Duro’ dal 1519 al 1522 quel primo incredibile periplo della terra che vide come protagonisti assoluti Ferdinando Magellano e Antonio Pigafetta. Patrizio vicentino, scrittore ed umanista, quest’ultimo di quel viaggio tenne un prezioso diario, intitolato per l’appunto Relazione del primo viaggio intorno al mondo.
In realtà fu solo lui, con pochi altri, a portare a termine l’impresa, dato che Magellano morì prima di concludere il viaggio, ferito da una freccia avvelenata durante una battaglia con gli indigeni da lui stesso provocata sull’isola di Mactan, nelle Filippine. Era il 27 Aprile 1521.
Diciasette mesi dopo, il 6 Novembre del 1522, quel che rimaneva dell’equipaggio e della flotta partita da Siviglia il 10 agosto del 1519 (diciotto uomini, tre indigeni moluccani ed una sola nave), al comando del basco Juan Sebastian Elcano, giunse sulle coste andaluse di Sanlucar de Barrameda. Tra di loro anche Pigafetta.
La Armada de Maluco, salpata con 237 uomini e 5 navigli, era composta dalla nave ammiraglia Trinidad, comandata da Magellano stesso, la San Antonio, la Concepcion, la Victoria e la Santiago. La Victoria fu l’unica a far ritorno dopo aver circumnavigato il mondo intero per la prima volta nella storia dell’umanità.
Antonio Pigafetta aveva 23 anni quando giunse in Spagna al seguito di Francesco Chiericato, nunzio apostolico presso Carlo V, divenuto proprio quell’anno Imperatore del Sacro Romano Impero, oltre che Re di Spagna. Fu lì che apprese di quel viaggio che il nobile portoghese Fernando de Magalahes, postosi sotto la protezione della corona spagnola, si apprestava ad intraprendere verso le isole indonesiane delle Molucche. Il navigatore era sicuro di poter raggiungere queste terre d’oriente tanto favoleggiate quanto ricche da Ovest, convinto che l’arcipelago fosse ricompreso nella sfera di influenza spagnola come questa era stata definita dal trattato di Tordesillas.
Pigafetta non aveva esperienze di navigazione, ma solo conoscenze teoriche di cartografia e astronomia oltre all’amore per la conoscenza affinata da ottimi studi umanistici. Ma soprattuto il vicentino era animato da una vera passione per le scoperte geografiche che tra la fine del ‘400 e la metà del ‘500 affascinarono gli uomini colti del rinascimento europeo. Grazie ai buoni uffici del prelato presso cui prestava servizio, riuscì ad imbarcarsi proprio sulla Trinidad, la nave posta al comando di Magellano stesso, del quale divenne attendente.
In realtà, il suo ingaggio fu come sobresaliente, termine con cui si indicavano i membri dell’equipaggio imbarcati in soprannumero, senza incarichi precisi. Incarichi che, nella marineria del ‘500 erano sostanzialmente due: marinaio o vogatore. Ma Pigafetta, in ragione della sua cultura e delle sue abili qualità diplomatiche divenne ben presto anche il portavoce di Magellano, di cui era alle dirette dipendenze.
Uomo curioso e cronista premuroso, nella sua Relazione, Pigafetta annotava qualsiasi cosa accadesse intorno a sé, a qualsiasi latitudine, in qualunque circostanza. Costumi, lingue, pratiche funerarie o sessuali, tutto ciò che rappresentava la cultura delle genti che conobbe fu descritto minuziosamente e asetticamente, senza indugiare in giudizi, alla maniera di Erodoto, come un perfetto cronista storico, se non una sorta di antropologo ante litteram.
Un testo affascinante, infarcito di venetismi, aulici fonemi castigliani, vivide locuzioni lusitane e soprattutto scritto utiizzando il sabir, la lingua franca in uso al tempo nella marineria del Mediterraneo, costituita da un lessico prevalentemente italiano, spagnolo e arabo a struttura grammaticale semplificata, indispensabile per i contatti umani e gli scambi commerciali tra genti proveniente da tutto il mondo.
Nella Relazione poi non mancavano rotte e dati per la navigazione che si rivelarono utili per i futuri naviganti, seppure il navigatore vicentino prediligesse la descrizione antropologica a quella nautica.
Giunto come detto a Siviglia insieme ai pochi superstiti della spedizione, Pigafetta da lì si recò a Valladolid dove l’imperatore Carlo V teneva la sua corte. Offrì proprio al sovrano la prima stesura della Relazione, la più completa, dati i continui rimaneggiamenti delle versioni posteriori, oltre ad alcuni reperti raccolti durante il viaggio di forte valore culturale ma di scarso valore economico, a riprova della forte vocazione etnografica del navigatore.
Anche se in ritardo, pure in Italia le peripezie del nobile vicentino suscitarono molto interesse, soprattutto presso la corte dei Gonzaga a Mantova e presso il doge di Venezia, dove venne riconosciuta la straordinarietà dell’impresa. Poco altro si sa di Antonio Pigafetta, uomo straordinario, mai veramente considerato come avrebbe meritato.
Secondo alcuni sarebbe morto di peste nel 1527 nei pressi di Roma. Altri ritengono invece che sarebbe scomparso nel 1531 durante uno scontro navale tra i cavalieri dell’Ordine di Rodi, cui apparteneva, e la flotta ottomana la largo di Modone, sulla costa greca.
E’ trascorso quasi mezzo millennio dalla morte di quest’uomo straordinario di cui non si conoscono con certezza neanche le reali fattezze. Fra i primi (assieme agli altri sopravvissuti del suo equipaggio) ad aver circumnavigato il globo terraqueo attraverso il passaggio a Sud-Ovest, svelando le più ignote latitudini della terra e dell’animo umano, lasciando ai posteri un resoconto di quel viaggio attraverso tre oceani, descrivendo una moltitudine di genti incontrata in tutti gli angoli del mondo.
Aveva dato una forma quasi scientifica alle sue osservazioni, convertendo le fantastiche narrazioni marinare in resoconti razionali, ma anche densi di suggestioni linguistiche e non privi di un certo lirismo, di quello che poi sarebbe diventato il cosiddetto villaggio globale. Un genio rinascimentale, mosso non solo dall’amore per la conoscenza ma anche dal gusto per l’avventura che, rendendo di fatto il mondo un posto più piccolo, ha indicato la sapienza ed il coraggio (e non la brama di ricchezze che invece ispirava tanti altri conquistadores) come bussole per attraversare l’esistenza e non solo gli Oceani.
Avvocato e giornalista, coltivo un’antica passione per l’America Latina e l’Europa Orientale. Ma resto comunque convinto che non esista un paese che non valga la pena di essere visitato. E mi sono regolato di conseguenza. Siccome arriva sempre il momento in cui ti rendi conto di sapere meno di quanto pensi, mi sono rimesso a studiare e quelle quattro cose che so ho deciso di spacciarle su Deep Hinterland. Senza pretese che esse siano risolutive dei dubbi di chi legge, anche perché penso che ognuno farebbe bene a tenersi stretti tutti i suoi affanni. Alla fine, sono convinto, tornano sempre utili.