Il teatro dei figuranti e l’eterno ritorno del 25 Aprile

L’Italia è quello strano Paese nel quale i problemi (specie quelli solamente percepiti) vengono discussi solo quando si ripropongono. Allora, per un tempo ben determinato, nella stampa, nella televisione e nei pubblici consessi quella difficoltà diviene argomento di animata discussione. Poi, come se niente fosse, l’argomento perde subito di interesse e scompare.

Un caso calzante è la diatriba che, dalla fine delle ostilità, suscita l’anniversario della liberazione dal Nazifascismo e cioè festa del 25 aprile. In prossimità di quella data, le forze politiche, ma anche organizzazioni in ipotesi apartitiche come l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), si ricordano di quell’evento e ricominciano a parlare del fascismo quale eterno problema nazionale e di come occorra combatterlo per l’affermazione dei diritti della collettività.

Il corteo organizzato dall’ANPI a Roma nel 2023 in occasione del 25 Aprile. Photo credit: La Repubblica.

Dall’avvento di maggioranze politiche caratterizzate da partiti che si richiamano al Movimento Sociale Italiano e/o dalle esperienze politiche del defunto Silvio Berlusconi queste ricorrenze diventano sempre più spesso anche un’occasione, forse la migliore (essendo per di più a costo zero), per sostenere e riaffermare una ipotizzata purezza ideologica ed etica. Nel resto dell’anno questi movimenti politici si dimenticano in massima parte della propria trasparenza ideologica ed agiscono, specie in politica estera ma anche in determinati settori interni, dimentichi della autoproclamata patente di forze antifasciste.

Vi è poi il caso, al momento emblematico, di diversi intellettuali ed ideologi radicali dell’antifascismo che, da una parte, non si oppongono alle politiche dichiaratamente fasciste d’uno stato estero (la Russia) che martorizza, offende, deruba, e violenta la popolazione confinante e, dall’altra, accusano l’attuale Presidente del Consiglio di essere una presunta neonazista o similia. E c’è anche il caso di quello che è stato per decenni il principale partito della sinistra parlamentare italiana, il quale però ha patrocinato politiche immigratorie quanto meno irrispettose dei diritti degli sventurati che provano ad entrare nei confini europei. Un celebre esponente di quel partito, nella veste di Ministro dell’Interno, anni fa emanò una legislazione sull’immigrazione che definire illiberale e reazionaria è un eufemismo.

Corteo organizzato da varie associazioni a sostegno dei migranti (e patrocinato dall’ANPI) a Benevento nel 2023 in occasiose del 25 Aprile. Photo credit: Corriere della Sera.

Quest’anno poi il teatro dell’assurdo italiano è riuscito a dare davvero il meglio di sé. Un affermato scrittore, autore di un (tutto sommato mediocre) romanzo storico su Mussolini è stato chiamato dalla conduttrice televisiva di Rai Tre per pronunciare un suo discorso sul 25 aprile. Giustamente, essendo un professionista culturale, volle e pretese d’essere retribuito una somma che comunque pare essere, considerati i parametri similari, abbastanza equa.

Avrebbe dovuto sostenere questo scrittore che il partito della maggioranza relativa nel Paese non avrebbe fatto i conti con il passato fascista, specie considerando che la Presidente del Consiglio sinora non ha mai pronunciato la parola “Repubblica Antifascista” e di non patrocinare un partito (il proprio) antifascista. L’eccezione è sicuramente fondata (e chi potrebbe mai chiamare un governo antifascista quello attuale?), ma comunque talmente banale da risultare opinione comune. Nessuno contesta la circostanza, neppure i rappresentanti di quel partito e, purtroppo, neppure la stessa Presidente del Consiglio.

La Rai, però, è da sempre governata dal potere politico dominante in Parlamento, quello che governa e quindi sceglie i dirigenti delle imprese pubbliche. Non scordiamoci che, in passato, la democratica Democrazia Cristiana, fece licenziare dalla Rai artisti e presentatori del calibro di Walter Chiari, Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi per aver scherzato, all’epoca, su dirigenti politici. Qualche zelante funzionario Rai, nei giorni scorsi, dopo che il contratto era stato accettato e sottoscritto con il detto scrittore, Antonio Scurati, lo ha rescisso poche ore prima della rappresentazione per imperdirne la messa in onda.

Subito sono state diffuse le ragioni più improbabili ed inverosimili da parte della maggioranza a giustificazione dell’atto censorio, talmente stupido ed infantile da obbligare la Presidente del Consiglio a diffonderlo lei stessa tramite i suoi canali social. In questo modo, i censori hanno trasformato un discorsetto di scarsa rilevanza e minimo impatto politico in un atto meritevole della massima importanza, concedendo allo scrittore la patente di intellettuale organico del movimento progressista.

Per diversi giorni si è parlato solo di questa censura e del ritorno del fascismo in Italia. Da parte della maggioranza parlamentare che esprime e nomina i vertici Rai si è trattato di un fantastico autogol talmente evidente da risultare imbarazzante. Da parte delle (apparenti) opposizioni, anche culturali, del paese si è trattato invece di una recita altrettanto imbarazzante.

La polemica del 25 Aprile di quest’anno ha trovato spazio anche sulla stampa internazionale. Photo credit: La Stampa.

Purtroppo, o per fortuna, il paese reale non è più interessato a queste dinamiche politiche che riconosce essere fittizie e totalmente fine a se stesse. Espressione del totale scollamento, da entrambi gli schieramenti politici e culturali, rispetto agli interessi, i desiderata, le aspettative e le esigenze dell’opinione pubblica.

La triste realtà è Fascismo non viene più considerato un problema nazionale da moltissime persone e questa evidente censura non mostra e non sposta le opinioni politiche di alcun ipotizzabile corpo elettorale, compreso l’elettorato di centro-destra. Si tratta, appunto, di uno dei tanti teatrini italiani che da decenni vengono rappresentati sul palcoscenico nazionale per alcuni giorni per poi essere sostituiti da altro.

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