Non so quanti di voi si sono imbattuti nelle ultime notizie a riguardo delle avventure di Elon Mask e Mark Zuckerberg nelle scorse settimane. A me è successo, e non mi hanno fatto pensare niente di buono. O, meglio, probabilmente non percepisco queste notizie come buone perché ogni cambiamento porta sempre con sè paure, incertezze sul futuro ed immancabili spinte conservatoriste. Eppure, nonostante sia consapevole di questi miei limiti, non riesco a guardare alle “rivoluzioni digitali” prospettate da questi due mogul della comunicazione online con troppa leggerezza.
Ma partiamo dal principio.
Nei primi giorni del maggio 2022, Elon Musk ha acquistato Twitter per ben 44 miliardi di dollari. Le avance finanziare da parte del mammo fondatore di Tesla e SpaceX nei confronti della social media platform più cinguettante che ci sia sono partite a metà aprile, riscontrando un atteggiamento ostico da parte dei precedenti proprietari.
Lo scorso 16 Aprile un articolo del Post affermava che il consiglio direttivo di Twitter aveva deciso di attuare una pratica finanziaria per impedire che Elon Mask potesse avere ruoli decisionali di rilievo nella società tramite investimenti mirati a questo scopo. Musk aveva infatti proposto di pagare la stratosferica somma di 52,40 dollari per ogni azione di Twitter.
Per evitare che Musk acquisisse il controllo della società tramite l’acquisto massiccio di azioni a prezzo gonfiato (e quindi senza l’approvazione degli organi aziendali che rappresentano gli altri azionisti), il consiglio di amministrazione di Twitter ha quindi adottato la tecnica del poison pill, una strategia finanziaria utilizzata proprio per difendersi da scalate incontrollate di questo tipo.
C’è da premettere che Musk, la settimana prima, deteneva già il 10% delle azioni di Twitter, diventando per qualche giorno il maggior azionista della società. Dieci giorni dopo, cioè il 26 Aprile, cambia tutto. Mask è riuscito ad acquistare Twitter, con tanto di approvazione felice da parte di Jack Dorsey, il CEO di Twitter, che ha successivamente dichiarato: «Elon è l’unica soluzione di cui mi fido, così come mi fido della sua missione di estendere la luce della consapevolezza».
Il 6 Maggio, Elon Musk diventa addirittura il nuovo CEO di Twitter, annunciando fin da subito un cambiamento radicale nell’uso della piattaforma. Musk vorrebbe infatti rendere Twitter una piattaforma di tipo “freemium”: cioè un social medium gratuito per gli utenti occasionali ed a pagamento per chi invece lo utilizza regolarmente per scopi commerciali o (attenzione, è qui che partono le preoccupazioni della gente maliziosa come me) politici.
La mia preoccupazione principale a questo riguardo ora è: se un giorno un qualche politico cominciasse a diffondere fake-news e discorsi d’odio a bella posta e nascesse il bisogno di bloccare i suoi social media accounts come è già successo qualche anno fa a Donald Trump, sarà possibile farlo nonostante egli paghi denaro sonante per usufruire del servizio? E soprattutto come farà Elon Musk a fare fede alla sua affermazione di voler tutelare la libertà d’espressione ed il rispetto dell’opinione pubblica su Twitter se i servizi che Twitter offrirà saranno di fatto tutelati da transazioni commerciali?
Unito a questo episodio ed alle conseguenti preoccupazioni che esso ha generato, c’è quello dell’incontro privato fra Mark Zuckerberg, fondatore di Meta (ex Facebook) e Mario Draghi, che è avvenuto qualche giorno fa. L’incontro è durato circa un’ora. Insieme ai due uomini, c’era il ministro alla transizione digitale Vittorio Colao, che a quanto pare sarebbe stato l’organizzatore del meeting.
La discussione si è svolta ovviamente intorno al tema del Metaverso, ed alla transizione digitale che questa tecnologia potrebbe implicare già a partire dal futuro prossimo. Uno dei portavoci di Meta ha infatti dichiarato che per avviare il Metaverso e renderlo mainstream sarebbe necessaria un’azione congiunta tra società civile, istituzioni politiche ed aziende. Zuckenberg è quindi venuto in Italia per confermare delle collaborazioni fra la sua azienda e le istituzioni nostrane che sono già in atto, individuando e valorizzando i punti di forza italiani nel settore delle ICT.
Alcune di queste collaborazioni sono in effetti molto interessanti e potrebbero effettivamente avere degli effetti molto positivi per il nostro paese. Sto pensando, per esempio, alle innovazioni che il Metaverso potrebbe introdurre nel sistema sanitario in base al principio della health gamification (cioè l’utilizzo di piattaforme videoludiche interattive nel settore della salute pubblica). La più interessante di queste innovazioni è forse quella proposta EssilorLuxottica. Quest’azienda starebbe infatti utilizzando dei prototipi di braccialetti EMG prodotti da Meta che impiegano la elettromiografia, cioè una tecnologia capace di captare gli impulsi trasmessi dal midollo spinale e tradurli in comandi digitali. Utilizzando questi braccialetti, per esempio, una persona malata di SLA potrebbe muoversi autonomamente in un mondo digitale come il Metaverso semplicemente pensandolo.
Apprendendo queste notizie, il mio cervello ha crashato ed ha iniziato ad ipotizzare scenari magnifici, portandomi però a compiere anche una delle riflessioni più spaventose di sempre. So bene di essere nata in un periodo storico in cui lo stile di vita della razza umana sta subendo dei cambiamenti rivoluzionari grazie al digitale. Ma non avrei mai immaginato che questo cambiamento potesse essere così repentino. In particolare, non pensavo che questo cambiamento che potesse compiersi con tanta nonchalance ed in quasi totale assenza di considerazioni critiche su come la rivoluzione digitale debba essere guidata.
Sembra quasi che gli occhi di tutti siano ormai ipnotizzati dalla tecnologia. Il problema però non è (ed in fondo non è mai stato) la tecnologia in sè e per sè. Alla fine la tecnologia altro non è che un sistema di mezzi che nell’arco dei millenni si sono differenziati per materiale, forma e consistenza facendo cose al posto nostro. Il problema è piuttosto il fatto che, come accennavo prima, il senso di meraviglia generato dalle ultime innovazioni tecnologiche sta nascondendo il fatto che dietro a molte di queste innovazioni si nascondono nuovi meccanismi riguardanti la cessione del potere politico.
Le nuove tecnologie stanno infatti rapidamente cambiando è il modo di gestire la cosa pubblica, ovvero il potere. È sempre successo nell’arco della storia che le forme di potere cambiassero, per esempio dalla monarchia alla repubblica, anche in base alle nuove tecnologie di produzione e diffusione delle informazioni come ci insegna piacevolmente Alessandro Barbero.
I sintomi del fatto che la politica così come la conosciamo oggi stiano perdendo consenso sono ormai palesi, e non certamente dall’altro ieri. Basti guardare al fatto che la partecipazione elettorale, sia in Italia che in moltissime altre democrazie su scala planetaria, è stata in costante calo negli ultimi 30 anni per capirlo. La politica ad oggi si è rivelata incapace di gestire determinate situazioni, e demanda ad altri il compito di farlo. In Italia, la maggior parte delle risorse e dei servizi pubblici sono gestiti da privati e questo rende i cittadini sotto costante ricatto commerciale per quanto riguarda il loro accesso alle infrastrutture idriche, energetiche e di trasporto. Per non parlare della gestione delle poste e dei piani industriali. Come si suol dire: è il libero mercato, bellezza.
I Keynesiani forse ora mi odieranno, ma non importa. Ciò che voglio dire è che se investitori come Elon Mask, Mark Zuckerberg e Jeff Bezos arriveranno davvero a creare queste nuove rivoluzioni nel modo in cui i cittadini si interfacceranno alla sfera pubblica grazie ai loro monopoli finanziari sui mezzi digitali, il potere di decidere cosa si può fare e cosa non si può fare non sarà più nelle mani dello Stato (e quindi nelle nostre, visto che lo stato in fondo è gestito da persone elette dai cittadini), ma passerà nelle loro.
Considerando i primi test condotti sul Metaverso, dove si parlava già di molestie sessuali la cui risoluzione è totalmente affidata alla presunta vittima tramite un filtro automatico anti-molestie invece che tramite mezzi educativi e giuridici, è facile intuire come la politica sia davvero fondamentale in questo processo rivoluzionario. In particolare nel definirne i limiti.

Tarantina per nascita, sociologa per scelta, classe 1992. Attiva da anni nell’ambito associazionistico e nel settore accademico, ho da sempre un occhio di riguardo per la mia sopravvivenza materiale. Ho lavorato in campagna e nei ristoranti, ed ho fatto l’educatrice in bicicletta. Tutto ciò solo per raggiungere il mio scopo primordiale: vivere di comunicazione. Mi piacciono i social, che studio e pratico. Nutro anche una (in)sana passione per la fotografia ed il disegno, che cerco testardamente di ibridare al mio lavoro ogni volta che posso. Quando ero piccola, mi sono costruita la casa di Hamtaro da sola con una scatola da scarpe. Ma poi mia madre me l’ha buttata via.