Nel corso della mia lunga collaborazione con Deep Hinterland, mi sono spesso soffermato sull’analisi di film e serie televisive di genere supereroistico, analizzandone di volta in volta il modo in cui questi siano riusciti ad introdurre, in modo spesso celato e pur tuttavia sotto gli occhi di tutti, linguaggi radicalmente innovativi, tematiche sovversive, ed addirittura vere e proprie decostruzioni avanguardistiche dei propri stilemi narrrativi di fondo all’interno dell’approccio contemporaneo alla settima arte.
Questo articolo nasce come coda a questi miei articoli precedenti, allo scopo di avviare una riflessione sullo stato odierno del genere supereroistico e sulle sue possibili (?) direzioni future. Ho quindi deciso di affrontare un dialogo sul percorso ormai ventennale finora affrontato dal genere supereroistico con Francesco Gastaldo. Meglio noto al grande pubblico come “Il Tizio Qualunque”, Francesco è infatti da svariati anni un affermato YouTuber esperto di cinecomics.
Vorrei partire con una riflessione storica. Partendo dal primo film sugli X-Men del 2000, o il primo Spider-man di Raimi del 2002, fino ad arrivare agli ultimi film del progetto MCU, cosa ne pensi del percorso multimediale affrontato al cinema dal genere supereroistico?
Io credo che la piena portata di questo percorso non ce l’abbiamo ancora. Quando uso il plurale intendo “noi amanti dei fumetti”, ovviamente! I film che hai citato sono stati qualcosa di veramente epocale, perché è vero che ci sono sempre stati i film sui supereroi (penso per esempio al Super-man di Reeves o al Batman di Adam West), ma i film del passato erano sempre meteore, eventi eccezionali. Non rappresentavano un genere cinematografico a se stante. Erano una deviazione che il cinema e la TV facevano per andare a trovare il fratello “scemo”, il media fumetto, quello “per bambini”, quello “minore”.
Invece negli ultimi 20 anni siamo passati da un qualcosa che vivevi quasi con vergogna a un qualcosa d’altro, sdoganato nella mainstream. Chi leggeva i fumetti era uno scemo, un appestato, come se fosse la carboneria. Tutti leggevano fumetti ma nessuno lo diceva apertamente. E siamo passati da ciò a vedere questa passione esplodere, a vedere il film dei supereroi diventare un genere. I personaggi dei fumetti sono stati sdoganati al grande pubblico, alcuni sono stati sviscerati più di quanto un qualsiasi fan dei fumetti potesse sperare. Penso ad esempio all’Hulk di Ang Lee, che è un film che analizza il personaggio da un punto di vista psicanalitico, o penso all’opera di Nolan che cerca di riportare in un mondo realistico il suo Batman.
E poi appunto c’è stato un cambiamento di paradigma culturale. Per dire, io da ragazzino non avrei mai pensato che ci sarebbe stato un film con quelli che erano personaggi più che secondari dell’Universo Marvel come i Guardiani della Galassia. Erano dei personaggi che non apparivano da decenni nei fumetti e di cui gli stessi fan dei fumetti parlavano come di un ricordo di un tempo antico. Adesso, invece, trovi sui social la gente fa i video emozionali su Rocket Racoon!
Quindi, diciamo che, secondo me, il mondo “nerd” non si è ancora reso conto di questa cosa. Da un lato c’è chi come me è contento di poter condividere questa grande passione con un pubblico più grande. Dall’altra, ci sono una serie di bambini arrabbiati che il loro giocattolo adesso sia di tutti e quindi ne sono gelosi.
Non pensi, quindi, che il fenomeno sia stato limitante nei confronti del media fumetto e di conseguenza anche verso il cinema? Perché ci sono pure i cinefili che criticano il modello seriale adottato dall’MCU sul grande schermo, sostenendo che questi abbia distorto il senso stesso del Cinema…
Prendo spunto dai commenti postati dagli utenti sotto il mio ultimo video, dove parlo di quello che doveva essere un plot twist che tutti aspettavano per la testata di Spider-man e che si è rivelato essere poco più che una trovata pubblicitaria per rilanciare il personaggio di Ms. Marvel. L’idea era quella di far morire Ms. Marvel nei fumetti per poi rilanciare questo personaggio più avanti, in conseguenza del film che uscirà, credo, dopo l’estate.
Il punto qual è che, se tu leggi questi commenti, ci sono tutta una serie di persone che tendono al nostalgico. Quel tipo di nostalgia fastidiosa del tipo “eh da quando c’è l’MCU…da quando c’è la Disney la qualità dei fumetti è peggiorata”. Fanno tutta una serie di discorsi per sostenere che la Marvel avesse, nel passato, un’enorme quantità di roba bella da offrire.
Invece non è così, nel senso che c’era tanta roba bella, sì. Ma c’era anche tanta monnezza, anche se forse la roba bella spiccava di più perché era immersa in meno monnezza. Io credo che il livello qualitativo delle storie dei supereroi a fumetti non sia cambiato. Credo però che sia cambiata la mentalità di chi ci lavora.
Chi lavora in Marvel da sempre non ha mai preso un centesimo di diritti. Ci sono migliaia di autori degli anni ’60 e ’70 che sono in miseria e fanno le raccolte di crowdfunding online per pagarsi le cure mediche, anche se magari hanno visto i loro personaggi diventare icone mondiali sul grandi schermo. Rispetto a quei tempi, oggi è cambiata la mentalità degli autori di fumetti. Anche se questo cambiamento era già cominciato da prima del fenomeno cinecomics. Adesso se sei un fumettista e riesci ad avere un contratto che ti dà le royalties sui personaggi che crei da parte delle case editrici va bene. Altrimenti tieni le tue idee buone per un progetto in proprio e, se proprio ti chiamano in Marvel, ci vai solo per fare il tuo compitino.
Poi sicuramente tante cose dell’MCU hanno anche influenzato il modo di creare alcuni personaggi. Per dire, alcuni personaggi nati per l’MCU sono stati trasportati nell’universo a fumetti. Ci sono state tante situazioni dove i diktat di vari presidenti dell’MCU hanno influenzato pesantemente cosa veniva pubblicato. Ad esempio, quando c’era guerra stretta tra Fox e Disney, Fox aveva i diritti sull’uso al cinema dei Mutanti e dei Fantastici Quattro. I Mutanti non li potevi escludere, perché continuano a vendere sempre tantissimo. I Fantastici Quattro, invece, sono stati sospesi per 2-3 anni con addirittura comunicati interni che dicevano ai loro disegnatori di non fare neanche le commissions per quei personaggi.
Dal lato inverso, anche se non mi ritengo un esperto di cinema, non si può non notare che sia cambiato il modo di fruire il cinema mainstream con il genere superoristico. Se prima un film nella stragrande maggioranza dei casi era un’unità narrativa a sè stante, adesso i film di supereroi sono diventati esattamente come gli albi a 24 pagine che compri in edicola ogni settimana. Sono capitoli di una saga molto più ampia che si dipana per più testate e per più tempo, per poi giungere a conclusioni corali.
Io non so se questo sia un fattore positivo, ma è una cosa diversa rispetto a come si intendeva il cinema prima. Ci sono dei grandi vantaggi come la fidelizzazione e dei grandi svantaggi, perché un atteggiamento del genere può certamente allontanare lo spettatore “casualone” che vuole vedersi la roba senza troppe connessioni fra un film e l’altro dalle sale cinaematografiche.
Parlando strettamente dell’MCU come modello editoriale e universo narrativo, quali pensi siano state le cause del sue successo? Ed invece, considerando gli ultimi Flop di critica e botteghino come “Ant-Man Quantumania”, credi che ci si stia stancando del genere ?
I motivi per cui l’MCU ha funzionato al cinema secondo me sono diversi. In primo luogo ci sono delle motivazioni che vanno cercate nell’epoca pre-MCU, che ha fatto scuola. I personaggi di quei primi film di supereroi erano fin troppo bisognosi di dimostrare la loro derivazione dal fumetto, alludevano fin troppo al clichè e alla macchietta propria della carta stampata. Pensa ad esempio a “Dick Tracy” del 1990, il quale è volutamente un omaggio al mondo del fumetto con i suoi costumi e scenografie. Quel film è tutto “fumettoso”! Oppure pensa al “Batman” di Tim Burton del 1989. Al di là del fatto che il film fosse influenzato dall’estetica di Burton, anch’esso è estremamente “fumettoso”.
I film dell’MCU, invece, per quanto raccontino di personaggi molto spesso scanzonati, riescono a trovare sempre un loro equilibrio filmico nella scrittura dei personaggi. Penso ad esempio al primo film dell’MCU, che è stato “Iron Man” del 2008. Lascia perdere che la Marvel in quel momento non poteva che fare un film su Iron Man perché in quel momento avevano i diritti di poche altre cose, però Iron Man è un supereroe estremamente fallace. È un personaggio con cui puoi empatizzare facilmente tramite la sua incapacità nel gestire determinate situazioni. Oppure pensa pensa pure al primo “Thor” del 2011, con la regia di Branagh, che aveva l’ambizione di trattare il personaggio in maniera epica e Shakespeariana.
Un’altra causa del successo dell’MCU al cinema è ovviamente la dinamica dell’universo narrativo condiviso, che ha incuriosito molto il pubblico generalista e non abituato alla fruizione seriale propria del genere fumetto. Guardare un film dell’MCU era come guardare grandi puntate di un enorme serie televisiva, cioè di un tipo di prodotto mediatico rilanciato proprio in quegli anni dalle emergenti major della TV digitale. E quindi, pur di seguire una trama più larga, mandavi giù anche il film di merda e accettavi il fatto che, tranne pochissime eccezioni, tutti i film dell’MCU erano anonimi dal punto di vista della regia e della fotografia.
Tutti i film Marvel hanno, infatti, un unico visual designer, un unico dipartimento per i costumi. E’ tutto volutamente unificato. C’è un unico Art Director, che tra l’altro quando disegnava in Marvel non era granchè. E ad una certa che cosa è successo? La gente si è stancata della solita minestra, probabilmente un po’ si è trattato di saturazione ed un po’ della fine di un grande ciclo narrativo. Troppa, davvero troppa roba. E quindi una certa difficoltà a riprendere il filo per ricominciare.
Però se ci pensiamo ci sono tre recentissimi casi che invece dimostrano che il genere può dire tanto ed essere ancora molto apprezzato e seguito, penso alla serie TV “The Boys”, all’ultimo capitolo dei “Guardiani della Galassia” ed allo Spider-man animato della Sony.
Sì, ci sono le tre eccezioni del genere che mi hai citato tu, che funzionano per tre motivi diversi. The Boys funziona perché nasce proprio dal rigetto al tema dei supereroi. Anche il fumetto da cui la serie TV è tratta fu una vera e propria presa per il culo del genere supereroistico. Garth Ennis, lo scrittore di The Boys, odia i supereroi e quando li scrive li rappresenta come degli enormi cazzoni, oppure come degli antieroi tipo il Punitore, che faceva fare ai Supereroi la figura dei cazzoni.
The Boys funziona come serie TV perché prende questo mondo, ne fa vedere il marcio e lo mette alla berlina. Però questa serie non è più solo una parodia del mondo dei supereroi come lo era nei fumetti. E’ una parodia dell’MCU, del baraccone di Kevin Feige. Questo funziona molto perché dà del pane sia a chi odia il genere sia a chi lo ama pur rendendosi conto che ci sono delle aberrazioni in quel mondo.
I Guardiani della Galassia sono qualcosa di molto diverso. Secondo me funzionano come hanno funzionato tante cose di James Gunn perché, a differenza di tre quarti di quello che è stato prodotto nell’MCU, questa saga è un prodotto con una cifra stilistica ben definita e personale. Guardando questi film percepisci subito che i personaggi sono i personaggi di Gunn, che si tratti di Suicide Squad o di Guardiani. I Guardiani prima di Gunn, nei fumetti, erano dei personaggi usati poco e niente, totalmente diversi da quelli che abbiamo visto nei film. Sono stati riscritti quasi in maniera totale da parte di Gunn. Quindi Gunn ha potuto fare la suo Space Opera prendendo in prestito dei marchi e trasformandoli in una cosa tutta sua, dalle scelte delle musiche alle sceneggiature.
Lo Spider-man animato di Sony, invece, ha funzionato e continua a funzionare perché è una lettera d’amore verso il personaggio ed allo stesso tempo è uno sguardo che non avevamo mai avuto prima sul suo brand. Non è un caso che il protagonista sia uno Spider-man alternativo secondario, Miles Morales. Questi film sembrano voler dire agli spettatori: “voi avete amato lo Spider-man del fumetto anche se quel tipo di Spider-man al cinema non ve lo siete mai trovato. Noi invece ve lo diamo ma vi facciamo scoprire che in questo personaggio c’è anche qualcosa altro”. Si tratta di film molto consapevoli del ruolo che il personaggio ha nell’immaginario e nei fumetti. Infatti omaggia la Golden Age del fumetto, come si nota dallo stile grafico o dall’uso costante delle didascalie.
E per quanti riguarda il futuro? Pensi effettivamente che il genere del cinecomic sia giunto al suo tramonto?
Guarda, le potenzialità sono ancora infinite. Secondo me per ora abbiamo intaccato solamente la superficie del fenomeno cinecmics. Non dell’universo supereroistico, però. Di quello stanno praticamente raschiando tutto il raschiabile. Non so trovare un personaggio di cui non sia ancora uscita una trasposizione cinematografica, e ciò nonostante il fatto che i personaggi dei supereroi siano davvero tantissimi!
Ma al di fuori di essi, il fumetto è una fonte inesauribile di idee. Chiedere se in futuro faranno altri cinecomics è come chidere:”Finiranno mai i film tratti dai romanzi?” No, perché i romanzi contengono tutto ed il suo contrario. Bisogna quindi rendersi conto che il fumetto non è medium che vive solo di supereroi. E un po’ già se ne rendono conto. Pensa, per esempio, a “Snowpiercer” del 2014 ed al suo susseguente adattamento a serie TV. Quelle opere sono tratte da un fumetto francese.
Aesso è stata annunciata anche la serie de “L’Eternauta”. Se fatta bene quella è una roba clamorosa, perché sarà tratta da un fumentto post-apocalittico argentino scritto negli anni dei desaparecidos. Il punto dei cinecomics non sta nel supereroe o nei fumetti. Il punto è come li fai questi cinecomics. Anche perché, nonostante escano 100 film di Spider-man al decennio, se ne fanno uno bello, come l’ultimo film animato, riesci sempre a riportare la gente verso questi personaggi con entusiamo.
Frequento l’ultimo anno di DAMS a Palermo, dopo aver concluso un percorso all’accademia di cinema Griffith, a Roma.
Studio da tempo la cultura pop e le sue, svariate, manifestazioni. Su di queste ho organizzato pure 3 seminari all’Università di Palermo.
La mia rubrica approfondirà le dinamiche e i linguaggi dell’arte popolare, con particolare attenzione a come, oggi, questi vengano percepiti dai nuovi media e le nuove generazioni.