Il papocchio della carne coltivata: epifania di un paese infantile

Dal primo dicembre 2023 è vietato in Italia produrre, consumare e mettere in commercio cibi e mangimi generati da culture cellulari animali. Quello che fu cavallo di battaglia elettorale del cognato della Presidente del Consiglio, il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, alla fine si è concretizzato in un comando legislativo. E questo, parole sue, per tutelare: “il nostro cibo, il nostro sistema di alimentazione, per mantenere il rapporto tra cibo, terra e lavoro dell’uomo che ci ha accompagnato per millenni, garantendo la qualità che l’Italia esprime e che è l’espressione della sicurezza alimentare per tutto il pianeta. Il cibo sintetico, coltivato, lontano dalle nostre tradizioni, non garantisce questo principio.”

Il principale sindacato della realtà ex contadina, la Coldiretti ha sponsorizzato attivamente la battaglia legislativa tanto che, nel pomeriggio delle votazioni parlamentari, il presidente Ettore Prandini ha aggredito fisicamente due deputati della Repubblica, Francesco Magi e Benedetto Della Vedova, i quali erano intenti a manifestare pacificamente contro l’approvazione della norma. Solo per inciso, il presidente del sindacato agricolo percepisce, parrebbe, uno dei più alti stipendi al mondo elargito nei confronti di rappresentanti sindacali agricoli. Il suo stipendio ammonta ad un milione di euro all’anno, una cifra degna di un CEO d’una multinazionale. Durante le audizioni in Parlamento non sono state ascoltate le associazioni e le aziende favorevoli alla carne coltivata.

L’attuale maggioranza parlamentare e la Coldiretti hanno voluto quella legislazione in ragione del principio di precauzione, secondo il quale è vietato tutto quello che potrebbe fare male alla salute nostra e dei concittadini europei. Appunto potrebbe. Allo stato degli studi, questo è escluso perché non ce ne è giunta notizia. Non esiste alcuna valutazione scientifica solida e reale secondo cui la carne sintetica sia pericolosa, e neppure esiste alcuna pratica autorizzativa di messa in commercio della stessa.

Insomma è abbastanza evidente che il divieto assoluto, a ogni livello e per ogni uso, risponde non alla precauzione, ma ad una certa idea di protezionismo “Made in Italy” ed un certo modo di pensare i prodotti italiani. In fondo, però, forse ha ragione il governo. La legge è animata dal principio di precauzione. Collegato però non alla salute, ma a fantomatici rischi derivanti dalla concorrenza, dalla ricerca, dall’innovazione.

L’attuale Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida. Photo Credit: BBC News.

Oltre al danno, la beffa: l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) non ha ancora autorizzato l’immissione in commercio di cibi sintetici. In questo senso, la legge di cui stiamo parlando si basa su di un oggetto inesistente. Ma non solo. Se l’Italia ha vietato la produzione, il consumo e la commercializzazione della carne coltivata, o sintetica che dir si voglia, l’Unione Europea la potrebbe presto ri-autorizzare, contestando la misura italiana.

La vicenda evidenzia una prima stranezza: la Commissione Europea ha infatti chiarito che, considerato che la legge italiana in questione riguarda il commercio di beni e servizi all’interno dell’intera Unione, l’Italia avrebbe dovuto inviarle, prima della sua definitiva promulgazione, quantomeno una bozza del disegno di legge.

Il rischio è che la legge, tanta voluta dalla destra al governo e dalla Coldiretti, per via di eccezioni europee, possa e debba essere modificata anche se già promulgata. Ed invero il divieto di importazione viola le norme europee rispetto alla libera circolazione delle merci, uno dei principi fondanti dell’Unione. In parole povere, qualora l’EFSA dovesse approvare la sicurezza della carne coltivata, questa potrà entrare nel mercato europeo e potrà essere acquistata anche in Italia. Solo che il consumatore italiano potrà acquistarla solo quando non sia di provenienza italiana. Definire questa cosa una follia è eufemistico.

Una confezione di carne coltivata in laboratorio, pronta per il consumo. Photo credit: Fondazione Umberto Veronesi.

Ci confermiamo in questo modo un Paese di improvvisatori. La legislazione non è tuttavia solo erronea dal punto di vista procedurale e, tutto sommato, anche da quello della logica. Crea anche un danno enorme per l’imprenditoria italiana, oltre ad essere un immotivato e gratuito colpo basso alla ricerca. Dal 2019, per esempio, era nata in Italia una startup (la Bruno Cell) dedicata alla produzione ed alla vendita della carne coltivata, la quale in poco tempo aveva attratto l’interesse di importanti istituti finanziari desiderosi di investire in questo settore. In questo modo, l’Italia ha dato un vantaggio competitivo notevole a tutti i produttori esteri che non ne stanno vietando la ricerca e distribuzione.

Secondo il Good Food Institute Europe, il dibattito sul tema in Italia “è stato influenzato dalla disinformazione” e questa misura “non solo priverà i consumatori della libertà di scelta, ma taglierà fuori il paese dagli investimenti e dalla creazione di posti di lavoro in  questo settore”. Da diverso tempo, nel resto del mondo, il settore della carne sintetica è invece in continua espansione: Singapore, Stati Uniti, Israele e Spagna, solo per citarne alcuni, vi ci stanno investendo una montagna di soldi.

A conti fatti, però, non stupische che questo prodotto stia destando così tanto interesse nel mondo. Il giorno in cui fosse davvero edibile, la carne coltivata porterebbe immensi benefici sia di tipo ambientale che alimentare. A differenza della carne tradizionale, infatti, la sua produzione non rilascia gas serra, evita il consumo di suolo e la deforestazione, richiede molta meno acqua e libera gli animali da trattamenti crudeli. Nel contempo, almeno così sostengono gli scienziati, garantirebbe all’umanità un alimento privo di patogeni pericolosi, non richiedendo neppure antibiotici per la sua produzione.

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