Racconti norvegesi: le melanconie nordiche di Munch

Nel quartiere Bjøvika, un tempo porto per container, oggi nuovo centro urbano affacciato sul Fiordo di Oslo, un’enorme costruzione di 11 piani è lo spazio espositivo destinato a contenere gran parte delle migliaia di opere di Munch (circa 28.000 catalogate)[1].

Il Museo Munch di Oslo. Photo credit: Massimo Maselli.

Parafrasando architettonicamente un celeberrimo capolavoro dell’artista norvegese, questo verticale in alluminio perforato e vetri è da “urlo”.

Una delle versioni dell’Urlo di Munch. Photo credit: Massimo Maselli.

La prima impressione, vagando per questo quartiere di canali e passatoie di legno marino, è di trovarmi a Canary Wharf a Londra. Del resto anche qui ad Oslo ha funzionato la stessa logica di riconversione urbana: da un austero luogo di deposito portuale ad una sfavillante new city. Anche ad Oslo l’idea di vivere il privilegio di una città senza auto, a dimensione di camminatore e domestico navigatore.

Quartiere Bjøvika di Oslo. Photo credit: Massimo Maselli.

Qualcosa che sarebbe potuto avvenire anche a Venezia se non si fosse deciso di farne un grande luna park per orde barbariche di turisti da tutto il mondo, espellendo anno dopo anno migliaia di Veneziani.

Certo, anche ad Oslo non mancano quei mostri marini che sono le navi da crociera, ad inquinare visivamente, e non solo, la meraviglia dei fiordi.

Decido di veicolare i miei nostalgici e angosciati pensieri verso il Museo Munch. Del resto, quale luogo migliore per fare i conti con il mio cuore perpetuamente nero?

Entrata del Museo Munch ad Oslo. Photo credit: Massimo Maselli

Ho sempre amato Munch, sin dalla mia prima adolescenza inquieta e kierkegaardianamente timorosa e tremante, proprio per quel comune sentire dolente: l’amore, la malattia, la morte, nella mancanza assoluta di Dio.

Separazione di Munch. Photo credit: Massimo Maselli

Munch dipinge sentimenti estremi secondo una tecnica pittorica fatta talvolta di pennellate ondulate o curvilinee, come ad assecondare un “flusso di coscienza”, talvolta pennellate che sono veri e propri graffi o scarabocchi infantili, come invece ad assecondare uno spontaneismo primitivo o selvaggio.

La fanciulla malata di Munch. Photo credit: Massimo Maselli

Le tematiche svolte graficamente e pittoricamente da Munch appartengono ai classici snodi esistenziali di cui sopra.

La ricchezza e la complessità dell’opera di Munch mi spingono a focalizzare questo mio intervento per Deep Hinterland solo su un paio di espressioni artistiche del genio norvegese: la melanconia delle sue lune e il suo rapporto con la nudità.

Didascalia Museo Munch Oslo. Photo cradit: Massimo Maselli

LE LUNE. È nelle lune che si esprime tutto il lirismo di Munch, lo struggimento emotivo dell’artista. Per quanto mi riguarda ho sempre visto quelle lune nella loro estensione luminosa: non tanto o non solo il tondo pieno in alto da cui la luce scaturisce, ma il verticale fascio di luce che termina tondeggiante nel mare di un fiordo o nelle acque di un lago.

In quel cono luminoso ho sempre visto le fattezze di un pene che sfiora appena quelle acque gelide, ma che poi non riesce a penetrare, a far sue. In quella classica condizione di “incomunicabilità tra i sessi” che più tardi affronterà anche Magritte tramite il suo celebre dipinto “Gli Amanti” (1928). La Melanconia delle Lune di Munch è nello struggimento amoroso, il desiderio mai pago nell’attesa o nel ricordo.

Le lune di Munch. Photo credit: Massimo Maselli

I NUDI. Dalle didascalie in mostra relative alla sezione “Nudi”, l’idea che ogni persona reagisce a modo suo di fronte alla nudità: quando prevale la timidezza ed il senso di vulnerabilità, si preferisce nascondersi; in altri casi prevale il senso di liberazione ed un sentimento di forza.

In Munch la nudità si esprime in modi diversi: Dipinge bagnanti sulla spiaggia, donne che si spogliano, l’imbarazzo di una ragazzina, una schiena scoperta. A volte usa il proprio corpo nudo come punto di partenza per un’immagine.” In ogni caso Munch parte sempre dal dato reale, da uomini e donne che hanno posato per lui.

Non c’è un ideale estetico nel corpo rappresentato, l’interesse dell’artista è per il corpo per come appare realmente, ma poi, al di là dell’apparenza, ciò che conta è ciò che quel corpo contiene in termini di piacere-passione o angoscia-dolore esistenziali.

Pubertà e Madonna di Munch. Photo credit: Massimo Maselli

Di altro non voglio e forse non riesco a dire di questo grande e molto amato artista, una sorta di pudore mi pervade e/o mi attanaglia.

Lascio che sia il silenzio delle immagini da me selezionate ad accompagnarvi in questo percorso di melanconie nordiche, 42 fotogrammi originali in galleria.

Note
[1] Il Museo Munch è opera dell’architetto spagnolo Juan Herreros: https://www.visitoslo.com/it/articoli/munch/.

 

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