Le due sponde del Rio de la Plata: Argentina, Uruguay e l’esempio di Pepe Mujica

Da Colonia del Sacramento attraversi un fiume per arrivare alla sponda argentina, ma per tornare a Motevideo da Buenos Aires attraversi il mare. La foce del Rio de la Plata è grandissima, le acque dolci del fiume si mescolano con quelle salate del mare prima che le une e le altre arrivino a confondersi, insieme, nell’Oceano Atlantico.Lo hanno attraversato milioni di europei per almeno un secolo, per formare due Paesi etnicamente e culturalmente omogenei. Uno, l’Argentina, grandissimo, che va dalle missiones subtropicali fino alla Patagonia, la cosiddetta Terra Del Fuoco sul confine antartico. L’altro, l’Uruguay, piccolo, poco abitato, un angolo di terra abbarbicato tra il Brasile ed i cugini dell’altra sponda del Rio de la Plata.

La foce del Rio de la Plata, che divide l’Argentina dall’Uruguay. Photo Credit: Tomàs Maiztegui.

Montevideo con il suo milione di abitanti è poco più di un quartiere della “grande Buenos Aires”, ma il fascino di questa città è riconosciuto in tutto il mondo. Città coltissima e civile, pare non soffrire, come tutto l’Uruguay, dei profondi mali che affliggono il vicino sull’altra sponda. La povertà ed il disagio sociale argentino sono sconosciuti in Uruguay.

Istituzioni moderne, un’economia stabile ed una classe dirigente più preparata ed attenta ai bisogni di tutti hanno assicurato, e non da oggi, una qualità di vita eccellente. Come del resto testimonia il costo dei beni, dai ristoranti agli alberghi, dagli affitti ai sevizi (di livello europeo), che ammonta in media più o meno al triplo rispetto a quello argentino.

Il Mausoleo di Artigas presso la Plaza Indipendencia, nel centro di Montevideo. Photo Credit: Antonio Buttazzo.

I collegamenti tra i due Paesi sono frequenti ed assicurati oltre che dalle compagnie di navigazione fluviali anche da un ponte aereo tra le due città, a riprova dei loro stretti legami storici e culturali. Come ripetono spesso gli intellettuali dell’una e dell’altra sponda del fiume, infatti, in fondo è la stessa la popolazione che vive sul rio de la Plata, unita soprattutto da quella atmosfera detta “rio platense” che ha fatto ricca la cultura del “cono sur” dell’America Latina.Borges, Bioy Casares, Cortazar e tanti altri scrittori argentini erano soliti trascorrere molto tempo a Montevideo. Così come del resto, a Buenos Aires, facevano gli scrittori e gli intellettuali uruguaiani, uomini del valore di Eduardo Galeano, Juan Carlos Onetti, Mario Benedetti e tanti, tantissimi, altri.

Scorcio di vita urbana nel centro di Buenos Aires. Photo Credit: Antonio Buttazzo.

A periodi alterni, i rifugiati politici al tempo delle dittature sudamericane degli anni Settanta del secolo scorso passavano da un Paese all’altro a seconda del clima più o meno ostile che si veniva a creare. Anche se poi, quando la situazione diveniva troppo pesante, quasi tutti finivano in Spagna o in Francia, che del resto accoglievano anche gli esuli cileni, peruviani, boliviani, e brasiliani. Insomma, tutti gli orfani politici di quei Paesi latino-americani oppressi dalle infami dittature imposte dagli americani tramite la cosiddetta Operacion Condor, i cui piani, orditi da Henry Kissinger e favoriti dalla CIA, vennero scoperti proprio in una scuola rurale dell’Uruguay.Altri tempi. Oggi l’Uruguay è un Paese che ha intrapreso riforme sociali illuminate come purtroppo non ha saputo fare l’Argentina. Anche grazie ad un guerrigliero Tupamaro, quel Pepe Mujica che, dalle segrete in cui e’ stato rinchiuso per 12 anni, è arrivato alla presidenza della repubblica “Oriental” dell’Uruguay. Un uomo che, a chi gli chiedeva cosa gli mancasse di più quando era rinchiuso nelle galere in cui lo aveva segregato la giunta golpista di Juan Maria Bordaberry e del generale Gregorio Alvarez, rispondeva: “i libri”.

L’ex Presidente dell’Uruguay José Alberto Mujica Cordano, detto Pepe Mujica. Photo Credit: Al Jazeera.

In quel pozzo di una caserma di Punta Carrettas, Pepe di libri ne aveva solo uno: un manuale di agronomia per istituti tecnici. Gli bastò per fare una riforma agraria di proporzioni rivoluzionarie, qualche anno dopo. E non fece solo quella.Legalizzò l’aborto, riconobbe le unioni civili (prima di tanti paesi europei), liberalizzò le droghe leggere combattendo con efficacia i cartelli criminali locali e ridusse il gap tra le classi ricche e quelle povere. Modernizzò le istituzioni repubblicane e riavviò l’economia. Durante il suo mandato la spesa pubblica dell’Uruguay è passata dal 61 al 75%. Il tasso di disoccupazione è diminuito dal 13 al 7%. Quello di povertà nazionale è sceso all’11%. Il salario minimo è stato aumentato del 250%. Poi Mujica si ritirò dalla politica, andando a vivere in una piccola fattoria, El Rincon, a nord di Montevideo, dove tuttora risiede, percependo una pensione di 1.000 dollari al mese.

Manifestazione di protesta nel centro di Buenos Aires. Photo Credit: Antonio Buttazzo.

Tutto questo mentre, sull’altra sponda del rio de la plata, in Argentina, gli elettori saranno  costretti a scegliere, ad Ottobre, tra un ultraliberale di estrema destra, Javier Milei (uno che dice di ispirarsi a Trump e Bolsonaro), un ex Ministro della Polizia, Patricia Bullrich, e l’attuale Ministro dell’Economia Sergio Massa, un avvocato peronista legato al poco compianto Carlos Menem. Con Menem, l’Argentina era tornata all’epoca peronista, interrotta dagli 8 anni in cui aveva governato Raoul Alfonsin, un radicale di ispirazione socialista che aveva trascinato fuori il Paese dalla dittatura ed assicurato agli argentini una transizione democratica, uomini di cui in America Latina si è perso lo stampo.Anche perché, ed è questa l’altra faccia della medaglia, con qualche lodevole eccezione (Pepe Mujica è una di queste), in Sudamerica gli uomini migliori non scendono quasi mai in campo.

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