L’AI e la corsa al cyber-spazio spiegate bene

Se nel 1953 si è conclusa la prima fase della Guerra Fredda che ha dato avvio alla cosiddetta corsa allo spazio, nel 2023 è appena cominciata quella per il cyber-spazio.
In questa nuova corsa, però, non si reclutano militari per trasformarli in cosmonauti. Piuttosto, si reclutano utenti fornendogli “armi” dotate di intelligenza artificiale.

Per comprendere appieno il senso di questa frase, dobbiamo però fare un piccolo passo indietro per capire prima cosa sia questa fantomatica “intelligenza artificiale”.

Secondo Marco Somalvico, ingegnere informatico nonché papà della prima AI italiana:

«l’intelligenza artificiale è una disciplina appartenente all’informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere
di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.»

Se Somalvico fosse ancora vivo gli chiederemmo cosa intenda per “osservatore comune”. Fatto sta che traiamo in eredità da lui almeno il significato di Intelligenza Artificiale.

History – AIRLab

Di machine learning ed intelligenza artificiale, in realtà, si parla ormai da tantissimo tempo. Ma fino a qualche mese fa se ne parlava in maniera molto velata perché non si trattava ancora di un tipo di tecnologia accessibile al pubblico di massa. Dopo la transizione di Facebook a Meta e l’annuncio di Zuckerberg di voler improntare tutti i servizi online verso la scoperta e la conquista del Metaverso, qualcosa però è cambiato.
Soprattutto nel dibattito pubblico.

Abbiamo iniziato a parlare di visori, di realtà virtuali. Poco importa che queste realtà virtuali già esistessero da 20 anni. A nessuno importava allora, anche perchè tutti erano ancora troppo concentrati a capire come funzionavano Windows ’98 e il Nokia3310.

Microsoft però non si è fermata a progettare software per i personal computer. Ha deciso di essere un pò più lungimirante e di fare come la Repubblica Comunista Cinese, guardando al lungo periodo a botte di direttive dall’alto e piani quinquennali.

Sfruttando l’intuizione di Elon Musk, aveva deciso di investire nel suo progetto dedicato alle intelligenze artificiali (OpenAI) già nel 2019, versando una quota pari ad 1 miliardo di dollari.

OpenAI will let developers build ChatGPT into their apps | Engadget

OpenAI (ne parlavamo in uno  scorso articolo) è un’ONG co-fondata da Musk che ha sviluppato un modello di intelligenza artificiale, dal quale si sono recentemente sviluppati due software molto interessanti, capaci di migliorare (o peggiorare, a seconda dei punti di vista) la vita di un sacco lavoratori: DALL-E e CHAT GPT.

DALL-E, (sì, come il pittore surrealista coi baffi strani, ma anche come omaggio al robottino WALL-E della Pixar) è il sistema di intelligenza artificiale rilasciato da OpenAI che attraverso una dettagliata descrizione è capace di produrre una moltitudine di immagini praticamente in tempo 0. Funziona così, bisogna descrivere l’immagine che si vuole ottenere, come ad esempio un “gufo mela nella preistoria”, ed il sistema dopo aver analizzato le parole ed aver associato un’immagine ad ogni parola, proporrà una serie di soluzioni che potrebbero avvicinarsi a ciò che stiamo immaginando.

Se non ha una base conosciuta e ben descritta, però, le immagini generate da DALL-E risultano ancora non solo molto grezze, ma dei veri e propri meme. Ecco, per esempio, come DALL-E immagina il nostro “gufo mela nella preistoria”:

CHAT GPT, invece, permette di creare testi su qualsiasi argomento o tema, letteralmente in pochissimi secondi. Può scrivere un’arringa legale, così come un contratto di locazione. Può spiegare le analisi del sangue, creare campagne di marketing o pezzi musicali.

Può fare tutto, anche se in realtà non può fare niente con competenza o cognizione di causa. Questo perchè si tratta di un incredibile strumento che prende tutte le informazioni contenute nella rete su di una serie di parole, le assembla e crea il contenuto desiderato esattamente in 3 secondi.

Proprio per questi motivi, Open AI sta facendo tremare le gambe ai suoi competitor digitali.
In particolare sul web si vocifera sulla fine di Google.

What is the End of Google ?

Ad aumentare l’ansia del colosso americano c’è anche Microsoft, la quale secondo una fonte di Semafor vorrebbe investire 10 miliardi di dollari in OpenAi. Dichiarazione nè smentita nè rivendicata dai diretti interessati. Ciò che ci fa credere che potrebbe essere vero però, è l’investimento del 2019 di 1 miliardo di dollari nei confronti della fondazione di Musk di cui parlavamo prima.

Google, di tutta risposta, ha lanciato la sua intelligenza artificiale per dimostrare al mercato dell’AI che, se vuole, può fargli il cubo e che le allusioni sulla sua fine possono tranquillamente rimanere chiuse in un cassetto. L’AI di Google si chiama MusicLM, ed è capace di creare musica (anche cantata) partendo da un testo scritto. MusicLM è anche in grado di descrivere musicalmente delle famose opere d’arte. Le parti cantate, però, sono ancora un pò “sporche”.

Almeno così dicono. Questo perchè, a differenza dei sistemi OpenAI, MusicLM non sarà per ora reso pubblico per una questione di diritti d’autore legati ai pezzi musicali che questa AI utilizza. Per supportare la ricerca futura, però, Google ha rilasciato pubblicamente MusicCaps, un set di dati composto da 5,5k coppie di musica-testo composte da AI, con descrizioni fornite da esperti umani. A riguardo si sono già espressi musicisti famosi come Nick Cave, il quale ha definito questa tecnologia come una “schifezza capace solo di creare imitazioni e parodie”. il sociologo Walter Benjamin, invece, avrebbe sintetizzato il tutto con “arte che perde la sua aura”. Almeno quella umana.

@figarodigital.it

Google vuole dimostrare ai suoi competitor di non essere da meno nel mercato dell’Intelligenza Artificiale. Così lancia #musiclm 💫 #intelligenzaartificiale #marketingdigitale #googleai #marketingtiktok

♬ suono originale – figarodigital

Ma la corsa all’AI non finisce qui!

Anche Meta ha infatti voluto dimostrare di poter competere, così ha creato Universal Speech Translator, la sua intelligenza artificiale basata sulla mediazione linguistica.
In particolare, Meta ha indirizzato il suo progetto verso le lingue parlate ma non scritte.
Tipo tutti quei dialetti che un sacco di gente conosce, ma che non producono mai testi scritti.
Ciò che fa Meta con la sua AI è praticamente tradurre il dialetto in Inglese, diventando di fatto un traduttore universale.

Nello specifico, Meta ha presentato Universal Speech Translator con un lavoro fatto su di una delle lingue ufficiali di Taiwan: l’Hokkien. L’Hokkien non ha una forma scritta definita, pertanto attraverso il sistema AI di Meta è possibile, per chi parla solo quella lingua, conversare in inglese con tutto il resto del mondo. E come Google, anche Meta ha reso i suoi sistemi AI open source per incoraggiare tutti gli studiosi a lavorare sulla traduzione di quelle lingue nel mondo che ancora sono prive di scrittura e vengono solo parlate.

Pur essendo degli avidi capitalisti, Google e Meta sembrerebbero però meno venali di OpenAI. L’associazione di Musk ha infatti lanciato Chat GPT e DALL-E gratuitamente solo per un periodo di prova (che si è trasformato in una raccolta dati di 2 miliardi di persone nel giro di soli 3 giorni). Google e Meta invece sfoggiano all’occorrenza un carattere liberale e democratico tradotto nell’ambito del marketing con l’acronimo CSR: Corporate Social Responsability. In sostanza, hanno dato al loro progetto AI una questione sociale da risolvere.

Meta plans to build Universal Speech Translator

Nel caso di Meta, parliamo di lingue che vengono solo parlate e che non avendo una forma scritta non possono essere tradotte con le attuali tecnologie. Nel caso di Google, il tono è sul tema del bene comune, e di come questa tipologia di tecnologia che raccoglie tutte le conoscenze apprese in maniera classica dalla mente umana debba restare a disposizione degli stessi umani gratuitamente.

Gli umani, nel frattempo, ringraziano, nella consapevolezza che tramite queste nuove app tutti saranno più allegri quando verranno sostituiti dalle macchine. E’ difficile però credere che queste cose resteranno cose pubbliche a lungo, specie se verrano migliorate ulteriormente sul piano tecnico. E poi il pubblico alle aziende neoliberali non è mai piaciuto particolarmente.

Per i più giovani, invece, quella dell’AI, è stata una scoperta clamorosa: finalmente possono smettere di studiare e far fare i compiti a qualcun altro al loro posto. A 16 anni, lo avrei sicuramente fatto anche io. Questo però ha creato molto scompiglio nelle scuole, tanto che si è già aperto un dibattito molto acceso sul tema dell’accesso pubblico all’AI tanto in Italia quanto oltreoceano.

Ciò che spaventa è l’immediatezza con cui gli utenti possono ottenere le informazioni.
Il modo in cui funziona l’IA in fondo è questo: in base alla richiesta fatta, vengono messe insieme tutte le informazioni presenti sul web su di un tema, restituendo in pochi secondi un contenuto pronto, testuale, musicale o grafico che sia. Tutto molto bello, ma bisogna sempre tener presente che internet è pieno di notizie false, dati non veri ed informazioni non scientificamente testate.

E sulla possibilità di fare fact-checking (cioè scoprire se un’informazione è vera o falsa) e di poter decodificare in maniera critica un’informazione, non solo Google ci è assolutamente indispensabile, ma anche il nostro insostituibile cervello che, se alimentato bene, può pur sempre sviluppare il tanto bramato “pensiero critico” senza troppi brevetti.

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