Il gatto di Deng Xiaoping e le origini della Cina di oggi

E’ emerso dalle macerie della Rivoluzione Culturale ereditando un Paese povero, sovrappopolato e largamente agricolo, ma è a lui che si deve il miracolo economico cinese. Deng Xiaoping, l’architetto della Cina contemporanea, è nato nel 1904 nella regione orientale dello Sichuan, terra di Panda giganti e mangiatori di fuoco.

Primo di sette fratelli, cambiò il proprio nome da Xixian a Xiaoping a soli 16 anni per  nascondere le origini benestanti della sua famiglia. Nel 1920, riuscì ad ottenere una borsa di studio/lavoro per la Francia. Si trasferì poco dopo a Mosca per studiare all’Università Sun Yat-Sen, una scuola dell’Internazionale Comunista (per ironia della sorte intitolata al fondatore dei futuri nemici del Kuomintag, che aveva deposto l’ultimo imperatore del Celeste Impero e traformato la Cina in una repubblica parlamentare nel 1912), dove i giovani intellettuali cinesi studiavano la dottrina marxista-leninista, ma anche il modus operandi della gestione politica da parte dei soviet al potere.

La Provincia cinese di Sichuan, terra natale di Deng Xiaoping. Fonte: Encyclopedia Britannica, 2014.

Tuttavia anche il periodo “francese” aveva contribuito a formare il giovane Deng. Particolarmente interessato alle conoscenze tecnico-industiali europee, aveva realizzato che quelle applicazioni potevano aiutare anche la Cina ad uscire dallo stato di arretratezza economica in cui versava.

Una volta rientrato in patria nel 1927, Deng dunque poteva contare sia su di una solida formazione ideologica marxista-leninista che sulle sue riflessioni afferenti ai modelli di industrializzazione capitalistici, che peraltro aveva imparato personalmente lavorando in fabbrica a Parigi.

Catena di montaggio in una fabbrica francese degli anni ’20 dello scorso secolo, simile a quella dove lavorò come operaio il giovane Deng Xiaoping.

Tornato in Cina, iniziò ad assumere incarichi militari, guidando diverse rivolte contro il governo dei nazionalisti di estrema destra che controllavano all’epoca il paese, dopo aver partecipato in qualità di leader alla Lunga Marcia. Questa fu in realtà fu una grande ritirata dell’Esercito Popolare di Liberazione, ordinata da Mao Zedong per sfuggire agli accerchiamenti delle truppe di quel Chang Kai-Schek che, una volta sconfitto nel 1949, fuggì sull’isola di Taiwan per fondare la Cina Nazionalista, de iure riconosciuta solo da 13 Paesi al mondo, tra cui la Santa Sede.

Pur non avendo mai ricoperto formalmente la carica di Presidente della Repubblica Popolare Cinese, con alterne fortune Deng è stato da allora uno dei protagonisti indiscussi della storia del suo paese.

L’Assemblea Nazionale del Popolo, ovvero il Parlamento della Repubblica Popolare Cinese con sede a Pechino. Fonte: Wikipedia.

Ma è da dopo la morte di Mao Zedong nel 1976, che Deng, con  il suo solido pragmatismo, ha di fatto guidato il paese ad uscire dalle macerie della Rivoluzione Culturale, facendosi promotore di riforme economiche che, cercando una terza via fra liberismo occidentale e socialismo reale, legalizzavano l’esistenza di aziende capitaliste in Cina, pur monitorandone rigidamente la gestione dall’alto sulla base dei Piani Quinquennali di volta in volta stabiliti dai burocrati comunisti di Pechino. Le riforme di Deng aprirono quindi la strada a quella che ancora oggi viene definita “l’economia di mercato socialista”, che in seguito venne adottata anche da molti dei paesi tuttora nell’orbita cinese come il Vietnam, la Birmania e, in misura leggermente minore, la Cuba di Raul Castro.

Deng è stato infatti un feroce critico di Mao, ripudiandone tanto l’autocratismo di fondo quanto molte delle sue riforme più ambiziose sul piano economico e sociale. Fra queste il contestato “Grande Balzo in Avanti”, un progetto teso a favorire la produzione industriale in Cina a scapito di quella agricola che aveva finito per provocare decine di milioni di morti a causa delle carestie che ne erano seguite. Allo stesso modo, Deng fu anche un feroce detrattore della cosiddetta “Rivoluzione Culturale”, attraverso la quale Mao tentò negli anno ’60 di frenare l’ondata controriformista in seno al proprio partito.

Deng Xiaoping assieme alla giornalista italiana Oriana Fallaci, che lavorò per lui come interprete nel 1980. Fonte: Zhang WeiWei, Huffington Post.

Ebbene Deng, nell’arco di 10 anni, avvalendosi delle strutture burocratiche e istituzionali della Cina più che del culto della personalità utilizzato da Mao per esercitare il potere, concentrò tutti i suoi sforzi al raggiungimento di tre obiettivi: migliorare le condizioni di vita dei cinesi, aumentare la produttività del paese e potenziare la sicurezza nazionale.

Nel 1979, adottò a modello di sviluppo, mutuandole dall’esperienza americana, le ZES (zone economiche speciali) concentrandole nelle aeree produttive del Guandong e Fujian. Successivamente, questo modello, utilizzato soprattutto per attrarre investimenti stranieri e regolato da un’economia di mercato, è stato adottato (in diversa misura) da oltre 100 stati nel mondo. In Cina, questo esperimento economico aprì la strada all’idea di “un Paese, due Sistemi”, secondo la fortunata formula attribuita a Deng e concretamente realizzata ad Hong Kong (allo scadere del protettorato inglese) nel 1997 e a Macao (con la restituzione ai cinesi della colonia portoghese) nel 1999, sperando che anche Taiwan potesse aderire, cosa attualmente molto improbabile.

L’attuale skyline di Macao, Repubblica Popolare Cinese. Fonte: Cathay Pacific.

Eminenza grigia dalla vita istituzionale picaresca, Deng Xiaoping ha attraversato indenne tutta la storia cinese dello scorso secolo. Con l’aiuto dell’ex Primo Ministo maoista Zhou Enlai, ritorno’ in politica alla fine degli anni ’70 nonostante l’avversione di Zedong, combattendo (e sconfiggendo) la Banda dei Quattro che ambiva al potere alla morte del Grande Timoniere. Superò l’ostilità dall’allora Segretario del Partito Comunista Cinese Gua Gofeng senza però fargli le scarpe, favorendo piuttosto l’ascesa al suo posto di due suoi fedelissimi: Zhao Zhiang e Hu Yaobang. Scampò rocambolescamente a cinque attentati.

Ma soprattutto passò indenne ai fatti di Piazza Tienamen, nonostante la feroce repressione con cui trattò le proteste gli valsero le vibranti disapprovazioni da parte di tutto il mondo.

La celebre foto-simbolo degli scontri fra manifestanti ed esercito a Piazza Tienanmen, Pechino, nel 1989. Fonte: Wikipedia.

Non era tempo per la Cina – e non lo è ancora – di rivendicare libertà civili. Lo sviluppo economico era (ed è) il primo obiettivo del Dragone. La Cina degli ultimi 30 anni ha focalizzato su questo la sua azione politica.

Negli ultimi tre decenni, si sono succeduti solo 3 Presidenti che sono anche stati Segretari del PCC. Da Jiang Zemin a Hu Jintao, per arrivare all’attuale Xi Jinping, l’obiettivo principale perseguito dalla governance cinese è stato quello di affermarsi come potenza globale in tutti i campi. E’ in fondo proprio questo ciò che voleva il pragmatico Deng. Uno che aveva sentenziato che non aveva nessuna importanza di che colore fosse il gatto: l’importante era che catturasse il topo.

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