al contrario, l’epoca che va dai tardi anni Ottanta ad oggi è stata un ricettacolo di situazioni, personaggi, immaginari, ma soprattutto di storie. E’ stata quindi ciò che potremmo definire una ricchissima fonte di produzione culturale.

Wanna è quindi un raro caso di racconto del nostro recente passato che, a differenza della prassi televisiva italiana, non si adagia di su uno sguardo manicheo, sulla condanna o l’agiografia di un personaggio. E’ invece un film che affronta criticamente e con passione un personaggio pieno di ambiguità, senza aver paura di riconoscere in lei un profondo fascino.

Ciò non poteva che essere naturale e quasi spontaneo per una pellicola che vuole raccontare una personalità come quella della Marchi. Perché, a conti fatti, la vita della televenditrice nostrana per eccellenza e la sua conseguente ascesa e discesa nel mondo dello spettacolo ha sempre posseduto i tempi e le caratteristiche non solo di un grande racconto, ma di un vero e proprio spaccato di ciò che l’Italia è stata negli ultimi trent’anni.

Per dimostrare quanto, effettivamente, la vita vera della Marchi e le sue diramazioni televisive fossero già un vero e proprio spettacolo “naturale” potremmo azzardare un gioco di parallelismi con quella che negli ultimi anni è stata la serie TV per eccellenza, ovvero Better Call Saul. Innanzitutto, lo show di Vince Gilligan, spin off di un’altra serie di culto, Breaking Bad, ha da sempre lavorato sulla formazione e definizione di un suo microcosmo. Personaggi assurdi, gerarchie e meccanismi di potere, intricate tele di rapporti umani ed un elevato senso di coralità sono sempre stati centrale nelle vicende dell’avvocato di Albuquerque.Tutto ciò traspare con forza anche nella serie documentaristica di Garramone.

Il percorso di Wanna Marchi è stato anch’esso definito da personaggi sopra le righe, ambigui, complessi, a tratti poco credibili, e si è compiuto in un campo di forze in continuo confitto tra di loro. Basti pensare all’assurdo incontro con il Maestro Do Nascimento, o al Marchese berlusconiano Attilio Capra de Carrè, protagonisti di passaggi fondamentali nel percorso di Wanna.

Altro parallelismo fondamentale è il tema del doppio. Un doppio lontano sia dall’archetipo eroico dell’Ottocento Romantico che da quello del Post-modernismo Novecentesco, a cui al massimo era accostabile il protagonista di Breaking Bad, Walter White. Il doppio prodotto da Saul Goodman è un doppio continuamente cangiante: un incessante gioco di maschere, cambi di costume, ed un divenire costante che al massimo potrebbe risultare lontano parente del teatro Pirandelliano. Un tragitto, insomma, costituito da molteplici partizione, al cui inizio ed alla cui fine si (ri)trovano Jimmy McGill e, per l’appunto, Saul Goodman.

 

 

 

 

 

 

 

Ma anche Wanna è sempre stata Wanna e pure lei, a modo suo, ha dovuto e voluto cambiare forme, facce, modalità comunicative, allo scopo tanto di vivere quanto di sopravvivere ad un grande spettacolo durato una vita. E nel fondo di questo trasformismo il dilemma etico, una soglia da non passare mai su cui girare sempre e continuamente intorno.

Ciò che in fondo accomuna Wanna e Saul è quindi, in ultima ultima analisi, il loro modo di intendere la vita e la propria personalità. In teoria venditori o avvocati, entrambi i personaggi sono persone di spettacolo nella pratica, nel senso di gente che ha reso la propria vita uno spettacolo, grazie al loro gioco mutevole di maschere, ma anche al loro modo di comunicare, esprimersi, modulare la realtà, giocare con la finzione, e confondere lo storytelling con la manipolazione.

 

 

 

 

 

 

 

A conti fatti sia Saul Goodman (nella fiction) che Wanna Marchi (nella realtà, ma quale sarebbe la differenza?) hanno sacrificato le propria umanità per diventare personaggi. Entrambi hanno spinto al limite la propria etica, rendendosi senza dubbio più interessanti e culturalmente rilevanti di quanto non sarebbero mai potuti essere al di fuori da questi meccanismi spettacolari.

Ed è questo il motivo per cui abbiamo adorato Saul Goodman ed il motivo per cui abbiamo seguito con trasporto la vita di Wanna Marchi. Per citare Carmelo Bene, un altro grande uomo di spettacolo, Saul e Wanna, quindi, “hanno smesso di produrre capolavori per essere essi stessi dei capolavori.”

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