Gli scatti di Giulia Stanciu al Cimitero Allegro (Cimitirul Vesel) del villaggio di Săpânța, nel distretto di Maramureș in Romania, si inseriscono in un più ampio progetto (TRIANGULUM / Morte Memoria Resurrezione) quale complesso organico di fotografie a metà strada tra documentazione antropologica e lirica visiva. Ogni cimitero mette in scena un diverso modo di rappresentare la morte: drammatica, divertita, patetica, poetica, irriverente, pagana, religiosa, atea. Ogni cimitero ha il suo spirito, la sua vocazione, il suo stile. Ogni cimitero ha il suo linguaggio, le sue metafore, le sue allegorie. Ogni cimitero ha le sue tombe famose, di poeti e scrittori, ma anche quelle dei “vicini casuali” che “sono invadenti e vogliono entrare nella foto”.[1]
Nel Cimitero Allegro di Săpânța prevale il naïf, la rappresentazione scanzonata e gaia, in un contesto rurale, quanto di più diverso dalla monumentalità di certi cimiteri metropolitani. Le tombe sono state dipinte allegramente con scene di vita passata del defunto ed attraverso icone spesso ironiche ed irriverenti, sovente accompagnate da epitaffi umoristici. Qui tutto è periferico, lontano dai clamori della società industriale e standardizzata, il ricordo è quello di pochi, in un microcosmo contadino, un mondo chiuso in un solo villaggio.
La letteratura sui cimiteri e su ciò che rappresentano è vastissima. Da sempre i cimiteri hanno rappresentato un modo per perpetuare la vita di chi muore ed al contempo alleviare la sofferenza di chi resta: “All’ombra dei cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?” è la domanda con la quale Ugo Foscolo inizia il suo carme I Sepolcri. Ai versi 41-42, il poeta ricorda: “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha nell’urna; (…)”. Certamente le arti hanno avuto la capacità di trasformare la morte in vita eterna: “Ora, se le religioni, i riti, le liturgie e le magie hanno forzato il mistero della morte, se le scienze ne hanno scrutato l’essenza e la vicenda fisica, le arti – dalla poesia all’architettura – l’hanno, in un certo senso superata esaltandone l’orrore e lo splendore, tramutando materialmente l’opaca immobilità in azione perenne, il silenzio in eloquenza, il disfacimento in costruttività vittoriosa, la frigida assenza in memorabile presenza.” [2]
C’è chi – come Mircea Eliade[3]– rimarca la dicotomia Sacro/Profano e considera il Cimitero come “spazio sacro”, di contro il caos: il cimitero segna un percorso, stabilisce un dialogo interiore, induce a riflettere sulla fragilità della nostra esistenza. Sacralità della vita e mistero della morte sono i temi prediletti. È la IEROFANÌA[4], la manifestazione del sacro: il cimitero è un luogo-spazio sacro, il luogo in cui tutto ciò che è nato ritorna alla Terra, immettendosi in un nuovo ciclo, e la croce è la grande guida, delinea ordina e misura gli spazi sacri come i templi, delinea i luoghi della città, attraversa i campi ed approda infine nello spazio sacro per eccellenza, che è il cimitero stesso.
Attraverso la fotografia Giulia Stanciu ripercorre le tracce del sacro e del profano, stabilisce relazioni ed evidenzia dissonanze, ritrae croci ed altre sacre simbologie, e tuttavia rappresenta anche tutti quegli elementi di “contaminazione” che secondo diverse modalità e/o espressioni manifestano comunque il senso dell’umanità di fronte alla morte.
Le foto di Săpânța di Giulia Stanciu fanno da contraltare emotivo e sentimentale rispetto alle foto degli altri cimiteri da lei visitati e fotografati per TRIANGULUM, dove a prevalere sono i sentimenti del Tremendum (il pauroso) e del Mysterium (il meraviglioso), della Maiestas (potenza, infinita superiorità) e della Fascinans (la fascinazione di una realtà ultima, il trascendente), infine del Sublime (l’altezza inaccessibile di colui che è nei cieli), categorie queste sulle quali ha scritto il teologo Rudolf Otto[5].
TRIANGULUM / Morte Memoria Resurrezione è un progetto artistico complesso, di contenuti densi e di grande impatto emotivo, ma soprattutto con una forte valenza estetica, sublimata dall’essenzialità del bianco e nero. Tuttavia, per DEEP HINTERLAND si è pensato di pubblicare le foto del Cimitero Allegro di Săpânța a colori, al fine di restituire pienamente lo spirito gaio di questo luogo. Intervistata sul significato dei colori nel Cimitero Allegro, Giulia Stanciu ha ricordato che: “Le croci sono state dipinte per proteggere il legno, con colori vibranti affinché questi resistessero più a lungo allo scorrere del tempo. I colori utilizzati sono colori per campiture nette, senza sfumature, colori “poveri”, utilizzati appunto senza essere miscelati. Blu, bianco, giallo, verde, rosso. Ma prevalentemente blu, perché a seguito dell’occupazione austro-ungarica si è voluto contrassegnare i defunti ungheresi con il colore verde e quelli rumeni appunto con il colore blu. E poi già in passato le case della Transilvania erano dipinte tipicamente in blu. Inoltre si può anche immaginare che il blu sia il colore del cielo, i contorni rossi rappresentino le linee della vita. Sulle croci sono anche presenti elementi decorativi con motivi geometrici, floreali, animali, cosmici. La prima croce del cimitero di Săpânța risale al 1932.”
Photographer: Giulia Stanciu
Location: Merry Cemetery (Cimitirul Vesel), Săpânța (Maramureș – Romania)
Giulia Stanciu nasce nel 1984 a Zalau nella regione storica della Transilvania, in Romania. Vive e lavora a Vienna. È laureata in Filologia romanza presso la Facoltà di Filologia e Studi culturali dell’Università di Vienna con una tesi sul “Mistero della Transizione”. Nel 2017 ha realizzato un reportage fotografico presso il Merry Cemetery (Cimitirul Vesel) nel villaggio di Săpânța, nel distretto di Maramureș in Romania. Questo lavoro costituisce una sezione importante del progetto internazionale e multidisciplinare TRIANGULUM / Morte Memoria Resurrezione, insieme agli artisti Max Marra e Massimo Maselli. Fotografa per passione, ha partecipato ad eventi fotografici nazionali ed internazionali. Nel 2018 ha documentato fotograficamente presso la Karl Schubert Schule di Vienna le attività creative svolte da adolescenti con bisogni speciali di apprendimento secondo i dettami pedagogici e antroposofici di Rudolf Steiner.
Note
[1] Cees Noteboom, Tumbas. Tombe di poeti e pensatori, Ed. Iperborea, 2015, pag. 16.
[2] Roberto Aloi, Arte funeraria d’oggi. Architettura monumentale ° Crematori ° Cimiteri ° Edicole, Ed. Hoepli, Milano, 1959, pag. IX.
[3] Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Ed. Bollati Boringhieri, Torino,1973, pag. 19.
[4] Ierofanìa: dal greco antico hierós, “sacro”, e phainein, “mostrare”.
[5] In Eliade, op. cit.

Cosentino di nascita, sopravvivo a Roma, estrema propaggine di Calabria. Artista visivo, da qualche anno in prestito alla fotografia, mi accorgo di continuare a dipingere anche quando scatto foto. La verità è che non capisco mai nelle cose che faccio dove inizia e finisce la pittura, dove la scenografia, la ceramica, la scultura, la fotografia. Capita pure di essere premiato, così è successo nel 2005, nell’ambito della III Biennale Internazionale della Magna Grecia di San Demetrio Corone (CS). Ho voluto che il dipinto presentato in quell’occasione, “Bastardo a Sud”, fosse l’immagine emblematica della mia rubrica su DEEP HINTERLAND: quale immagine migliore per i miei “percorsi artistici marginali”?