La Repubblica Centrafricana, un territorio più grande della Francia, sua vecchia colonizzatrice che ai tempi della dominazione implementò politiche estrattive simili (per violenza e sfruttamento) a quelle del vicino Belgio nel vicino Congo, è da anni teatro di scontri tra una ventina di milizie espressione di interessi più o meno variabili e, sopra o sotto (a seconda del punto di vista) questo magma di massacri e stupri, due uomini: François Bozizé e Faustin-Archange Touadéra.
Il primo, al potere dopo un colpo di stato tra il 2003 e il 2013, lascia il paese in preda a un’ennesima guerra civile e una serie di accuse di violazioni di diritti umani da parte dell’ONU e altr* osservator* internazional*. il secondo, vecchio primo ministro del primo, ristabilisce un po’ di pace a partire dal 2016, viene rieletto nel 2020 dopo uno storico accordo con le milizie, finché, nel gennaio 2021, quando tutto il mondo si concentra sulle armate vichinghe a Washington, riesce a sventare un attacco mosso alla capitale del paese Bangui da parte di Bozizé e delle sue forze militari private. E come ci riesce, vi chiederete?
La risposta a questa domanda, o meglio: una possibile risposta a questa domanda, è fornita da una pellicola del 2021, diretta da Vladimir Izmaylov. “Tourist” è la fintamente attendibile cronaca – che dico: lode, ode – alla presenza russa, e specialmente a quella della cosiddetta Brigata Wagner, nella Repubblica Centrafricana. A partire dal 2017, Touadéra ha intensificato i contatti con Mosca, prima con Lavrov, poi nel 2018 con Putin stesso: se Bangui aveva bisogno di aiuto con i vari veti internazionali che avevano fatto seguito agli abusi del post-2003, la Russia aveva…
Cosa avesse la Russia da fare in Centrafrica, a dire il vero, non è che si sia capito benissimo. Risorse minerarie. Senz’altro. Eppure pare (almeno questo dice Al Jazeera, figuratevi io che ne posso sapere mai) che, al netto di qualche concessione, ceduta pure volentieri dal governo di Touadéra, non è che Putin abbia tratto chissà che grande vantaggio strategico dall’accesso a questo gigante alle porte della foresta.
Quale che sia il punto, quella russa è diventata, insieme alla francese, rwandese e ONU, l’altra grande presenza militare internazionale sul suolo centrafricano. Presenza ridotta dalle necessità europee del 2022 (circostanza che fa ulteriormente dubitare dei motivi strategici di questa postmoderna corsa alle colonie), ma pur sempre là, con tanto di supporto popolare (perlopiù mercenario, parrebbe, secondo Arte TV) e persone in giro per le vie di Bangui a sventolare il tricolore russo (stessi colori di quello francese, qualcun* faceva notare parlando di proprietà commutativa; vabbè) – al punto che oggi il russo è, insieme a francese e sango, lingua ufficiale del paese.
Ecco, tutto questo (e solo questo: non l* giornalist* uccis* o l’aumento del crimine violento che pare abbiano fatto seguito all’avvento della madre Russia) è splendidamente documentato da Izmaylov in “Tourist”. Lasciamo dunque per un istante perdere la cronaca politica, e concentriamoci su questo straordinario capolavoro di… qualcosa, suppongo. Ah!, i prodigi del cinema (o dello stadio: la première del film infatti fu realizzata in uno stadio).
Il film segue le vicende di “Tourist”, nome in codice di un soldato baldo e valente della Wagner, che giunge nella Repubblica Centrafricana appena prima del tentato colpo di mano di Bozizé insieme ad altri giovani e fieri istruttori militari. Il campo è diviso nettamente: da una parte Bozizé, circondato da uno stuolo sinistro di meschinità (il malvagio prete cattolico con gli occhi socchiusi in, sembrerebbe, costante comunicazione con Satanasso; il francese barbuto e subdolo; milizie col grilletto facile e gioiosamente sgombre d’inquietudine circa la legittimità del loro operato), e dall’altra Touadéra col suo seguito, fatto di militari russi e tanta, tanta brava gente per bene, indifesa, sguarnita di qualsivoglia ruolo attivo, in balia degli eventi, d’animo cheto e dolce ma, sia chiaro, destinata alla mattanza se la Russia latitasse. La morale, ovviamente, è una: grazie al cielo la Russia non latita.
La trama in sé è abbastanza… come dire. Anzi, no, mettiamola così: c’è tanta tanta azione. Granate, spari, tranelli, bum, bam, tutto visto attraverso gli occhi del soldato Tourist e i suoi. Occhi di bianchi, occhi di uomini, e basta. Questo è, forse, l’aspetto più interessante dell’opera: la sua straordinaria bianchezza, al netto della retorica del Cremlino su Oriente e Occidente. L* african*, in senso forte, o non hanno assolutamente nessun ruolo nella trama (se sono uomini, stanno lì, se va bene campano e se va male muoiono; se sono donne, vedi alla rubrica “uomini”, più qualche rapito sospiro alla vista della virilità moscovita che marcia qua e là), oppure sono agent* del male, in combutta con Bozizé, con la Francia, e via discorrendo.
Ci si domanda: a chi dovrebbe mai servire questa propaganda? A far capire a* centrafrican*: “guarda, tesoro, tu, insomma, si sa, non è che in solitaria puoi fare più di una sega, osserva bene quanto sei incapac* e fattene una ragione; però, ohibò, ci sono io che vengo a salvarti”? Si fa fatica a capire a chi mai possa far piacere sentirsi dire una cosa del genere. O è a beneficio delle alleanze internazionali (quali?), che dovrebbero vedere il bene orchestrato da Putin e entourage?
Iconica, in questo senso, la dichiarazione programmatica affidata a… uno dei russi, mo’ non mi ricordo quale: “gli americani combattono per la democrazia, noi combattiamo per la giustizia”. Perdiana! Brividi! Ora sì che ho capito, convintamente me ne persuado: ci vuole un’Africa a trazione russa. O, ancora, è forse per la Russia stessa? Propaganda interna? Andare fino a Bangui, assicurarsi l’accesso a una fetta di continente che, per tutto lo scempio e la mattanza, si è rivelata già infruttuosa a tant* altr* bianch* nella storia della bianchezza redentrice in Africa, proiettare una sorta di Top Gun in promozione, come servizio domestico? O forse ancora una mistura di tutte queste cose? O altro?
Io non lo so. Mi permetto, dalle profondità della mia ignoranza, un’ipotesi. Un’ipotesi che spesso sorge spontanea quando si guarda le cose fatte da* bianch* in terre di conquista: ossia che, fondamentalmente, la Russia (almeno la Russia della diegesi del film), forse, non lo sa mica tanto bene manco lei cosa stia facendo. Va, la Wagner, gloriosa, commercia (= razzia), fa ordine (= ammazza), come, mamma mia, milioni prima di lei hanno fatto, senza capirci fondamentalmente niente di cosa succede davvero sul campo, e assolutamente incapace, perché anche lei, uh!, quanto bianca!, anche lei, uh!, quanto maschia!, anche lei, uh!, quanto europea!, di immaginare che le persone sul territorio siano, appunto, persone dotate di agentività alcuna. No. L’unico modo di vedere “Tourist” è attraverso lo schema avito del messianismo bianco, e non si capisce davvero a chi possa servire questa retorica.
Ovviamente, il resto del mondo è molto più intelligente: l’opinione pubblica ha gli strumenti per decostruire un’opposizione Est/Ovest che serve solo a legittimare politiche imperialiste e a cristallizzare il conflitto sociale lungo assi diversi da quelli dello sfruttamento e della discriminazione. Infatti, il film è stato diffusamente analizzato proprio in questo senso, e una generale presa di coscienza ha permesso l’evacuazione di tutti i contingenti internazionali…
Troll. No, scherzavo. Di recente, secondo l’Independent, il nostro Ministro della Difesa Guido Crosetto avrebbe parlato della presenza della Wagner in Africa come appoggio anti-Occidentale alle operazioni di cyber-warfare russo. Così facendo, la Russia, secondo il nostro finissimo, avrebbe fatto… non so, questo e quell’altro. Di fatto il punto è uno: è colpa di “Tourist” se ora l* migrant* vengono qua “in massa” (che, non l* vedi?) a morire sulle nostre coste. Bozizé smatta, Touadéra va da Lavrov, Mosca inietta propaganda a Bangui, questa fa un rimbalzone, la acchiappa Giorgia, e in mano sua il pallone diventa un altro tassello della narrazione: scafist*, russ*, e famiglie irresponsabili che mandano l* loro figl* a morire.
A restare fuori dal discorso sono i cadaveri in mare e i cadaveri per terra, ma non importa. L’eterna ghirlanda della dominazione va avanti, e così l’imperialismo cognitivo che ne consegue, senza lasciare spazio al dialogo. Oggi è la Russia, vediamo un po’ chi verrà dopo.
Linguista di stanza in Belgio, amante del cinema horror, delle pipe da fumo, delle oltre 7000 lingue parlate sulla pianeta Terra e dell’Africa. Un pot-pourri che cerco di portare avanti come meglio riesco. Avendo passato un po’ di tempo in Etiopia, e dovendone passare pLinguista di stanza in Belgio, amante del cinema horror, delle pipe da fumo, delle oltre 7000 lingue parlate sulla pianeta Terra e dell’Africa. Un pot-pourri che cerco di portare avanti come meglio riesco. Avendo passato un po’ di tempo in Etiopia, e dovendone passare parecchio in Congo, credo di poter fornire uno sguardo da “quasi insider” sui posti che visito – tra cui, le meravigliose e sconosciute capitali sotto il Mediterraneo.arecchio in Congo, credo di poter fornire uno sguardo da “quasi insider” sui posti che visito – tra cui, le meravigliose e sconosciute capitali sotto il Mediterraneo.