Prospettiva baltica: Riga, Tallin, Helsinki

Agosto 2024. Estate torrida; dopo almeno due mesi di caldo asfissiante decido di lasciare la Calabria per un po’ di refrigerio nel Nord Europa. Penso subito alle Repubbliche Baltiche, anche perché le vicende belliche che interessano indirettamente l’Europa, la guerra Russia-Ucraina, non possono non far pensare a ciò che potrebbe avvenire anche da quelle parti e, come diversi miei interventi su Deep Hinterland testimoniano, a quella guerra ed alle sue inevitabili ricadute oltre confine sono particolarmente sensibile.

Conosco poco e male della storia delle Repubbliche baltiche e comunque limitatamente al “periodo sovietico”. Ciò che so per certo è che quei paesi, invasi e annessi dall’Unione Sovietica nel 1940 e poi, dopo una breve occupazione nazista, nuovamente dal 1944 fino al 1991, sono Repubbliche indipendenti soltanto da poco più di un trentennio e fanno ancora fatica a superare il trauma del regime totalitario che le ha oppresse. Queste Repubbliche hanno un destino comune e diverse affinità, ma se volessimo semplificare, tanto per cominciare ad averne una prima idea di massima, potremmo dire che, culturalmente, la Lituania sta alla Polonia come la Lettonia alla Russia e l’Estonia alla Finlandia.

Mappa del Baltico. Photo credit: Wikipedia.

In ogni caso, per tutt’e tre le Repubbliche la presenza di una popolazione di origine russa è particolarmente significativa perlopiù nelle capitali: a Riga e Tallin il 38% circa, mentre nei rispettivi Paesi scende al 25%. A Vilnius i Russi di origine sono circa il 14%, a fronte di una percentuale del 6% nel resto del Paese. Tutto il mio viaggio si caratterizzerà nel capire come questa presenza russa influenzi ancora oggi l’esistenza delle Repubbliche baltiche.

Devo però precisare che il tempo e le risorse finanziarie limitate mi hanno indotto ad optare per un viaggio a Riga e Tallin, con una puntata giornaliera ad Helsinki, rinunciando per quest’anno a Vilnius e dintorni. Ho anche deciso di avvalermi di una cara amica ucraina, quale mediatrice culturale, in ragione della sua conoscenza del russo e dell’ucraino e della sua capacità di distinguere il polacco dalle altre lingue autoctone. Dasha è stata da me intervistata per Deep Hinterland a sette mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, quale rifugiata ucraina in Norvegia.

Si comincia da Riga. La capitale lettone è una città complessa, certamente molto bella, una tra le città europee più importanti per architettura Art Nouveau. Ma il primo giro in città vuole essere uno sguardo d’insieme, alla ricerca di quel conflitto etnico di cui ho sentito dire e che voglio verificare. Nessun luogo migliore allora che il “Mercato Centrale”, quello che viene definito la “pancia di Riga”.

Il Mercato Centrale di Riga. Photo credit, Massimo Maselli.

E se dopo i primi passi in città, nel cuore turistico, mi viene da pensare “Lettonia, un po’ Germania e tanta Russia, compresa la tipica insofferenza”, addentrandomi nello storico mercato a ridosso della stazione dei pullman la sensazione è ancora più netta di un “profondo Est”, piuttosto indistinto. Colpisce il contrasto economico-sociale tra il mercato all’interno dei padiglioni di quelli che originariamente dovevano essere degli hangar per dirigibili Zeppelin della base aerea di Vaiņode e quello dei banchetti all’aperto.

All’interno nulla di diverso dai tradizionali mercati delle altre grandi città europee, qualcosa di simile al tradizionale mercato di Testaccio a Roma (… prima del restyling di qualche anno fa), mentre all’aperto si apre uno spaccato delle tipiche miserie post sovietiche. Mazzetti d’aglio, funghi alla rinfusa, un dispensatore mobile di kvass, la “birra del pane”, tanti frutti di bosco a prezzi veramente modici. E poi candele di cera di miele e indumenti di lana grezza e pesante. I venditori, perlopiù anziane venditrici, segnati da tanta dignitosa povertà. Qui si parla prevalentemente russo!

Nel centro di Riga rifuggo i luoghi in cui si accalcano i turisti, i ristoranti, i pub e quant’altro risulta oramai omologato secondo standard europei o mondiali, ma poi cedo anch’io al piacere delle molteplici saune di cui dispongono gli alberghi a più stelle ed a prezzi non proibitivi.

Ritemprati da un bagno in piscina, un massaggio rilassante e una ricca colazione a base di tutto, compresa una discreta selezione di pesci nordici, ci reimmergiamo nella città nuova (Centrs) e scorriamo lungo il fiume Dauvaga fino all’isola Ķīpsala, per poi rientrare nei vicoli stretti della città vecchia (Vecrīga).

La bandiera ucraina svetta su di un palazzo lungo il fiume Dauvaga. Photo credit: Massimo Maselli.

Ciò che colpisce in città è che la bandiera ucraina campeggia ovunque, anche se la presenza russa è pesante, con tutto il suo carico di arroganza, frustrazione e mancanza di gioia di vivere. Tanto per fare un esempio: se chiedi di un qualcosa in un ristorante, negozio, etc. la classica risposta in russo e con grugno è: — “Разве у тебя нет глаз, чтобы видеть?” (“Non hai gli occhi per guardare?”).

Naturalmente non si può generalizzare, ma ogni qual volta ci si è imbattuti in russofoni che erano presumibilmente anche russofili, si è quasi arrivati allo scontro, sia pure solo verbale. Una sorta di piccola guerra privata, eco di quella più grande che si sta combattendo alle porte d’Europa.

Se avessi visitato Riga soltanto pochi anni fa sono certo che avrei prediletto la visita approfondita del quartiere a nord-est del Parco Kronvalda, quello dove si trovano più di 750 esempi di architettura Art Nouveau.

Ma il tempo breve del viaggio e l’urgenza degli eventi bellici in atto impongono altra scelta. Decidiamo così di visitare un museo dell’orrore, la famigerata “Corner House” (la Casa d’Angolo), dove spicca tra l’altro il motto inquietante del KGB “Chiunque può essere colpevole”.

Pannello espositivo alla “Corner House” di Riga. Photo credit: Massimo Maselli.

Si tratta di un edificio storico nel centro della città, sede del KGB sovietico. L’indirizzo ufficiale è in via Brivibas, 61. Dal 2015 la casa è utilizzata dal Museo dell’Occupazione della Lettonia per un’esposizione sulla storia del KGB nel paese.

Senza dubbio una visita angosciante, ma nel contempo imperdibile. E viene voglia di libertà, e si decide di andare al mare. Qui il mare, quello Baltico, significa Jūrmala.

Antica struttura balneare (1916) di Jūrmala. Photo credit: Massimo Maselli.

Il treno ci porta a Vaivari, capolinea del treno Riga-Jūrmala, per un’indicazione errata nella stazione di Riga.

Ci rendiamo conto di essere andati oltre quello che è il luogo di maggiore attrattiva turistica, la spiaggia ed il centro abitato di Majori, così torniamo indietro in autobus dall’oltremodo isolata Vaivari.

Indicazioni per la spiaggia di Jūrmala. Photo credit: Massimo Maselli.

Jūrmala è una stazione balneare che si è sviluppata nel periodo compreso tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, sotto l’Impero russo.

In epoca sovietica divenne meta turistica per i funzionari del Partito Comunista. A vederla oggi si percepiscono i fasti di un tempo, scorgendo qua e là i segni di un declino inesorabile.

Edifici fatiscenti a Majori di Jūrmala. Photo credit: Massimo Maselli.

Per essere agosto mi sembra che ci siano veramente pochi turisti, ma può anche essere che sia questo un periodo di chiusura della stagione estiva. Provo ad immaginare che qui non valgano i parametri italiani, ma forse è veramente crisi. Lascio al lettore di giudicare direttamente dalle mie foto in galleria.

Destinazione Tallin. Dalla Lettonia all’Estonia senza più fermate per controlli doganali. La registrazione dei documenti avviene al momento di comprare i biglietti.

Archeologia di una dogana Lettonia/Estonia. Photo credit: Massimo Maselli.

Tallin è non una ma tre bellissime città. Una “città alta” (Toompea) con i suoi belvederi, la sfarzosa Cattedrale russa e l’austero Duomo luterano, il Castello e il Parlamento estone. Le numerose facciate multicolori spiccano nella “città bassa” (All-linn), cinta da muraglioni ornati di torrette e fitta di vicoli medioevali.

Il tutto a confluire nella Piazza del Municipio, da dove si sviluppa una “città nuova” e, come propagine di questa, il quartiere residenziale Kadriorg. In direzione opposta, lungo la via costiera, merita una particolare menzione il Museo marittimo.

Il Museo Marittimo di Tallinn. Photo credit: Massimo Maselli.

Ma vale anche per Tallin quanto già precisato per Riga: sono qui non per dedicarmi alla mia grande passione per l’arte e l’architettura, questa volta cerco altro, voglio captare i venti di guerra e testimoniare, se possibile, quanto stia rischiando l’Europa nel sottovalutare il pericolo che viene da Est. E così posso dire che anche qui a Tallin, come a Riga, su ogni edificio pubblico e non solo sventola la bandiera ucraina.

Eppure in entrambe le città incombe inquietante la presenza russa. Quel 40% circa di popolazione di origine russa sembra sia piuttosto refrattario ad una definitiva integrazione, ad eccezione delle nuove generazioni. Anche qui si combatte una sorta di “guerra privata” di rancori e diffidenze tra la comunità russa e quella estone, polacca, ucraina, ma più in generale europea.

Resistenza ucraina a Tallin. Photo credit: Massimo Maselli.

A proposito di giovani e meno giovani: i primi ti parlano in un inglese fluente e ti fanno vergognare del tuo inglese maccheronico, sono gentili e sempre sorridenti. I secondi ti parlano in russo e gesticolano tutta la loro indisponenza, senza neanche un accenno di sorriso.

Vale per tutti un solo esempio: chiamiamo un taxi attraverso un’app e monitoriamo il tragitto, ad un certo punto inspiegabilmente il taxi si ferma e sembra attenderci al di fuori dell’area hotel in cui ci troviamo. Allora Dasha chiama il taxista e prova a parlare in inglese, il tassista risponde rudemente in russo. S’insiste perché risponda in inglese, ma lui blatera nervosamente male parole in russo. La conversazione viene interrotta e siamo costretti a cancellare la corsa.

Direzione Helsinki. Si decide per una giornata “mordi e fuggi” ad Helsinki con l’idea di stemperare un po’ le tensioni vissute a Riga e Tallin. La nave da crociera è di quelle classiche, con sale giochi, ristoranti per tutti i gusti e tasche, comfort di ogni tipo.

In un paio di ore si arriva nella capitale finlandese. Dal porto di arrivo a qualche chilometro da quello storico del Vecchio Mercato (Kuappatori) si prende un taxi, questa volta condotto da un gentilissimo taxista somalo che si presta attraverso un ottimo inglese a fornirci qualche utile consiglio sulla città.

La visita è di poche ore, ma quel poco che si riesce a vedere tra la Cattedrale (bruttina) e la metafisica Stazione Centrale ferroviaria (1919) a firma di Eliel Saarinen (estremamente fotogenica) non ci sembra entusiasmante.

Stazione Centrale di Helsinki. Photo credit: Massimo Maselli.

Di questa non memorabile visita della capitale finlandese rimarrà il ricordo di una brodetto di mare con pane nero allo storico Mercato coperto.

Vecchio Mercato (Kuappatori) di Helsinki. Photo credit: Massimo Maselli.

Prossima destinazione Vilnius e le famose dune della Penisola di Neringa, sperando di riuscire a scrivere meno di guerre e molto d’altro.

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