Dasha sulla strada di casa: la guerra, la fuga, la Norvegia e il dilemma del ritorno

Carissima Dasha, ci siamo conosciuti prima della guerra di invasione russa dell’Ucraina per alcune collaborazioni artistiche, ho seguito le tue vicende professionali ed umane prima e dopo lo scoppio della guerra. Vorrei che raccontassi per Deep Hinterland del tuo ritorno a casa dopo 6 mesi dallo scoppio della stessa.

Mi chiamo Dasha Sagirova, ucraina di Dnipro. Prima della guerra scatenata da Putin il 24 febbraio 2022 vivevo serenamente a Lviv. Mi ero trasferita in questa città da qualche anno per poter viaggiare più facilmente verso l’Europa e svolgere la mia attività di modella professionista. La Germania è stata la mia principale destinazione.

Dopo l’inizio della guerra ho partecipato inizialmente alla resistenza ucraina come attività di supporto ai militari e volontariato di sostegno ai civili sfollati. Dopo un mese mi sono trasferita in Norvegia dove già prima della guerra lavorava Ivan, il mio compagno di Lviv, con il quale abbiamo deciso di sposarci. A seguito di questo trasferimento ho accettato lo status di “protezione temporanea” in Norvegia e di frequentare un corso obbligatorio di lingua norvegese.

Dasha e Ivan

Raccontami del tuo ritorno a casa. Immagino non sia stato un viaggio facile sia fisicamente che moralmente.

In estate, dopo un breve soggiorno in Italia per un progetto artistico fotografico, ho deciso di far ritorno in Ucraina: volo Oslo-Roma, poi in treno in Calabria, infine da Lamezia a Varsavia ancora in aereo. In Polonia vive e lavora mia sorella, anche lei sfollata dall’Ucraina a causa della guerra. Dopo una breve tappa polacca ho iniziato il mio viaggio di ritorno più lungo e pericoloso. Da Varsavia a Lviv in pullman, circa 10 ore di strada.

La stazione dei pulman di Varsavia

Ma tu hai sempre viaggiato, il viaggio è sempre stato connesso al tuo lavoro. Cosa c’era di diverso in questo viaggio?

È vero, viaggio in giro per il mondo da circa 10 anni. Ancora prima che mi trasferissi a Lviv. Sono sempre stata lontano da Dnipro e dalla mia famiglia anche per molti mesi, ma questa volta era diverso, la mia assenza dovuta a ragioni legate alla guerra. Per tutti i mesi in cui non ho potuto riabbracciare la mia famiglia a Dnipro ho sofferto molto, mi sono mancati moltissimo anche alcuni luoghi magici della mia infanzia spensierata, il profumo dell’aria, la gente ucraina.

L’antica stazione ferroviaria di Lviv

Dimmi qualcosa delle tue sensazioni al rientro in Ucraina.

È una sensazione incredibile quando attraversi il confine e senti con ogni particella del tuo corpo e della tua mente che sei a casa, nella tua terra natale!

Sono rimasta a Lviv per qualche giorno, ho ritrovato una città veramente patriottica, ho incontrato i miei amici e raccolto le forze per il trasferimento più lungo e rischioso verso Dnipro, verso i miei genitori. Ho dovuto affrontare 19 ore di treno da Lviv a Dnipro, tra ansia e insonnia, perché sei consapevole che il Paese aggressore, la Russia, colpisce improvvisamente, in violazione delle più elementari norme umanitarie, non solo obiettivi militari, ma soprattutto i civili. Un incubo!

Solo una volta arrivata a casa, a Dnipro, mi sono sentita finalmente calma. La prima sensazione che ho avuto, quella di non essere stata via da casa per cinque mesi, ma da un’eternità. Ho ritrovato un Paese profondamente cambiato, le persone sono cambiate, lo stato d’animo e il valore della vita sono cambiati.

Verso la Norvegia

Infinitamente felice di rivedere i miei genitori, ho visitato tutti i parenti, ma soprattutto i miei nonni che vivono in un piccolo villaggio sulla direttrice Dnipro-Charkiv, in un’area veramente pericolosa e sempre sotto minaccia. Avevo le lacrime agli occhi quasi ogni giorno: lacrime per il caldo insopportabile, per un’estate più torrida del solito, lacrime per le sofferenze del mio Paese, per le persone che non hanno un futuro certo, ma anche lacrime di felicità, vedere i miei parenti vivi e in salute e vedere quanto è forte la mia Nazione e che saremo in grado di superare tutto. Perché il bene vincerà sempre sul male… lacrime di speranza.

Poi di nuovo in viaggio per rientrare a Lviv. Altre 19 ore di treno. Ma questa volta ho rischiato di più. Proprio mentre ero di ritorno i russi hanno attaccato con missili un altro treno nei pressi della stazione ferroviaria di Chapline nella regione di Dnipro. Ci sono stati 22 morti e diversi feriti. Tutto così spaventoso, immaginare di non riuscire a scappare da un treno in fiamme, un incubo.

In viaggio verso Dnipro

Cosa hai provato a Lviv, sapendo di doverla presto lasciare per rientrare in Norvegia?

A Lviv ho raccolto tutte le mie forze con la consapevolezza di dover lasciare nuovamente la mia terra natale e di non sapere quando potervi ritornare. Questa volta non un viaggio per scelta, ma per la sopravvivenza, costretta a lasciare l’Ucraina per la mia sicurezza. La sensazione più dolorosa: per la prima volta nella mia vita è stato difficilissimo lasciare il mio Paese.

Sono rammaricata, perché nessuno in Europa sarà in grado di capire veramente questi sentimenti tranne gli stessi ucraini. Nessuno è in grado di capire cosa vuol dire rimanere senza una casa, non vedere un futuro, essere privati del diritto a una vita normale. I non ucraini dovrebbero accettare senza riserve mentali che il Paese che toglie la vita a persone di un altro Paese, che toglie loro il diritto alla vita, è uno Stato terrorista.

Militari in treno verso Dnipro

Ho lasciato Lviv per Varsavia con la morte nel cuore. Poi un volo Varsavia-Oslo mi ha portato nella mia nuova casa a Drøbak, tra i fiordi norvegesi. Nella speranza che presto sia la pace a vincere sulla guerra rimane il dilemma se continuare a vivere in Norvegia o far ritorno in Ucraina. Un dilemma tra ragione e sentimento, quello di dove far nascere e vivere i figli che vorrei.

Intervista a cura di Massimo Maselli
Crediti fotografici: Dasha Sagirova, Kristina Ceban, Alina Lainet e Eyvind Ness

 

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