Racconti norvegesi: il Parco Vigeland a Oslo

Sembra che lo scultore norvegese Gustav Vigeland (Mandal, 1869 – Oslo, 1943) non amasse affatto i bambini, nonostante molte sue sculture rappresentino idealizzazioni della paternità e siano espressioni di un nuovo, o  moderno, rapporto padre-figli. “Padre che gioca con suo figlio”, “Padre che porta in braccio un neonato”, “Padre, madre e figlio”, sono solo alcuni dei titoli delle sue opere più famose.

Scultura di Vigeland nel Parco omonimo di Oslo. Photo credit: Massimo Maselli

Invero, colpiscono alcune sue opere in bronzo nel Parco Vigeland di Oslo nelle quali il grande scultore ritrae neonati, o poco più, che vengono fatti roteare in aria da un uomo possente, sorta di satiro, ma senza di questi le sembianze in parte animalesche.

Animalesca e brutale è invece la danza: un piccolo bimbo viene stoppato come un pallone da calcio, mentre altri volteggiano ignari del pericolo ed uno di loro sembra finanche ridere.

Complesso scultoreo in bronzo nel Parco Vigeland di Oslo. Photo credit: Massimo Maselli

In un altro complesso scultoreo, sempre in bronzo, i bimbi sembrano avvinghiati a degli alberi, ma anche risucchiati da questi e forse respinti.

Complesso scultoreo in bronzo nel Parco Vigeland di Oslo. Photo credit: Massimo Maselli

In un’altra scultura in bronzo, questa volta singolo protagonista è un bambino che piange nervoso, direi certamente fastidioso agli occhi e alle orecchie di chi osserva e ascolta (leggi: Vigeland).

Bimbo che piange di Gustav Vigeland. Photo credit: Massimo Maselli

Cerco di approfondire questo aspetto psicologico dell’artista, prima di abbandonarmi al mero piacere estetico delle altre, innumerevoli, sculture in granito del Parco Vigeland.

Intanto potrebbero essere utili alcune specifiche note biografiche: Gustav Vigeland nasce sulla costa meridionale della Norvegia da una coppia di artigiani. Il padre falegname finisce per perdere ingenti somme di denaro in investimenti marittimi improduttivi e finisce per darsi all’alcool.

La madre decide così di rientrare nella sua famiglia di origine con i figli. Il padre intanto mette al mondo un altro figlio fuori dal matrimonio e viene condannato per un reato minore. A sua volta Gustav Vigeland ha due figli, Else (1899) e Alf (1901), dalla sua modella occasionale, Laura Andersen, che abitualmente fa la sarta.

Bronzo dedicato allo scultore all’entrata del Parco Vigeland. Photo credit: Massimo Maselli

A cavallo delle due nascite, nel 1900, lo scultore sposa, senza troppa convinzione, Laura. Ma, subito dopo il matrimonio riparatore Vigeland, inizia una storia d’amore con la giovane diciassettenne Inga Syverstsen e dopo qualche anno divorzia da Laura (1906).

A seguito del divorzio, lo scultore, nonostante abbia continuato a pagarne il mantenimento, non vuole più vedere i figli. Né con Inga e neanche con le altre innumerevoli modelle-amanti, tutte giovanissime, nonché con la seconda moglie Ingerid Alise Vilberg avrà più figli. Per il grande scultore la vita familiare risultava di fatto un’insopportabile distrazione per la sua prioritaria missione artistica.

Harald Hansen, traduttore della biografia di Gustav Vigeland della critica d’arte Tone Wikborg, ha dichiarato: “È difficile capire come un artista che ha creato così tante belle statue raffiguranti bambini e madri con bambini possa comportarsi in questo modo. Poteva giocare e divertirsi con gli altri bambini, ma non voleva i suoi”.

Gruppo scultoreo di Vigeland nel Parco omonimo di Oslo. Photo credit: Massimo Maselli

Al di là della controversa vicenda dei rapporti di Vigeland con i bambini, suoi o meno, la monumentale opera site specific dello scultore nel Parco Vigeland di Oslo è un ripercorrere tutte le fasi della vita, dalla nascita alla morte, non tralasciando nessun momento intermedio: l’infanzia, l’adolescenza, la maturità, e poi via via impietosamente le fasi dell’invecchiamento e del decadimento fisico e morale. Nelle opere di Vigeland si scorgono la bontà, la pietà, la commiserazione, ma anche la cattiveria, il cinismo, talvolta la brutalità. Nessun sentimento umano è trascurato.

Dal punto di vista formale i riferimenti alla storia dell’arte possono essere molteplici. Intanto va detto che, dal 1891 al 1896, lo scultore, vincitore di una borsa di studio, soggiorna in diverse città europee, da Copenaghen a Parigi, da Berlino a Firenze. A Parigi frequenta l’atelier di Auguste Rodin, cui si sarebbe poi molto ispirato nel prosieguo della sua attività. In Italia rimane influenzato dall’Arte antica e dal Rinascimento. A Berlino invece incontra il connazionale Munch, con cui instaura una travagliata amicizia.

Parco Vigeland di Oslo. Photo credit: Massimo Maselli

Di queste influenze artistiche e dell’ampia carrellata di emozioni esistenziali di cui sono pregne le opere di Vigeland è testimonianza visiva la galleria fotografica a corredo di questo mio intervento per DH.

Le foto, tutte originali, sono frutto di un mio reportage fotografico realizzato nei primi di maggio del 2024 ad Oslo.

 

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